Come riconoscere un trauma psicologico

La ricerca epidemiologica ci dice che la percentuale di popolazione generale che nella vita andrà incontro a esperienze traumatiche è piuttosto elevata variando dal 40% al 75% della popolazione . [1]Questo può far capire la vastità delle esperienze che possono essere definite traumatiche e la necessità di doverle suddividere in base all’evento e alla sua durata nel tempo. Non esiste una classificazione ufficiale di possibili eventi traumatici, perché ogni individuo coinvolto ha una risposta soggettiva all’evento, il  grado di vulnerabilità individuale e la resilienza ad un evento traumatico è differente da un soggetto ad un altro. Con questo non si intende affermare che nessuna esperienza è definibile come  traumatica o al contrario tutte le esperienze che provocano stress sono traumatiche, ma bisogna sottolineare l’importanza del come viene vissuta tale esperienza della persona. Spesso, nell’ambiente medico-psicologico, gli eventi potenzialmente traumatici possono essere classificati in tre gruppi.

Il primo si riferisce a traumi prodotti da azioni umane volontariesono i casi di danno creato dall’uomo di natura intenzionale o dolosa e frequentemente malvagia, come la guerra, la violenza, i crimini e il terrorismo. Questi eventi possono includere:

  • guerre, combattimenti, guerre civili, lotte di resistenza;
  • atti di terrorismo;
  • bombardamenti;
  • atti di abuso, inclusi atti di violenza domestica (abuso sessuale, abuso fisico, abuso psicologico ed emotivo) ;
  • aggressioni criminali;
  • assistere ad un omicidio, aggressioni sessuali, maltrattamenti o torture;
  • sparatorie o attacchi da parte di un cecchino;
  • risse;
  • atti di disumanità.

Il secondo gruppo di eventi traumatici si riferisce ad azioni umane involontarieCiò significa che, anche se è stato causato un danno, esso non è dovuto a un intento deliberato. Questo gruppo include:

  • incidenti automobilistici;
  • disastri su mezzi di trasporto;
  • incendi, esplosioni, ustioni, gravi shock elettrici
  • incedenti industriali;
  • disastri ambientali;
  • disastri nucleari;
  • incidenti medici.

disastri naturali rappresentano la terza categoria di eventi specifici potenzialmente traumatici. Generalmente avvengono senza che l’uomo possa in alcun modo intervenire e alcuni esempi sono:

  • terremoti;
  • tsunami;
  • alluvioni e nubifragi;
  • tempeste, uragani e tornado;
  • incendi boschivi;
  • eruzioni vulcaniche;
  • carestie;
  • attacchi da parte di animali.

La lista presentata è evidentemente incompleta, ma ci dà un esempio dei molti eventi che potrebbero costituire esperienze traumatiche per le persone che li hanno vissuti. I traumi generati da una chiara intenzionalità altrui sono i più difficili da elaborare e superare, e in tali casi il trattamento può risultare più problematico.[2] Giannantonio condivide la classificazione delle tipologie di trauma riportate sia da Herbert e Didonna e sia nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali e Statistici ma la estende considerando anche altri eventi traumatici, come:

  • separazione e/o divorzio in età infantile e non infantile;
  • condizioni protratte di abuso psicologico o incuria psicologica avvenute in ambito familiare o extrafamiliare (ad es., durante fasi delicate dello sviluppo psicofisico, essere costantemente oggetto di scherno per caratteristiche fisiche);
  • l’incapacità cronica delle figure genitoriali di sintonizzarsi emotivamente nei confronti dei bisogni di un figlio;
  • perdita del posto di lavoro;
  • vivere cronicamente in condizioni economiche precarie o disagevoli.[3]

 

La pediatra e psichiatra per adulti e adolescenti, conosciuta soprattutto per il suo lavoro con i bambini che sviluppano un disturbo post traumatico da stress, Lenore Terr, ha apportato un ulteriore divisione al concetto di trauma, classificandolo in due categorie: Trauma di Tipo I e Trauma di Tipo II. Per trauma di tipo I si intendono episodi causati da eventi circoscritti e inaspettati; in questa categoria rientrano la maggior parte dei disturbi da stress post traumatici, che generalmente soddisfano i criteri di ripetizione, evitamento e ipervigilanza e hanno come conseguenza ricordi incompleti e dettagliati impressi nella mente, premonizioni e percezioni erronee del tempo. Questi traumi non sembrano produrre la negazione massiccia, l’intorpidimento e i disturbi di personalità, caratteristici del tipo II. Il trauma di tipo II deriva invece da prolungate o continue esposizioni a episodi estremi. Il primo evento traumatico crea shock nel soggetto ma il susseguirsi degli altri crea uno stato di anticipazione che mobilita una serie di meccanismi difensivi per proteggere il proprio Sé. Le difese manifestate sono diniego massiccio, dissociazioni, rimozioni, identificazioni con l’aggressore e aggressioni rivolte verso il Sé, le quali possono causare, in modo particolare nei bambini, profondi cambiamenti caratteriali da poter scaturire in gravi disturbi di personalità dall’età di 5 anni.[4]

 


[1]                Berliner-Briere, in Giannantonio M. (2009). “Psicotraumatologia. Fondamenti e strumenti operativi”. Torino: centro scientifico

[2]              Herbert, C. – F. Didonna. (2006). Capire e superare il trauma. Una guida per comprendere e fronteggiare i traumi psichici. Trento: Erickson

[3]              Psicotraumatologia, Tipi di trauma psicologico. Vedi link: http://www.psicotraumatologia.com/tipi_di_trauma_psicologico.htm

[4]           Childhood Traumas : An Outline and Overview. Vedi link: http://focus.psychiatryonline.org/article.aspx?articleID=49469

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