Perché penso sempre al mio partner: il problema della co-dipendenza

Letteralmente il termine significa la condivisione della dipendenza, e potrebbe essere intesa come un tipo di problematica che tipicamente colpisce una persona la cui esistenza è fortemente condizionata da un rapporto stretto con una personalità dipendente e che provoca in essa squilibri devastanti tanto quanto la malattia del dipendente (Guerreschi, 2000). E’ un concetto ancora fumoso, che non ha ancora trovato un consenso generale nella letteratura scientifica, nemmeno nella sua definizione,  date le difficoltà nel riuscire a delinearne le caratteristiche come quadro a sé stante , non riconducibile a concetti già descritti.

Le definizioni date dai diversi studiosi vedono via via la co-dipendenza come tratto o disturbo di personalità specifico, come disturbo autonomo differente da altri disturbi mentali, come addiction o compulsione, come effetto di un condizionamento ambientale, oscillando tra concetto di malattia o di comportamento appreso.

La co-dipendenza potrebbe  essere intesa come una forma di relazione disfunzionale all’interno della coppia, che  rappresenta una delle modalità con cui la dipendenza in uno dei partners si riproduce sulla coppia e quindi anche sull’intero sistema familiare.

Il termine si è evoluto negli anni ottanta da quello di co-alcolista, utilizzato per designare una persona emotivamente troppo coinvolta ed eccessivamente dipendente da un alcolista (Guerreschi, 2000).   Johnson (1973) , osservando coppie formate da un alcolista e dal suo partner, notò che quest’ultimo spesso presentava inconsciamente aspetti di morboso accentramento intorno alle problematiche dell’altro, contribuendo al mantenimento dello stato patologico del paziente “designato”.

Qualunque tipo di dipendenza, sia essa da sostanze o da comportamenti, tende a creare relazioni simili: il soggetto co-dipendente sviluppa anch’esso una sua particolare forma di dipendenza, che si manifesta nel bisogno irrefrenabile di controllare e prendersi cura del partner. Chi sviluppa una co-dipendenza si trova a sacrificare totalmente la propria vita personale , i propri interessi e persino i propri sentimenti, al fine di dedicare tutta la sua attenzione al partner. Il suo spazio psicologico è totalmente occupato dalla preoccupazione per il disagio del compagno/a, sviluppando una atteggiamento del tipo “ io ti salverò” (Cancrini et al., 1991).

In questa relazione complementare il partner co-dipendente assume il  ruolo di salvatore-genitore, mentre l’altro si impegna nel boicottare i suoi tentativi. Entrambi si trovano assoggettati dalla dipendenza, ed è molto difficile modificare questi copioni, soprattutto perchè la coppia  ne trae beneficio: mentre la persona dipendente si comporta in  maniera irresponsabile, per lo più coperto dalle cure e dalle attenzioni del partner, l’altro ottiene gratificazione nel suo essere “ salvatore “ e si illude di controllare la dipendenza dal compagno , cercando una sorta di sicurezza che però non viene raggiunta.  La persona co-dipendente non è più in grado, al pari della persona dipendente, di vivere serenamente la propria vita, in una situazione che tende sempre più a degenerare con l’aggravarsi della malattia del partner.

I co-dipendenti sono persone che si prendono cura degli altri in maniera eccessiva e totalizzante, in una sorta di ossessione che diventa una trappola: la persona pensa solo all’altro, non reagisce più agli stimoli esterni; se stimolata ad esternare i propri pensieri o le proprie emozioni, reagisce esternando quelli della persona da cui dipende.

Una preoccupazione per il proprio partner che lentamente si trasforma in depressione, isolamento, disturbi fisici, emotivi o anche in fantasie suicide.

Sembrano persone forti , ma in realtà sono estremamente vulnerabili: sono soggetti caratterizzati da  bassa autostima,  forte auto-repressione,  disprezzo di sé  e senso di colpa, che si combinano con l’ossessività nella relazione d’aiuto e tolleranza per l’egocentrismo dell’altro. Tutti tratti che possono , all’estremo , portare ad un annullamento dell’io.

Alcune ricerche (Subby, 1987) , hanno evidenziato che i soggetti co-dipendenti hanno sperimentato, nell’ambiente familiare, un’esposizione a regole oppressive che successivamente impediscono loro di vivere ed esprimere serenamente le loro emozioni. Nella stessa direzione si muovono altre osservazioni ( Whitfield, 1997 ), le quali evidenziano come i co-dipendenti tendono a trascurare i propri bisogni e desideri , e nella negazione di essi, mettono da parte , più in generale, se stessi. Una malattia che è stata denominata “ malattia del sé “.

Alcune caratteristiche familiari , emozionali e di pensiero, tipiche delle donne co-dipendenti sarebbero (Nordwood ,1985):

  • la provenienza da una famiglia in cui sono stati trascurati , soprattutto nell’età evolutiva, i bisogni emotivi della persona;
  • una storia familiare caratterizzata da carenze di affetto autentico che tendono ad essere compensate attraverso un’identificazione con il partner; un tentativo di salvarlo che in realtà coincide con il tentativo di salvare se stessi;
  • una tendenza a ri-attribuirsi nella propria vita di coppia, più o meno inconsapevolmente, un ruolo simile a quello vissuto con i genitori, nel tentativo di ottenere un cambiamento nelle risposte affettive pressochè inesistenti ricevute nella propria vita;
  • l’assenza nell’infanzia della possibilità di sperimentare una sensazione di sicurezza che genera, nel contesto della co-dipendenza, un bisogno di controllare in modo ossessivo la relazione e il partner, nascosto dietro un’apparente tendenza all’aiuto dell’altro.

Secondo un’altra linea interpretativa la forma di dipendenza che si instaura nei soggetti co-dipendenti è del tutto simile alle caratteristiche del disturbo borderline di personalità con cui condivide gli aspetti di dispersione o diffusione dell’identità, sensazioni e vissuti di vuoto cronico; impulsi e compulsioni sullo scenario di un Io debole strutturalmente ( Cemark, 1986). Cemark ha proposoto alcuni criteri diagnostici per il disturbo co-dipendente di personalità:

  • continuo investimento dell’autostima nella capacità di controllare sé e gli altri nonostante l’evenienza di conseguenze negative;
  • assunzione di responsabilità per venire incontro ai bisogni degli altri, fino ad escludere il riconoscimento dei propri;
  • ansia e distorsioni del confine del sé in situazioni di intimità e di separazione;
  • coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di personalità o di pendenti.

A questi, definiti criteri maggiori, l’autore ne aggiunge altri: eccessivo ricorso alla negazione; costrizione delle emozioni; depressione, ipervigilanza, compulsioni; abuso di sostanze; ansia; condizione attuale o pregressa di ricorrenti abusi fisici o sessuali subiti; malattie da stress; permanenza in una relazione primaria con un soggetto dipendente per almeno due anni senza richiedere un aiuto esterno.

Sono criteri che fanno riferimento all’origine della co-dipendenza dall’alcolismo e alla sua iniziale limitata generalizzazione ai disturbi da uso di sostanze; essa verrà applicata successivamente anche ad altre patologie di partner problematici ( caratteriali, borderline, schizofrenici, depressi, etc.).

La co-dipendenza è un fenomeno che arriva, progressivamente,  a distruggere la vita dell’individuo che ne è affetto, ed è per questo che sarà quindi necessario un supporto terapeutico per tali persone tanto quanto per il soggetto dipendente. Non bisogna dimenticare che il soggetto co-dipendente ha in carico una sofferenza interiore enorme.

di Silvia Diolaiuti

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