Come scoprire le espressioni facciali finte

Scoprire le espressioni facciali finte è una questione di tecnica

Come si scopre se un’espressione facciale è finta

Lisa Rogai

Nell’ambito clinico e scientifico, ma anche nella nostra quotidianità, è utile, se non indispensabile, capire quando le persone che ci troviamo davanti mentono. Fin dai primi studi Ekman e i suoi collaboratori si accorsero che le espressioni facciali che rivelano le emozioni dell’individuo sono poco controllabili e per questo, indizi molto attendibili.

E’ più facile mentire con le parole, poiché queste sono sempre volontarie, senza il nostro consenso non vengono prodotte. Le espressioni facciali invece sono quasi sempre involontarie, poiché rispecchiano emozioni e sensazioni reali che sono poco controllabili. Ci sono dei motivi però che ci spingono a controllare le nostre emozioni ma ancor di più le rispettive manifestazioni. Principalmente i ricercatori ne individuarono quattro: la prima motivazione, come già accennato nel capitolo precedente, è quella della cultura dove l’individuo vive e le regole che ne derivano. Ci sono culture come quelle Occidentali, in particolare negli stati Uniti, dove fin da piccoli viene insegnato ai maschi a non mostrare la propria fragilità in pubblico, quindi a non piangere e a non mostrare tristezza; alle femmine viene insegnato a non mostrare la rabbia in situazioni pubbliche.

Tutte queste regole, anche se diverse a seconda del luogo d’origine di ognuno, vengono ugualmente apprese in età infantile e, una volta fatte proprie, si automatizzano e divengono stabili. Gli studiosi parlano di espressioni vietate dalla società, ma le regole implicite che caratterizzano la comunità in cui gli individui vivono propongono anche espressioni alternative da esibire o l’intensità accettabile per emozioni specifiche. Una seconda motivazione al controllo mimico è data dalle esperienze familiari e personali.

Si pensi per esempio a un bambino cresciuto in una famiglia che gli ha insegnato a 15 non mostrare paura in situazioni pubbliche oppure si pensi a una persona molto estroversa. Nel primo caso verrà automatico nascondere la paura e forse anche esprimere un’altra emozione al suo posto come la rabbia per esempio; nel secondo caso le caratteristiche del soggetto, l’estroversione in questo caso, porteranno la persona in questione a intensificare le sue emozioni. Queste regole hanno le stesse modalità di quelle culturali, vengono infatti apprese e poi autonomizzate. Una terza motivazione è stata individuata nelle esigenze date dal tipo di professione. Basta pensare a un attore, che ha bisogno di simulare emozioni che in quel momento non prova, o ancora a un politico che vuol far passare come vero e positivo un concetto sul quale non è d’accordo o di cui non è fermamente convinto. Ci sono professioni che richiedono capacità di controllo mimico, e del resto del corpo, per motivi intrinseci alla professione stessa. L’ultima motivazione che i ricercatori hanno evidenziato è quella situazionale. Qui il controllo viene messo in atto per un tornaconto immediato, per fare un esempio fra tutti possiamo pensare a una persona che ha commesso un omicidio che finge di essere triste per l’accaduto, proprio per non far sospettare di lui (Ekman, O’Sallivan, Friesen & Scherer 1991).

 

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