Il significato psicologico di Gelosia e Invidia

 

“Gelosia” come:

«Stato di tormentosa ansietà e di intimo rovello, che affigge chi teme che l’affetto della persona amata gli sia sottratto da un rivale o dubita comunque di perderlo o si cruccia di non esserne corrisposto secondo i propri desideri (e nasce da un amore sospettoso ed esclusivo che può tradursi anche in un comportamento insistentemente inquisitorio e vessatorio)» (Battaglia, 1961-2002).

Questa è la prima accezione del termine, secondo il Grande Dizionario della lingua italiana del Battaglia. Emerge sin qui il carattere tormentoso, assillante e sgradevole della gelosia, come ben esprime Boccaccio parlando di un amaro frutto (la gelosia) che nasce da una dolce radice (l’amore) (Boccaccio, 1829). Timore della perdita affettiva, bisogno di esclusività e comportamento indagatore definiscono il sentimento della gelosia, che giunge a comprendere anche l’invidia nei confronti del potenziale rivale, come risulta da una seconda accezione della parola:

«Sentimento di invidia suscitato dal vedersi posposto ad altri nell’affetto, nella stima, nella considerazione di qualcuno; dispetto, risentimento che si prova nel vedere altri godere di favori, di vantaggi, di onori che si desidererebbero avere esclusivamente per sé (Battaglia, 1961-2002)».
Infine, un ultimo significato è il seguente:

«Preoccupazione assillante di mantenere intatto ciò che si possiede e si traduce in un atteggiamento di intollerante diffidenza nei confronti di quanto può interferire nel mantenimento di questo bene; cura esemplare, custodia attenta, riguardo vigile e sollecito per ciò che sta particolarmente a cuore e riveste una particolare importanza (Battaglia, 1961-2002)».

Si introduce così un elemento aggiuntivo nel quadro della gelosia: poiché l’amore è una risorsa estremamente rara e preziosa e ci può essere un Altro che può portarselo via, bisogna fare in modo di preservarlo. Difficile, dunque, operare una distinzione fra gelosia, invidia e zelo dato che la loro sovrapposizione si è trasmessa culturalmente dalle Antiche Scritture, in cui i vocaboli ebraici “quin’a” ed “el quin’a” possono significare rispettivamente gelosia, invidia o ardore, fino a letterati contemporanei, come Gadda e Manzoni (D’Urso, 1995). Nell’Antico Testamento queste sono le parole che il Signore (JHWH in ebraico) rivolge a Mosè:

«Io sono JHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, dalla condizione servile: non avrai altri dèi di fronte a me […]. Non ti prostrerai davanti [agli idoli] e non li servirai. Perché io JHWH, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione» (Es 20,1-5).

E più avanti: «JHWH, il cui nome è Geloso (Quin’a) è un Dio geloso (El quin’a)» (Es 34,14 Dt 5,9). Dunque, amore associato a rabbia e vendetta sembrerebbe essere quello che emerge dalle letture bibliche, d’altro canto, anche l’ammonizione «Io sono il signore Dio tuo: non avrai altro dio all’infuori di me», con cui esordiscono i dieci comandamenti, esprime al meglio questa pretesa di esclusività. Evidente è l’intreccio di questi sentimenti nell’antenato greco del termine gelosia, “zelotypia”, da cui chiaramente deriva il vocabolo italiano “zelo”; lo stesso Lutero nella sua versione della Bibbia utilizza “Eifersucht”, l’equivalente tedesco di zelo, per tradurre “quineah”, la parola ebraica che sta ad indicare la gelosia (D’Urso, 1995). Se dalla lingua greca si sposta l’attenzione al latino classico vediamo come la parola latina “zelus” non significhi soltanto “gelosia” ma anche “zelo”, “ardore” (D’Urso, 1995).

Non da ultimo, secondo alcuni autori (Silver e Sabini, 1978: Smith et al., 1988) la confusione terminologica e concettuale si presenta anche nella lingua inglese come si evince dall’ambiguità semantica della parola “jealousy”, con la quale si può intendere sia il sentimento della gelosia che quello dell’invidia, senza dimenticare che molto spesso si ricorre ad “envy” al posto di “jealousy” (D’Urso, 1995). A complicare ancor di più la questione si aggiunge un’ulteriore confusione sul piano sintattico: perché l’espressione “essere geloso di” può essere rivolta tanto all’oggetto d’amore, di cui si teme la perdita, quanto all’Altro, il rivale, terzo incomodo nella relazione (D’Urso, 1995).

di Valentina Donnari

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