Il maltrattamento infantile causa danni al cervello e al sistema immunitario

di Marijana Milotic

Questo articolo ha l’obiettivo di identificare perché il maltrattamento infantile può produrre malessere fisico e psicologico, saranno inoltre illustrati gli effetti che possono impattare nello sviluppo del cervello e del sistema immunitario e neuroendocrino.

La storia dell’infanzia è forse la più problematica rispetto a ogni altro oggetto delle scienze sociali perché sono poche le notizie che il passato ci offre in merito. Storicamente la società non è mai stata particolarmente sensibile al maltrattamento dei bambini. Nell’antichità erano pratica molto diffusa i sacrifici di bambini e neonati destinati ad essere sacrificati agli dei, in diverse civiltà antiche l’uccisione di bambini deformi o non desiderati era comunemente accettata e praticata.

La presenza di una famiglia amorevole rappresenta un fattore protettivo talmente forte da riuscire, in molti casi, a svolgere un’azione di filtro o scudo tra il bambino e una realtà ostile e crudele. Ma che cosa accade quando è la famiglia a essere insufficiente? È noto che quando il nucleo famigliare si disfa, è maltrattante oppure va incontro a grosse difficoltà e non riesce più a funzionare, il rischio per la salute mentale e l’adattamento sociale dei figli aumenta.

Il dissesto psicologico di una famiglia può dare origine nei figli a squilibri evidenti come i disturbi psicosomatici, la tossicodipendenza, l’alcolismo e comportamenti antisociali. Molti tipi di disagio, però, non sono visibili, non si esprimono in particolari comportamenti ma si incistano nella mente e nel cuore delle persone sotto forma di chiusure, inibizioni, apatie, diffidenze, insicurezze,angosce. In entrambi i casi si tratta di ferite non sempre rimarginabili attraverso un processo di resilienza spontanea.

Il maltrattamento fisico è definito come il procurare lesioni che suscitano un dolore significativo, lasciano segni fisici, alterano la funzione fisica o mettono in pericolo l’incolumità dei bambino. E’ generalmente ripetuto nel tempo e tende ad aumentare di gravità. La precocità della diagnosi, della denuncia e dell’intervento sono essenziali per prevenire lesioni future e più gravi. I padri e i compagni sono di gran lunga coloro che abusano più comunemente, poi vengono le baby-sitter e, infine, anche le madri.

Quando l’aggressore è un nemico l’odio rappresenta un fattore di protezione. Ma quando appartiene al contesto familiare non c’è difesa, tanto più se il contesto sociale è collusivo. Le aggressioni violente, durature e umilianti causate da familiari infatti rendono impossibile l’espressione chiara e riconoscibile dell’odio. In questi casi l’indicatore principale della resilienza del bambino è data dalla risposta emotiva della famiglia. Le risposte disgustate,disperate o incredule alla verbalizzazione del bambino trasformano la ferita in trauma. Allora può svilupparsi unicamente una pseudo – resilienza basata sulla scissione. Una risposta che accolga e condivida l’emozione invece risocializza l’aggredito. Il racconto dell’abuso diventa dunque un fattore di aggravamento della ferita o di resilienza a seconda delle reazioni dell’ambiente familiare.

Per contrastare il maltrattamento non basta individuarlo e fermarlo: bisogna sostituirlo con altro. Togliere il maltrattamento, affermando i diritti del bambino,non innesca in automatico il suo contrario: di quale esperienza buona e/o correttiva riempiremo il vuoto di maltrattamento? Insopportabilmente penoso è assistere al “processo di desertificazione” del bambino, dopo aver fatto tanto per proteggerlo;e ciò nella consapevolezza che i diritti possono essere imposti, il “buon trattamento”no. Il legame positivo e riparativo può essere soltanto promosso, facendo leva sulle migliori aspirazioni degli esseri umani e attivandole. In questa direzione appare corretto e promettente pensare a 360°.

Quando si parla di bambini e famiglie, abbiamo molto bisogno di criteri oggettivi che unifichino al di là delle posizioni culturali e ideologiche e che costituiscano una solida base delle politiche science based. Oggi sono stati fatti notevoli progressi nelle azioni a favore dell’infanzia e nella conoscenza dei bisogni essenziali dei bambini la cui soddisfazione garantisca il loro migliore benessere. E di benessere si deve parlare non soltanto dal punto di vista fisico ma anche e soprattutto sul piano mentale,dove i rischi possono essere di estrema gravità e con la nefasta capacità di trascinarsi nel tempo e di trasmettersi di generazione in generazione.

È caduta, inoltre, l’artificiosa distinzione tra danno psichico e danno fisico:cattive condizioni di accudimento ed esperienze traumatiche, specie se croniche,producono danni cerebrali rilevabili. Con le moderne metodiche diagnostiche (tomografia cerebrale a emissioni di positroni o PET, Positron Emission Tomography– elettroencefalogrammi associati a potenziali evocati) si è registrata la sofferenza e la morte di milioni di neuroni in varie aree cerebrali preposte al pensiero complesso e finalizzato (corteccia prefrontale), all’integrazione della memoria (ippocampo),alla regolazione emotiva (secrezione di serotonina), alla comunicazione tra gli emisferi cerebrali (corpo calloso) con effetti vistosi a livello comportamentale.

Ma ancora peggio la disregolazione cerebrale da esperienze traumatiche infantili produce effetti registrabili a livello del sistema nervoso simpatico e parasimpatico (che presiede al ritmo respiratorio, al battito cardiaco, alla pressione arteriosa, ai movimenti peristaltici intestinali), del sistema endocrino (in primis la funzionalità del surrene, che produce il cortisolo endogeno essenziale nella regolazione della reazione agli agenti esterni), del sistema immunitario (che presiede alla difesa del soggetto da aggressori esogeni ed endogeni).

Tutti i tipi di maltrattamento sono potenzialmente dannosi per un bambino sensibile, una consulenza psicologica genitoriale può essere di grande aiuto per favorire le capacità di resilienza del bambino e renderlo poco vulnerabile al maltrattamento. In ogni caso, se ritieni che il tuo bambino abbia subito maltrattamenti, segnalalo subito.

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