Teoria generale dei sistemi di Von Bertalanffy

teoria generale sistemi von bertalanffydi Maria Gloria Luciani

Il biologo austriaco L. Von Bertalanffy con la “teoria generale dei sistemi” propose di descrivere e studiare tutti gli organismi come dei sistemi. Si può definire sistema ogni livello di organizzazione formato da parti differenziate che cooperano per formarne un’ entità organizzativa con specifiche funzioni, funzioni che non possono essere svolte dalle singole parti autonomamente.
Per questo l’ elemento strategico diventa la relazione tra gli elementi (Greco, 2004).
Quindi, un gruppo di persone che si trovano insieme per caso non sono un sistema perché cambiando la loro struttura le loro proprietà non si modificheranno, invece, un gruppo di persone che lavorano, giocano o cantano insieme formano un sistema, che può essere stabile o temporaneo, perché hanno delle relazioni, un’ organizzazione che li lega e concorrono a degli scopi comuni.
Se si scompone un sistema nelle sue singole componenti esso perde le sue funzioni e questo accade anche nei sistemi creati dall’ uomo: la famiglia, un ufficio, un’ azienda, la società (Lazzari, 2007).

In questa ottica anche il singolo soggetto può essere definito come sistema, infatti, a livello psichico disponiamo di un complesso meccanismo di feedback che ci permette di monitorare i livelli di armonia con la realtà e quindi con gli altri sistemi (di cui facciamo parte). Quando questo sistema interno entra in crisi la bilancia dello stress si “sbilancia” e l’individuo avrà bisogno di nuovi equilibri, nuovi schemi e soprattutto necessiterà di scoprire la provenienza del deficit della “vecchia” organizzazione interna.

Il sistema, dunque, è tale quando ci sono delle relazioni ed una precisa organizzazione; nel momento in cui questi due fattori si influenzano a vicenda, automaticamente verranno implicate anche risorse e richieste provenienti dalle relazioni stesse, dalle organizzazioni o dai soggetti. Quindi, il gruppo come sistema a sé e come unica micro-organizzazione, può essere visto ed analizzato nell’ottica della bilancia dello stress.

Per fare un esempio viene preso in considerazione un gruppo tipo di un sistema lavorativo in cui si possono presentare problematiche più o meno complesse. Il primo passo da fare è quello di sviluppare una scala riguardante la “bilancia dello stress” nei posti di lavoro, i cui risultati potrebbero essere:
– Richieste esterne: “Non mi basta mai il tempo per fare le cose che mi vengono richieste”
– Risorse esterne: “Mi sento soddisfatto dai rapporti personali che ho nell’ambito di lavoro”
– Richieste interne: “Aspiro a migliorare la mia posizione lavorativa”
– Risorse interne: “Sono in grado di gestire l’impegno fisico gestito dal mio lavoro”

Accanto a questo quadro abbastanza positivo della situazione lavorativa di un soggetto possiamo immaginare, però, la presenza di ulteriori situazioni in cui la percezione soggettiva dello stesso campo lavorativo non sia la medesima per tutti i soggetti (Lazzari, Pisanti, 2008). Tante valutazioni diverse, infatti, all’interno di uno stesso gruppo creano disequilibri da dover risolvere. La bilancia dello stress nel gruppo, attraverso un approccio integrato individuo-contesto, può aiutare a porre più attenzione al complesso unitario di credenze, di regole esplicite e non esplicite, di modelli di comportamento funzionali alla sopravvivenza e al miglior inserimento dell’organizzazione nell’ambiente, all’insieme dei valori e dei significati condivisi che si pongono anche come matrici di identificazioni collettive (Avallone, 2001).
I gruppi in cui tale approccio può essere applicato non sono solo quelli lavorativi quindi costituiti da soggetti che già condividono situazioni, condizioni e punti di vista, ma sono anche quelli creati ad hoc da uno psicoterapeuta che include persone le quali in comune avranno esclusivamente un problema (e spesso l’età anagrafica).

In questi casi il legame si creerà durante gli incontri di gruppo insieme alle credenze ed alle rappresentazioni. Chiaro è che ogni soggetto giungerà in questa situazione come un sistema a sé stante, con i suoi conflitti esterni (richieste esterne vs risorse esterne) o interni (richieste interne vs risorse interne), i quali saranno il materiale che il resto del gruppo potrà sfruttare per la condivisione di significati e il terapeuta utilizzerà per l’analisi attraverso il gruppo.

“La bilancia dello stress” torna utile anche in gruppi clinici in cui diventerà strumento di approccio al problema e di verifica di miglioramento del sistema gruppo.
Ciò che resta costante in ogni gruppo, di qualsiasi tipo, è la matrice: il gruppo è la matrice della vita mentale dell’individuo (Foulkes, 1974).
La matrice è il terreno comune da cui è stato generato un gruppo ma è anche l’elemento comune che permette la comunicazione tra i membri di un gruppo e perciò rappresenta il luogo dell’interazione conscia ed inconscia del transfert, dei processi interpersonali e dei fenomeni specifici del gruppo terapeutico (Di Maria, Lo Verso, 2002).

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