Il significato di resilienza in psicologia

di Marijana Milotic

Comprendere i meccanismi della resilienza è importante per quanti si rivolgono ai bambini, dai genitori agli insegnanti: molto spesso, infatti, le parole e l’affetto di un adulto sono fondamentali per superare un trauma e dare sicurezza, così come ignorare una crisi o non rispondere a un momento di difficoltà possono dare inizio a una specie di carriera contrassegnata dalla vulnerabilità e dalla rinuncia.

Ogni bambino, così come ogni adulto, ha però in sé le energie per reagire e resistere ai problemi e alle complessità della vita purché ne veda il senso e trovi un appiglio di cui avvalersi. Si è visto inoltre che non si tratta neppure di un fenomeno “tutto o nulla“, e che i bambini possono manifestare vari livelli di resilienza di fronte a fattori stressanti differenti ed in tempi diversi nel corso della vita.

La comprensione del modo con cui le persone reagiscono alle situazioni avverse, che si tratti di condizioni di vita sfavorevoli o di eventi traumatici ed inattesi, è diventata così un’importante area di ricerca e di approfondimento.
La semplice analisi dei fattori di rischio e dei fattori protettivi non è più sembrata sufficiente a spiegare perché alcuni bambini crollino sotto il peso degli stress mentre altri sembrano attraversare indenni condizioni di vita avverse ed eventi traumatici anche molto gravi.

Il termine “resilienza” in realtà deriva da altri ambiti (in ingegneria: “capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi“; in ecologia e biologia: “capacità di una specie di auto-ripararsi dopo un danno“; nella teoria dei sistemi: “capacità che ha un sistema di resistere ai cambiamenti provocati dall’esterno… mantenendo la coesione strutturale attraverso il processo di sviluppo“), ma viene ad assumere un significato specifico nel dibattito sulla salute mentale e soprattutto sui modi per studiarla e promuoverla.

Sebbene il temperamento e le caratteristiche individuali occupino un ruolo centrale nel discorso sulla resilienza, la resilienza non è un tratto stabile e definito una volta per tutte, ma è soggetto a modifiche: può migliorare nel corso del tempo, oppure deteriorarsi e perdere di efficacia. Soggetti fragili possono rafforzarsi non soltanto nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza ma anche nell’età adulta e persino nella vecchiaia. Non si spiegano altrimenti taluni drastici cambiamenti,frutto di ristrutturazioni cognitive ed emotive, che aprono nuovi orizzonti, portano a elaborare una diversa filosofia della vita, a un modo nuovo di vedere se stessi, i rapporti sociali, la vita nel suo insieme.

I cambiamenti repentini, così come quelli più lenti ma costanti,possono avvenire per l’azione di spinte diverse operate,a seconda dei casi, dal dolore, dalla riflessione, dall’autoanalisi, da un mutamento di prospettiva, da energie residue che una persona riesce a recuperare e a mettere in campo.

Tutte le ricerche più recenti evidenziano che la resilienza non può essere considerata una semplice riproposizione dei concetti di fattore di rischio e fattore di protezione. Rischio e protezione si focalizzano infatti sull’analisi delle variabili, implicando che gli effetti debbano essere simili in tutti gli individui e che le variazioni negli esiti dipendano sostanzialmente dal bilanciamento tra le diverse influenze.

Al contrario, il concetto di resilienza considera innanzitutto gli esiti, nella prospettiva che la comprensione dei meccanismi che ne sottendono l’estrema variabilità possa gettare luce sui processi causali e quindi avere implicazioni per le strategie di intervento di tipo sia preventivo che curativo.

La resilienza, per poter essere studiata ed essendo un concetto interattivo, richiede certamente di passare attraverso la misurazione del rischio e dei fattori protettivi, ma aggiunge ad essi una nuova dimensione. Essa sposta l’attenzione dai fattori di rischio esterni a come tali fattori vengono affrontati dall’individuo e dal suo contesto, e ci porta a prendere in considerazione il processo dinamico in cui si inseriscono gli eventi (e come quindi possiamo agire per modificarlo) più che la semplice sommatoria degli elementi coinvolti.

In particolare, alcuni aspetti emersi recentemente appaiono assai rilevanti sia per gli approfondimenti futuri che per come ci portano a modificare le strategie di intervento nell’ambito della salute mentale:

1. gestire il rischio: la capacità di reggere gli stress ambientali sembra essere connessa ad un’esposizione controllata al rischio più che all’evitamento del rischio stesso.

2. riconoscere i momenti di svolta all’interno di una prospettiva “life span“; retrospettivamente, molti adolescenti resilienti indicano un momento di svolta nella loro vita, spesso caratterizzato da una nuova opportunità o da un nuovo rapporto, che ha fornito lo stimolo e suscitato la determinazione necessaria per un cambiamento di traiettoria.

3. considerare maggiormente gli elementi culturali specifici: la maggior parte delle ricerche sulla resilienza è stata effettuata in paesi occidentali,e basata sull’analisi di elementi significativi per la cultura occidentale.

Gli studi condotti su soggetti ‘resilienti’ hanno focalizzato l’attenzione sulle caratteristiche psicologiche distintive e trasversali ai diversi contesti, che possano fungere da elementi predittori dell’esito positivo, in termini di benessere psico-fisico, della condizione di stress. Una delle caratteristiche più interessanti che emerge dagli studi sulla resilienza è proprio la capacità di trasformare un’esperienza dolorosa in apprendimento. L’evento traumatico, che in molti casi rischia di far rinchiudere la persona nella condizione di dolore, può divenire motore di cambiamento possibile.

Naturalmente, resilienza non è sinonimo di incoscienza né di una visione unilaterale della realtà, anche se qualche volta il fatto di non vedere il pericolo, o di non vederlo completamente, può essere d’aiuto. La resilienza è l’abilità di trarre anche dalle esperienze negative insegnamenti utili, senza lasciarsi abbattere o spaventare più del necessario. È, in altri termini, la capacità di mantenersi lucidi evitando di assimilare o confondere tra loro esperienze che in realtà sono difformi o che, possono essere affrontate con strategie differenti.

Ecco perché bisognerebbe impedire che certe paure infantili, riattivate in concomitanza con particolari esperienze, si trasformino in fobie, ossia diventino croniche e suscitino reazioni eccessive. Le fobie, impresse nella memoria, generano attese angosciose che interferiscono con la nostra capacità di fronteggiare le situazioni e di compiere scelte razionali. Poiché l’attesa della paura e delle conseguenze è spesso più minacciosa dell’evento pauroso in sé, le paure andrebbero curate al più presto, poco dopo che si sono manifestate, parlandone, raccontando gli eventi che le hanno generate e, non appena possibile, riprendendo ritmi e abitudini normali di vita.

La capacità di accantonare le inquietudini e le preoccupazioni improduttive è una dote cruciale per poter funzionare bene in condizioni di emergenza. Ma il modo in cui le emergenze vengono gestite dipende anche da altri fattori relativi sia all’individuo sia alla situazione. Il supporto sociale è una variabile importante, ma è anche importante ciò che individuo aggiunge di suo alla situazione, come ad esempio la tendenza ad anticipare il pericolo o ad attendersi il peggio, un atteggiamento ossessivo-paranoide oppure,al contrario un’attesa fiduciosa.

Sia le esperienze passate lontane sia quelle più recenti possono influenzare il comportamento creando barriere psicologiche che non favoriscono un approccio attivo. C’è anche un effetto cumulativo che non va sottovalutato.

A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori, primo fra tutti la presenza all’interno come all’esterno della famiglia di relazioni con persone premurose e solidali. Questo tipo di relazioni crea un clima di amore e di fiducia, e fornisce incoraggiamento e rassicurazione favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza.

Gli altri fattori coinvolti sono: una visione positiva di sé ed una buona consapevolezza sia delle abilità possedute che dei punti di forza del proprio carattere; la capacità di porsi traguardi realistici e di pianificare passi graduali per il loro raggiungimento; adeguate capacità comunicative e di “problem solving”; una buona capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni.

Le strade che possono portare le persone ad accrescere il proprio livello di resilienza sono numerose. Nella ricerca della strategia più idonea per migliorare il proprio livello di resilienza può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione sulle esperienze del passato cercando di individuare le risorse che rappresentano i punti di forza personali.

Il bambino per crescere ha bisogno di adulti solidi, presenti e responsabili, adulti che Boris Cyrulnik definisce “tutori di resilienza”. Il bambino ha bisogno di regole, poche ma chiare, di imparare a reggere le frustrazioni e trovare spazi per sognare, creare, crescere sereno, di una base solida su cui poggiare e a cui rivolgersi per accrescere la stima di sé, la curiosità, il senso critico, la creatività.

Secondo la teoria dell’attaccamento, si ritiene che il comportamento e il tipo di relazione affettiva che i genitori stabiliscono con i figli avranno ripercussioni non solo sul modo in cui si organizza il legame genitore-figlio ma anche sulla possibilità del bambino di sperimentare in futuro un adattamento sicuro. I bambini che hanno potuto sperimentare una relazione stretta con una figura di accudimento accogliente, supportiva, sempre pronta e capace di riconoscere i segnali di sconforto, di disagio e altrettanto pronta a rispondervi in modo sollecito, divengono individui capaci di esprimere le proprie emozioni perché sanno che potranno contare sulla figura genitoriale nel momento del bisogno e ciò consente loro di mantenere e sviluppare una sicurezza interna. Per sviluppare le determinanti della resilienza, il bambino ha bisogno di adulti capaci di creare una relazione di fiducia. Se un’esperienza negativa o traumatica accade a un soggetto che ha avuto la possibilità di strutturare un attaccamento sicuro, l’impatto immediato dell’esperienza sarà minore e la possibilità di ripararla sarà decisamente superiore a quella di un soggetto che non ha avuto un attaccamento sicuro.
La presenza, inoltre, di un familiare disposto all’ascolto consente di mettere in atto un altro tutore della resilienza: il racconto. In un primo momento esso sarà interiore, cioè si tratterà di una narrazione a se stessi dell’accaduto, del suo significato e della sua collocazione all’interno della propria esistenza. In seguito, individuato un ambito familiare protetto ed accogliente, il racconto potrà divenire condivisione e scambio del proprio mondo emotivo, che potrà offrire spunti di aggiustamento della visione di sé, degli altri e del mondo.
Al trauma, da sempre etichettato come disturbante, si associa con la resilienza, un valore positivo che valorizza, di conseguenza, il dolore quale esperienza di arricchimento umano.
L’indagine sui processi di resilienza non rappresenta in verità una novità nel panorama della letteratura psicologica.
“La ricerca si è sviluppata originariamente in ambito psicopatologico, al termine del secondo conflitto mondiale,con l’intento di individuare le risorse che permettono ad alcuni individui di mantenere un buon adattamento psicologico a fronte dei numerosi casi di disturbi post traumatici da stress ed altre forme di patologia, riscontrate nei reduci. Successivamente, gli studi proseguirono nell’ambito della psicologia dell’età evolutiva,con l’intento di esplorare le diverse traiettorie di sviluppo di soggetti passati per esperienze evolutive segnate da eventi traumatici. I risultati di queste prime indagini evidenziarono la presenza di soggetti che vennero definiti ‘resilienti’ in quanto presentarono esiti evolutivi soddisfacenti o positivi, conseguiti a dispetto di un ecosistema sfavorevole.”

La resilienza del bambino e dell’adulto possono essere favorite da un training specifico, contatta uno psicologo per rafforzare le tue capacità di gestire lo stress.

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