Come avviene il lavaggio del cervello

Lavaggio del cervello e controllo mentale
Con l’abrogazione del reato di plagio nel 1981 viene decretata l’assenza di una norma che tuteli i singoli e le loro famiglie dalle azioni illecite di alcuni gruppi a carattere distruttivo. Tuttavia è assodato che studiosi, medici e specialisti non fanno mistero dell’esistenza di conclamate tecniche di condizionamento mentale applicate all’interno del fenomeno settario.

Risulta curioso, quindi, come sia possibile la convivenza di questo vuoto normativo con l’impiego più che evidente di sistemi di manipolazione. È evidente che la situazione non è ben chiara, in quanto è sotto gli occhi di tutti che sussistono strumenti di coercizione, ma non si interviene in modo appropriato per impedire che essi vengano utilizzati.

Ma in cosa consiste esattamente la manipolazione mentale e che differenza c’è tra questa e il cosiddetto “lavaggio del cervello”?

Hassan ce ne dà una definizione molto chiara e precisa quando sostiene che “il termine “lavaggio del cervello” viene spesso usato come sinonimo di controllo mentale. Di fatto però i due processi sono molto diversi e non vanno assolutamente confusi. […] “Lavaggio del cervello” è un’espressione coniata nel 1951 dal giornalista Edward Hunter […] ed è un processo tipicamente coercitivo, in cui l’individuo sa, fin dall’inizio, che si trova nelle mani del nemico. […] Il “controllo mentale”, chiamato anche “riforma del pensiero”, è più sottile e raffinato. Coloro che lo esercitano sono considerati dalla vittima alla stregua di amici o di propri pari, ed è per questo motivo che i meccanismi di autodifesa non entrano in azione.

La vittima collabora con i suoi controllori senza saperlo. […] Un nuovo sistema di credenze e valori viene progressivamente interiorizzato, strutturandosi in una nuova identità.”

In questa asserzione di Hassan troviamo un concetto assolutamente fondamentale, ossia che la chiave affinché la riforma del pensiero abbia successo è mantenere i soggetti inconsapevoli del fatto di essere manipolati e controllati.

La manipolazione mentale avviene sempre in due fasi: la prima consiste in un disorientamento sensoriale attraverso il quale il soggetto viene estraniato dal proprio ambiente e inserito in un contesto sconosciuto. La “vittima” può rimanere per ore al buio o alla luce, nel silenzio più totale o nel rumore più assordante. Il disorientamento può riguardare anche i ritmi cicardiani facendo saltare totalmente le regolari cadenze di
sonno-veglia e i momenti del pasto. In questo modo si impedisce all’individuo di avere qualsiasi certezza.

Si crea così una totale forma di dipendenza dall’altro: se io non so quando potrò dormire o quando potrò mangiare, questo mi porterà ad essere completamente in balìa di una figura che decide al posto mio. In questa prima fase vi è una regressione all’infanzia: il soggetto dipende totalmente dal leader e viene reso incapace di prendere decisioni.

Sempre in questa fase il soggetto viene fatto soggiornare temporaneamente presso la comunità; gli vengono imposti gli abiti da indossare ed è assoggettato ad un disorientamento affettivo.

I membri della famiglia vengono dipinti come persone impure o come il male, per cui bisogna tagliare i ponti nei loro confronti.
Nella seconda fase il capo spirituale può decidere di instaurare con l’adepto un legame di benevolenza. Ecco allora che si innesca un meccanismo psicologico straordinario per cui l’autorità viene vista come una specie di dio salvifico, come quella figura che, avendo potere di vita o di morte sull’individuo, ha preferito far sopravvivere la vittima. In questo modo l’adepto non potrà far altro che considerarlo come un vero e proprio liberatore.

di Francesca Baratto

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