Leadership etica: perché è utile

di Daria Massaro

Gli scandali nel mondo degli affari, l’attuale crisi finanziaria e gli episodi di abuso di potere politici  hanno contribuito ad accendere i riflettori sul concetto di etica e alla creazione del bisogno di una leadership etica e morale.

Etica (dal greco antico ήθος, ethos) significa “comportamento,” “costume,” “consuetudine.” L’etica è considerata una branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivie razionali che consentono di attribuire a comportamenti umani uno status deontologico, e di distinguerli in moralmente leciti, giusti,  rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. La leadership etica riguarda dunque cosa i leader dovrebbero fare.

Parlare di etica nelle organizzazioni significa quindi affrontare  un tema che risente delle condizioni storiche, culturali, giuridiche ed economiche che caratterizzano un determinato contesto in un determinato momento. Osserviamo che questa definizione di etica reca dunque una contraddizione interna: dovrebbe essere oggettiva e razionalema allo stesso tempo, essendo inestricabilmente legata a valori e cultura, non può che risentire della cornice storica, contestuale e culturale entro cui parliamo di etica.

Nel 2008 la Commissione Europea dichiarò in un documento sulla competitività aziendale che l’etica nel business apporta benefici alle organizzazioni impattando in modo positivo su sei determinanti della competitività: i costi di struttura, la gestione del rischio e della reputazione, le risorse umane, i clienti, la capacità di innovazione e la prestazione finanziaria. Per ciò che riguarda la leadership, l’etica è stata identificata come la sola variante predittiva della fiducia nel leader, spiegando il 62.5% della varianza (Craig & Gustafson, 1998). E creare un clima di fiducia è essenziale  in quanto legittima la posizione e le decisioni  le leader.

La definizione maggiormente accreditata dalla comunità scientifica è a tutt’oggi quella di Brown, Treviño ed Harrison (2005, p.120), che definiscono la leadership etica come “la dimostrazione di una condotta normativamente appropriata attraverso le azioni personali e le relazioni interpersonali, e la promozione di tale condotta ai collaboratori attraverso la comunicazione a due vie, il rinforzo e il decision making”. Non basta dunque che il leader sia una persona dotata di morale, ma è necessario che si comporti come tale, e che utilizzi un sistema di punizioni e premi al fine di influenzare il comportamento dei suoi seguaci, agendo nel miglior interesse di tutti.  Tale concettualizzazione si ascrive in una cornice teorica con chiari  riferimenti alla prospettiva dell’apprendimento sociale, suggerendo che le persone sviluppino i propri comportamenti etici attraverso l’emulazione di leader ammirevoli che fungono da modelli comportamentali. Uno dei problemi di questo modello è rappresentato dal relativismo dell’etica, ossia l’esistenza della possibilità che un leader agisca in maniera scorretta credendo invece di perseguire la via dell’etica e della moralità, portando di conseguenza anche i seguaci alla rovina.

Secondo l’approccio di Brown e Treviño (2006) la leadership è caratterizzata da due componenti separate: quella della persona morale da un lato e quella del manager morale dall’altro. Più precisamente, la componente della persona morale fa riferimento alla personalità del leader (caratteristiche morali e tratti), che si manifesta sia nella vita privata che professionale. In uno studio qualitativo sui manager del settore privato, Treviño, Brown e Hartman (2006) trovarono che i leader etici sono descritti come individui onesti con una forte integrità morale che perseguono un decision making giusto e dimostrano di avere riguardo nei confronti delle persone e della comunità.  La componente del manager morale invece fa riferimento agli sforzi e le azioni concrete compiuti dal leader al fine di influenzare i collaboratori e guidarli verso  comportamenti etici (come la comunicazione di standard etici e l’esortazione alla disciplina a coloro che dimostrano di tenere comportamenti ritenuti non etici).

Interessante è il lavoro di Riggio, Zhu, Reina e Maroosis (2010), i quali basandosi sui testi sull’etica aristotelica e quelli di San Tommaso d’Aquino si sono focalizzati su quattro virtù cardinali, utilizzando quindi una prospettiva caratteriologica per la definizione del costrutto di leadership etica. La prima virtù, la prudenza, è definita come la capacità del leader di soppesare attentamente gli elementi nel prendere una decisione in un dilemma etico. La forza (o coraggio) ha invece a che fare con la persistenza necessarie ad essere etici, in quanto spesso ci vuole coraggio a far pronte alle difficoltà in maniera etica e senza ricorrere a facili escamotage; ciononostante, osserviamo che la forza di per sé non può essere definita etica, in quanto si può impiegare anche nella persecuzione di scopi malvagi. La terza virtù cardinale, la temperanza, riguarda il controllo del leader in termini di atteggiamenti di indulgenza nei confronti di se stesso: i leader con questa virtù si rivelano umili e capaci di gestire i propri eccessi. Ma la virtù che ha ricevuto probabilmente più attenzione è la giustizia: un leader giusto è onesto, aperto e rispettoso nei confronti dei collaboratori (Avolio & Howell, 1992; Treviño & Brown, 2006).

Partendo dal presupposto che la leadership sia inevitabilmente legata ai valori di chi la esercita, altri ricercatori si sono dapprima concentrati sul ruolo della moralità nell’emergere della leadership etica, cercando conseguentemente di individuare quali siano i valori importanti e in che modo questi sono in grado di influenzare il comportamento (Meglino & Ravlin, 1998). La letteratura indica come essenziali valori quali l’onestà, l’integrità, il riguardo per gli altri, la giustizia e il coraggio (Reave, 2005; Resick  et al., 2006; Russel, 2001), l’altruismo e la tendenza a difendere i diritti e la dignità degli altri (Bass & Steidlmeien, 1999; Kanungo, 2001). È necessario sottolineare che i valori del leader incidono sull’organizzazione e sui collaboratori solo se vengono veicolati nelle azioni intraprese (Treviño, Hartman & Brown, 2000), in modo ripetuto affinché il leader possa essere percepito come coerente e dunque credibile, integro e degno di fiducia (Gardner, 2005).

De Hoogh e Den Hartog (2008) sostengono successivamente che alcune caratteristiche del leader legate alla responsabilità sociale quali l’osservazione di regole morali e legali, l’attenzione nei riguardi dei collaboratori, la consapevolezza delle conseguenze del comportamento proprio e altrui, siano dei buoni indicatori di una leadership etica.

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