La bellezza fisica influenza le decisioni di assunzione in selezione del personale?

Qual è il ruolo della bellezza fisica nella selezione del personale?

Valeria Bafera

Lo studio di Tsai et all. (2010) è stato svolto prendendo come riferimento i colloqui di selezione svolti da diverse aziende e industrie in Taiwan, così da poter generalizzare meglio i risultati e ha visto la partecipazione di centosettantasette candidati (di cui poco più della metà di sesso maschile, con un’età media di ventotto anni) e centoquattordici selezionatori (di cui sessantacinque di sesso maschile, con un’età media di trentasette anni). I dati sono stati raccolti in due tempi: sono stati presi in considerazione, prima, le valutazioni degli intervistatori sulle caratteristiche del lavoro da svolgere e sulle qualità del possibile candidato e, dopo, le valutazioni post-intervista sui candidati. Agli intervistatori è stato, quindi, richiesto di fornire valutazioni circa l’attrattività fisica del candidato, il suo comportamento non verbale, nonché l’adeguatezza del suo contenuto verbale. Per avere una stima quanto più omogenea, tali informazioni sono state raccolte attraverso la somministrazione di un questionario comprendente, per ciascun item, una scala da uno (fortemente in disaccordo) a sei (molto d’accordo). Gli items relativi all’attrattività fisica sono stati, per esempio: “Penso che il viso del candidato sia gradevole”; “Penso che l’aspetto fisico del candidato sia attraente”; ecc. Gli items riferiti alle valutazioni dell’intervistatore, invece, sono stati così formulati: “Considero il candidato idoneo per l’assunzione in azienda”; “Mi piacerebbe invitarlo per un secondo colloquio”; “Non sono disposto ad assumerlo”; ecc. Le ipotesi guida della ricerca sono state principalmente mirate a verificare se, considerato il contenuto verbale, l’attrattività fisica influenzi positivamente le valutazioni finali; oppure se, una bassa richiesta del contatto col cliente, riduca la relazione positiva tra l’attrattività fisica e le valutazioni dell’intervistatore.

Effettivamente, i risultati hanno indicato che l’essere attraente è determinante sulle decisioni d’assunzione, soprattutto per quei lavori che richiedono un elevato livello di interazione con i clienti. L’importanza dell’aspetto fisico per i ruoli che richiedono un continuo contatto con il cliente, potrebbe trarre la sua spiegazione dall’idea che “ciò che è bello è buono” (Feingold, 1992), dunque potrebbe indurre risposte favorevoli da parte degli interlocutori; alcuni studi di psicologia del consumatore, per esempio, hanno dimostrato che i clienti generalmente hanno una propensione maggiore all’acquisto quando la vendita viene proposta da soggetti attraenti ((DeShields, Kara, e Kaynak, 1996).

In riferimento all’attrattività fisica, diverse ricerche hanno evidenziato l’importanza sia dell’aspetto esteriore, sia dell’abbigliamento del candidato sui giudizi finali dell’intervistatore; d’altra parte sono i primi elementi che colpiscono l’occhio di chi ci sta davanti, per cui fondamentali per fare una buona prima impressione. Gli studi relativi all’aspetto esteriore, hanno dimostrato che la cura di sé, una pettinatura in ordine, indossare vestiti non sgualciti, sono tutti elementi che predispongono il selezionatore ad assumere un atteggiamento favorevole nei confronti del candidato e, di conseguenza, ne influenza la decisione finale.

Viceversa, per esempio, una barba incolta, capelli non curati o un cattivo odore, possono venire interpretati come manifestazioni di disinteresse nei confronti del lavoro per il quale il candidato si propone, favorendo così delle valutazioni negative (Jenkins & Atkins, 1990). A questo proposito, possiamo citare lo studio di Shannon & Stark (2003), ricercatori alla Western State College di Colorado (USA), i quali hanno esaminato l’incidenza dell’essere barbuto e dell’attrattiva fisica dei soggetti sugli esiti finali. L’obiettivo è stato quello di manipolare due variabili inerenti l’aspetto fisico di candidati uomini (“barba” e “attrattività”) in simulati contesti di selezione, al fine di misurarne l’effetto sulle decisioni di assunzione. In generale, i risultati non hanno prodotto alcun effetto significativo inerente la variabile “barba” sui processi valutativi. All’interno di questo studio, infatti, i punteggi assegnati ai soggetti irsuti sono risultati marginalmente più bassi rispetto a quelli attribuiti ai glabri; pertanto si tratterebbe di una caratteristica che non ostacola il processo di valutazione, sebbene determinante l’attrattiva del candidato. Ciò nonostante, è emerso che la “barba” potrebbe risultare un fattore influente in sede di selezione, qualora bisognasse scegliere un singolo soggetto tra più individui candidati per una specifica mansione; in questo caso, infatti, sarebbero favoriti gli imberbi.

Sicuramente la scelta degli abiti rappresenta il modo più tangibile per controllare l’aspetto esteriore e puntare a una buona prima impressione. Gli studi sull’abbigliamento evidenziano che lo stile classico (giacca e cravatta per i candidati di genere maschile e tailleur per le candidate di genere femminile), è correlato maggiormente con valutazioni finali positive rispetto a stili più informali come casual o sportivo. Forsythe, Drake, Cox, (1985), per esempio, hanno analizzato come l’abbigliamento possa influenzare le decisioni d’assunzione nei confronti di candidati di genere femminile per posizioni manageriali. I centonove partecipanti, provenienti da attività bancaria e di marketing, dopo avere visto le registrazioni di colloqui selettivi condotti su quattro candidate, ognuna con abiti differenti, si erano mostrati più favorevoli all’assunzione di coloro che indossavano una tenuta classico-elegante. Anche se può sembrare apparentemente superfluo, in realtà il modo di vestire fa percepire al selezionatore che il candidato abbia rispetto per l’azienda in cui si propone di essere inserito, per la persona che ha di fronte, nonché per le regole che troverà nel contesto di lavoro.

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