Come spiegare a mio figlio che sta per arrivare un fratellino?

La relazione fraterna inizia molto precocemente, ancor prima della nascita del secondo figlio: questo legame non è ancora visibile, eppure si sta chiaramente formando, almeno nella mente del bambino più grande, che dopo essere stato informato dai suoi genitori, si prepara ad accogliere il fratellino o la sorellina.

Nel momento in cui i due coniugi hanno scelto di vivere nuovamente le esperienze della maternità e della paternità, qualche timore può accompagnare lo stato di sconvolgimento emotivo generale: essi si chiedono se hanno fatto bene ad avere un altro figlio, se riusciranno a cavarsela con due bambini, non trascurando né l’uno né l’altro e soprattutto si domandano quale sarà il significato che il più grande attribuirà a questo evento e come reagirà (Brazelton e Sparrow, 2007). Fra questi dubbi si insinua un’altra questione fondamentale: quando comunicare al bambino che sta per avere un fratellino?

Alcuni genitori ne parlano da subito, sin da quando iniziano a “progettare” la futura gravidanza, altri decidono di aspettare, ma in ogni caso la psicopedagogia sostiene che, fino ai diciotto mesi di età, l’arrivo di un fratellino comporta pochissimi problemi, perché il bambino non è consapevole dei cambiamenti che lo aspetta, invece dai diciotto mesi ai tre anni l’impatto può essere più pesante e generare difficoltà di adattamento, infine, le possibilità di fronteggiare la nuova situazione saranno maggiori per un bambino di quattro o cinque anni, grazie al suo grado di maturazione. (Capodieci, 2003; Brazelton e Sparrow, 2007).

Dopo la notizia dell’arrivo del fratellino, anche per il bambino si prospettano nove mesi di preparazione all’accoglienza del nascituro: alcun genitori scrupolosi leggono un manuale, altri spiegano semplicemente cosa il piccolo potrà e non potrà fare. In questo periodo è importante che i genitori, nei modi e nei tempi giusti per la sua età, gli spieghino cosa sta succedendo nel corpo della mamma e come ci si potrà relazionare al piccolo, anche stimolando l’acquisizione di nuove capacità, attraverso esempi e suggerimenti quotidiani (Capodieci, 2003).

Difficile stabilire con certezza i sentimenti provati dal bambino in questo periodo, non essendoci ricerche significative in tal senso. Secondo Petri si può ipotizzare che in questa fase predomini un «atteggiamento affettivo positivo, poiché radicali situazioni sfavorevoli da parte dei genitori o conflitti con il fratellino, sono probabili solo dopo la sua nascita.

È possibile supporre un atteggiamento privo di conflitti e non ambivalente, specialmente nelle condizioni di un sistema ben funzionante, cioè in un’atmosfera familiare prevalentemente amorevole» (Petri, 1994 p. 18).

In ogni caso, solamente un contesto emotivo adeguato, in cui trovano espressione tanto le emozioni positive quanto quelle negative, in relazione a gioie e contrarietà legate alla gravidanza, consentirà al bambino di accettare la sua ambivalenza una volta che il fratello sarà nato: egli «sarà quindi preparato alla normalità delle sue reazioni negative vedendo che i genitori si permettono le proprie» (Scalisi, 1995 p. 45).

Al contrario, «ciò che veramente potrebbe far soffrire tutti è l’indifferenza o un ambiente affettivo freddo e controllato» (Scalisi, 1995 p. 46), perché nella pretesa di voler “razionalizzare” ogni cosa, si rischia di perdere un aspetto importante della nostra vita psichica, che da colore e valore alla nostra esperienza: le emozioni.

di Valentina Donnari

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