La mente, il campo e il sistema in psicoanalisi

di Maria Gloria Luciani

La mente, il campo e il sistema in psicoanalisi

Nella vita psichica individuale appare sempre integra l’idea dell’altro, come modello, come oggetto, ausiliare o avversario. Per questo la psicologia individuale è al tempo stesso e da principio psicologia sociale (Freud, 1925) . Questo è ciò che affermava Freud aprendosi ai nuovi oggetti del campo clinico quotidiano che nei primi anni del XX sec. facevano capolino nel panorama internazionale. Si iniziava ad interrogare la comprensione analitica in funzione della trasformazione che aveva investito il concetto di psicosi, gruppalità e prevenzione e soprattutto della riscoperta dell’altro e delle relazioni. Si aveva bisogno di “nuovi soggetti” per i “nuovi oggetti” (Bauleo, 2000).
Tali dinamiche di trasformazione, sul campo teorico e clinico, occuparono l’interesse degli psicoanalisti dai primi del ‘900 fino alla seconda metà (ed ancora oggi questo ambito è in continuo fermento).
Uno tra i più grandi e recenti ricercatori fu Francesco Corrao (Palermo, 1922 – Roma, 1994) , psichiatra e psicoanalista italiano, (nonché uno dei fondatori del Centro Ricerche Psicoanalitiche di Gruppo), ammise la probabilità che la mente potesse collocarsi non solo all’interno di un individuo ma anche all’interno di una coppia o di un gruppo in cui le funzioni mentali che si venivano a creare potevano amplificare o sopprimere quelle dell’individuo o viceversa (Rugi, Gaburri, 1998).
L’idea della continua influenza tra le menti di più individui trova riscontro nell’affermazione di Freud secondo cui il gruppo familiare è il prototipo di base dei gruppi e che quindi i meccanismi più primitivi occupano il posto principale nelle dinamiche relazionali. La famiglia, infatti, trasmette ai suoi membri certe modalità di comunicazione, coping, schemi cognitivi che la persona riutilizzerà nel momento in cui entrerà in contatto con l’altro (Bauleo, 2000). Ma non tutti i “contatti” diventano “campo”.
Il campo, infatti, si crea nel momento in cui si generano i meccanismi incrociati di identificazioni proiettive, con un coinvolgimento emozionale reciproco e con un reciproco scambio di emozioni primitive implicando così la formazione di uno spazio terzo tra il soggetto e l’oggetto e quindi di un campo comune di energie emotive. Questa è una prima nozione di campo che si è sviluppata in psicoanalisi a partire dal concetto di fantasia inconscia bipersonale (coppia complementare che partecipa al processo dinamico) dei Baranger e dallo sviluppo bioniano dell’identificazione proiettiva (Baranger, 1990).

La formazione del campo, è incorniciata nella duplice dimensione relazionale ed intersoggettiva che si avvolge di energie emotive in grado di rimandare ai legami affettivi presenti vibrazioni complesse ed imprevedibili. Il campo è caratterizzato dalle varie energie perturbanti orientate secondo particolari linee di forza che occupano la spazio tra i corpi.
Successivamente autori italiani come Corrao, Riolo, Gaburri, Neri e Ferro offrirono i loro contributi per l’evoluzione di tale modello.
Con Corrao si legittima, nonostante le critiche a Freud, il concetto di “energia”. Il campo diviene così un modello energetico non più costituito da vettori ma da impulsi che si espandono (G. Rugi, 1999): “il modello energetico, che avevamo tanto criticato in Freud , adesso, tramite il concetto di campo, può essere reintrodotto. Energia non più concepita in termini di forze vettorializzabili, ma di impulsi, che implicano il concetto di propagazione, di espansione.” (Rugi, Gaburri, 1998).
Tuttavia si denota che il determinismo psichico prettamente freudiano viene meno, lasciando spazio all’ imprevedibilità delle variabili implicate nelle relazioni con l’altro tramite il quale soggetti possono dare e ricevere comprensione e negoziazione semantica all’interno di un sistema (Lo Coco, Lo Verso, 2006).
Si comprende, così, che la qualità di “estensione” della mente permette la creazione del campo emotivo (così come verrà inteso poi da Rugi, Gaburri e Riolo) il quale a sua volta crea il sistema che metaforicamente prende la forma di una rete di connessioni neuronali in cui le persone rappresentano i neuroni mentre la capacità della mente di essere rivolta verso l’altro è identificabile con le sinapsi che si diramano e si sviluppano da nucleo a nucleo.
Quei nuclei, quelle persone, sono pari alla pluralità delle identificazioni possibili e delle immagini riflesse negli sguardi degli altri che confrontano ognuno con rappresentazioni differenti di se stesso.
Dal modello relazionale incentrato sul transfert – controtransfert si volge lo sguardo al campo emotivo che arricchisce l’esperienza analitica di eventi trasformativi apparendo pervasa da imprevedibilità, causalità ed incoerenza; l’analista accetterà, così, di esporsi all’ inondazione delle emozioni senza creare barriere di modelli teorici eccessivamente rigidi per dirigersi verso una rotta più incerta ma certamente autentica (Rugi, 1999).
Le dinamiche fino ad ora descritte esistono in funzione della rappresentazione della realtà, della costruzione dell’immaginario di cui ognuno di noi è capace che se condivisa con quella degli altri diviene una risorsa di elaborazione comune. La condivisione è permessa dai soggetti che la creano, che ne sono vincolati, che ne vivono le alleanze, i conflitti, le emozioni, le sofferenze che li legano agli altri (Bauleo, 2000).

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