Quando l’amore diventa borderline

La personalità che ognuno di noi sviluppa sin dalla nascita non è altro che l’insieme di tutte quelle caratteristiche e di quelle dinamiche comportamentali che, partendo dall’attaccamento alla propria madre, il soggetto introietta e modella nel corso della propria vita; si tratta dunque di uno stile di rapporto con gli altri ed è caratterizzato da determinati tratti contraddistintivi. Molti di questi tratti possono risultare particolarmente rigidi  ed a volte pervasivi e possono dunque generare non solo sofferenza del soggetto stesso ma anche delle persone che lo circondano.

Il soggetto non risulta essere cosciente dei suoi comportamenti negativi ed inadeguati, anzi, può risultare lui stesso vittima della situazione e si autoconvince che il reale problema sia “al di fuori” di sé.

Un esempio di tale personalità è rintracciabile nel paziente borderline.
Kernberg (2013) sostiene che vi è un periodo fondamentale in ogni individuo, che va dal 16° al 24° mese di vita, considerato un momento cruciale per l’avvenire di una possibile crisi evolutiva. Ciò accade perché il bambino teme che la propria figura di attaccamento possa scomparire improvvisamente, facendo scaturire in lui una convulsa preoccupazione rispetto ad ogni suo spostamento. Le madri dei pazienti borderline, durante questo periodo fondamentale della loro infanzia, hanno trasmesso ai loro figli il chiaro e nitido messaggio che qualsiasi tipo di separazione fra loro condurrà alla perdita totale dell’amore materno. Accrescerà così nel soggetto borderline un’incapacità di poter sviluppare un oggetto interno che sia contenente-confortante ed una vera e propria incapacità di utilizzare la memoria evocativa che permetterebbe al bambino di richiamare alla mente un’immagine che sia rassicurante anche quando la figura materna non è presente.

Il soggetto borderline è una persona che continuamente rivive tale crisi infantile in tutte le sue relazioni interpersonali, anche in età adulta, nelle relazioni di coppia, ove tali soggetti temono costantemente la separazione e sono incapaci di tollerare periodi di solitudine più o meno lunghi. Il borderline è caratterizzato quindi da una mancanza di costanza d’oggetto che lo rende incapace di integrare aspetti buoni e cattivi sia di se stesso che degli altri, tutto questo basato sempre sulla predominanza di introietti negativi.

Un aspetto centrale che caratterizza il funzionamento di personalità patologica è la diffusione dell’identità, caratteristica rilevante sia dal punto di vista sintomatologico che eziologico e di particolare rilevanza nella valutazione diagnostica (Kernberg, 2013).

Nei pazienti borderline la diffusione dell’identità è vista come assenza o perdita di una normale capacità di auto-definizione che si riflette particolarmente in crisi emozionali in situazioni che implicano intimità fisica e nell’incremento del bisogno di una definizione di sé che sia di carattere psicosociale.

L’evitamento delle scelte che derivano da tale diffusione dell’identità, conducono all’isolamento, ad una situazione di vuoto interiore e ad una regressione del soggetto ad identificazioni precedenti. Si tratta di una vera e propria incapacità a stabilire un’intimità nelle relazioni, poiché, essendo l’intimità, dipendente dalla capacità di auto-definizione, porta ad innescare quel senso di pericolo di fusione o perdita dell’identità stessa, che verrà percepita come un vero disastro (Erikson, 1956).

Alcuni studi (Hill, et al., 2011) hanno dimostrato la stretta correlazione tra attaccamento insicuro ed organizzazione borderline di personalità.

E’ importante considerare anche l’introiezione dei modelli operativi interni che vanno a riflettere rappresentazioni di sé e degli altri disorganizzate e disorientate, derivante dal meccanismo di scissione messo in atto dal soggetto borderline che conseguentemente frammenta la stessa rappresentazione di sé e degli altri.

Analizzando il soggetto borderline all’interno di una relazione d’amore, possiamo notare quanto sia fortemente spaventato dalla paura dell’abbandono. Vedendo stabilirsi una relazione diadica, particolarmente con un soggetto dell’altro sesso, il paziente borderline, avendo sviluppato un concetto di sé come essere difettoso, indegno e non meritevole di affetto, si aspetta che nel momento in cui l’altro si accorge di questa sua indegnità, inevitabilmente ed automaticamente verrà abbandonato. Ogni tipo di allontanamento, di distacco, di assenza o di piccole divergenze quotidiane, rappresentano un potenziale pericolo che lo induce alla convinzione che quello che egli stesso si aspetta stia per accadere. Il borderline finalizzerà ogni suo comportamento per non essere abbandonato, adottando comportamenti ed atteggiamenti molto spesso eccessivi, drammatici, autoaggressivi e portati all’esasperazione.

Il soggetto borderline, solitamente, è portato a stringere rapporti con persone tendenzialmente fragili o legate a lui da un vincolo affettivo. Egli li attira  mostrandosi particolarmente amorevole, esprimendo sentimenti in misura esagerata rispetto al suo vero sentire, esibendosi in dimostrazioni d’amore eclatanti, drammatizzando la propria vita e le proprie esperienze personali al fine di raggiungere un livello di vicinanza tale da portare alla manipolazione del partner con il quale instaurerà una relazione che egli stesso destabilizzerà con i suoi repentini e continui cambiamenti di umore (Kernberg, 2013).

Inizialmente, il partner del borderline si sentirà idealizzato, importante, oggetto di adorazione. In breve tempo però passerà alla svalutazione più estrema; la sua minima disattenzione porterà il soggetto borderline ad accusarlo di abbandono e trascuratezza. Il definitivo ma anche solo temporaneo o  addirittura presunto abbandono da parte del partner fa precipitare il borderline nella disperazione più totale, disperazione tipica di chi teme una paura così tanto profonda che lo porta a credere di non poter più essere amato in quanto cattivo, indegno e difettoso.

Di particolare rilevanza, per chi vive a stretto contatto con un paziente borderline, è rendersi conto che ogni atteggiamento apparentemente eccessivo, autodistruttivo ed a volte senza senso, non è altro che una funzione adottata per regolare le emozioni che momentaneamente risultano ingestibili ed incontrollabili.

Descrivendo la relazione emotiva di coppia, un ruolo cruciale viene giocato dal Super-Io. La coppia acquista non solo l’identità propria ma anche quella di ciascuno dei due partner, perché essa stessa in quanto entità, riattiva le funzioni superegoiche consce ed inconsce del partner che si vanno ad aggiungere al sistema superegoico che già lo costituiscono. Questo sistema della relazione di coppia dipende però dal grado di maturità del Super-Io di ciascun partner: nel momento in cui domina una patologia si può arrivare alla distruzione della coppia stessa. Il Super-Io contenitore di conflitti edipici irrisolti, può minacciare la coppia inibendo o vietando l’espressione di sentimenti teneri al proprio partner; si necessita dunque di un Super-Io maturo che si esprima nella preoccupazione non solo per sè ma anche per il proprio partner, alimentando amore ed impegno reciproco e proteggendo la relazione oggettuale di coppia (Kernberg, 2013).

Una grave patologia del Super-Io di uno dei due partner può condurre all’identificazione proiettiva (le rappresentazioni di sé e dell’oggetto sono scisse ed allo stesso tempo proiettate negli altri nel tentativo di controllarli) che conseguentemente porta alla distruzione dell’equilibrio di coppia, specialmente quando gli introietti del Super-Io sadico dominano la proiezione. In uno sviluppo normale, i precursori preedipici del Super-Io (fantasie persecutorie ed idealizzazione primitiva) vengono smorzati e neutralizzati, favorendo uno sviluppo del Super-Io più maturo, favorito anche dalla capacità di gratitudine, mezzo attraverso il quale l’amore si sviluppa e si perpetua, basilare affinché ci sia reciprocità nelle relazioni umane.

Maggiore è la gravità patologica del Super-Io, maggiori saranno le restrizioni, nella coppia, in termini di  tolleranza; allo stesso modo, esso è responsabile della rigida razionalizzazione del Super-Io primitivo con la conseguente tendenza a collezionare ingiustizie, a dare per scontati i tradimenti, la vendetta, l’indifferente trascuratezza, il distacco e l’ostilità (Kernberg, 1995).

Questo avviene perché i precursori del Super-Io (sia persecutori che idealizzati) influenzano l’integrazione dello stesso e portano uno o entrambi i partner alla messa in atto di tratti caratteriali che sono contraddittori, attraverso la manifestazione di atteggiamenti critici e di rimprovero che vanno a sminuire l’altro e tramite l’identificazione proiettiva che induce inconsciamente anche nell’altro un atteggiamento simile (Kernberg, 1995)

Lo stile di attaccamento genitoriale ed i rispettivi disturbi, la diffusione dell’identità, l’instabilità, l’incoerenza, l’incapacità di sviluppare strategie interpersonali efficaci, le gravi o lievi patologie del Super-Io giocano dunque un ruolo importante  nell’eziologia e nel mantenimento della patologia borderline di personalità impedendo dunque di poter intraprendere una relazione d’amore “sana”.

Molti autori si sono però soffermati su un aspetto che caratterizza espressamente la personalità borderline, in quanto occupa un posto esclusivo tra gli affetti ed è vissuta dal soggetto in modo disfunzionale, specialmente per alcuni casi particolarmente gravi di disturbo borderline: la sessualità.

 di Chiara Carnevali

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