I segreti della comunicazione non verbale nel colloquio di selezione

Come usare la gestualità nel colloquio di selezione del personale

La comunicazione non verbale del selezionatore ha un effetto sul candidato

 

Valeria Bafera

 

Il comportamento dei partecipanti ad una conversazione è contingente in maniera reciproca, ciascuno risponde all’altro adottando atteggiamenti che fungono da effetto-eco (Bonaiuto e Maricchiolo, 2003). D’altra parte, come diverse volte accennato, il comportamento non verbale dei selezionatori gioca un ruolo fondamentale nelle impressioni dei candidati, influenzando la loro decisione di accettare o rifiutare l’offerta di lavoro. Keenan e Wedderbun (1975), ricercatori del dipartimento di organizzazione aziendale alla Heriot-Watt University di Edimburgo, hanno indirizzato la loro ricerca proprio in questa direzione.

Partendo dal presupposto che sia l’aspetto verbale che il non verbale influenzano il processo d’interazione, gli sperimentatori, nel ruolo di selezionatori, simularono un colloquio di selezione durante il quale variarono sistematicamente il loro atteggiamento non verbale, mantenendo constante il contenuto verbale; i soggetti da esaminare erano ventiquattro studenti laureandi in ingegneria e in economia. Annuire con la testa, sorridere, mantenere un contatto visivo diretto erano segnali non verbali di approvazione alle risposte dei candidati; aggrottare le sopracciglia, scuotere la testa o distogliere lo sguardo esprimevano segnali di disapprovazione. Per rendere quanto più concreto l’esperimento, gli intervistatori cercarono di mantenere una certa flessibilità, sia nelle domande che nell’esposizione degli atteggiamenti non verbali.

Ai partecipanti gli fu detto di prendere parte ad un’esercitazione sulle tecniche d’intervista e alla fine avrebbero dovuto compilare un questionario di valutazione sull’intervistatore, così da poter identificare ulteriori ambiti da sperimentare.

Ognuno dovette sostenere due tipi di colloquio, di circa dieci minuti, (l’uno di approvazione e l’altro di disapprovazione) valutati da due diversi intervistatori. Come emerge dai risultati, gli intervistatori che avevano espresso in modo non verbale segnali di approvazione, creavano nel candidato impressioni favorevoli: in condizione di approvazione vediamo, per esempio, che venti soggetti giudicarono l’intervistatore come più amichevole, quindici lo percepirono come più competente, diciassette dichiararono di essersi sentiti più a sua agio; così come in condizione di disapprovazione diciotto partecipanti ebbero l’impressione di trovarsi di fronte una persona intransigente e abbastanza irrequieta.

Gli sperimentatori avevano, inoltre, ipotizzato che segnali di assenso avrebbero potenziato anche la velocità nel parlare da parte dei candidati. I risultati, però, non hanno attribuito grosse differenze: sia che gli intervistatori esprimessero segnali non verbali di assenso o dissenso, la differenza di tempo impiegato dai candidati nel formulare le risposte, non è risultata statisticamente significativa, riportando una media di trenta secondi circa sia per le interviste di approvazione che per quelle di disapprovazione. Pertanto, al di là del comportamento non verbale ostentato dagli intervistatori, la velocità di risposta ed esposizione verbale dei candidati, è risultata costante per ciascuno di essi.

Abbiamo visto in altri articoli che le espressioni facciali svolgono un ruolo determinante nel rinforzare o sostituire il messaggio verbale: il volto regola l’interazione, comunica emozioni, potrebbe essere rivelatore dell’ indice di attenzione o anche persuasivo.

Ricordiamo, inoltre, che uno dei modi più comuni per celare un’emozione consiste nel sostituirla con un’emozione diversa e, per questo, ingannevole: per esempio un sorriso sincero, potrebbe essere sostituito da un sorriso apparente. Anzi, proprio il sorriso diviene un’espressione particolarmente rilevante da studiare, in quanto si verifica non solo quando si prova un’emozione positiva, ma può essere riprodotto, quindi non autentico, e convincere l’altro di aver provato realmente quell’emozione. Nel 2007 Eva Krumhuber, studiosa dell’Università di Cardiff, ha pubblicato sul “Journal of Nonverbal Behavior” (2007) una ricerca sull’influenza degli aspetti dinamici del sorriso, in particolare sulla sua velocità di apertura in combinazione con l’inclinazione del capo. Ai cento partecipanti, per metà uomini e per metà donne, sono stati presentati su un monitor i sorrisi di sei volti maschili e femminili, con il compito di giudicarli sulla base della genuinità, dell’attrattiva, della dominanza, della falsità e dell’ammiccamento. I sorrisi variavano nella velocità di apertura: alcuni si aprivano in un decimo di secondo, altri in cinque decimi di secondo; contemporaneamente i volti s’inclinavano verso destra o verso sinistra. I risultati hanno dimostrato che un sorriso avente un’insorgenza lenta, è percepito e giudicato come più vero e attraente, così come l’inclinazione del capo a destra ne aumenta l’aspetto attraente e autentico dell’espressione.

Inoltre, è emerso che i sorrisi delle donne sono percepiti come meno veraci rispetto a quelli degli uomini; probabilmente perché le donne hanno la tendenza a sorridere più spesso degli uomini, pertanto sarebbe considerato come comportamento usuale e meno informativo. Tuttavia, l’utilizzo di volti virtuali e non reali pone dei limiti alla validità della ricerca, la quale necessiterebbe di ulteriori evidenze su volti umani concreti.

 

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