Il controllo mentale nelle sette

Secondo Steven Alan Hassan, consulente di salute mentale ed ex membro della setta statunitense della chiesa dell’unificazione dei Moon, il controllo mentale non è un processo ambiguo, mistico , bensì è un concetto riferibile a una specifica serie di metodi e tecniche come l’ipnosi o il blocco del pensiero, che influenzano il modo in cui una persona pensa, sente ed agisce. Si tratta di un processo che in sé non è buono né cattivo: a determinare la sua qualità in un senso o nell’altro è l’utilizzo che se ne fa e le finalità che si prefigge. Può diventare distruttivo, ad esempio, quando viene utilizzato per minare la capacità di pensare e di agire autonomamente.

I processi del controllo mentale legati ai fenomeni religiosi o a qualsiasi tipo di gruppo, filosofico o politico, che si possano definire “sette” si legano a queste finalità “distruttive” e racchiudono in loro gli episodi che sono divenuti più noti, sia tra gli accademici sia tra l’opinione pubblica. Hassen, a questo riguardo, scrive:

Il controllo mentale, come viene utilizzato dalla maggior parte dei culti distruttivi, non cerca di fare altro che intralciare l’identità vera dell’individuo –comportamento, pensieri, emozioni- e ricostruirla ad immagine del leader. Lo si fa controllando rigidamente la vita fisica, intellettuale, emotiva e spirituale del membro. Unicità e creatività della persona vengono soppresse. Il controllo mentale settario è un processo sociale che incoraggia obbedienza, dipendenza e conformità. Scoraggia autonomia e individualità immergendo i principianti in un ambiente che reprime la libera scelta. I dogmi del gruppo diventano l’unica preoccupazione della persona. Qualunque cosa o chiunque non rientri in questa realtà rimodellata diventa irrilevante.[1]

Cosa sono le sette?

Il termine “setta“ «tende a comunicare un’immagine di organizzazione statica[2] Ma come tutti i raggruppamenti umani, anche chi vive l’esperienza settaria interagisce in modi speciali e questi modi cambiano nel corso del tempo. È nei loro meccanismi interni che le sette tendono ad essere insolite, tanto che non è così facile riconoscerne la natura.

A volte non si considera il modo in cui una setta opera perché viene erroneamente considerata come gruppi di pazzi o si pensa che le sette siano uguali ai gruppi normali che solitamente si frequentano. Una relazione settaria invece è un tipo di relazione in cui una persona induce intenzionalmente un’altra a divenire totalmente o quasi totalmente dipendente da sé per quanto riguarda la maggioranza delle decisioni più importanti della vita, e fa sì che i seguaci si convincono di possedere qualche talento, dono o conoscenza speciale.[3]

Struttura e caratteristiche delle sette.

Ciò che un ricercatore etichetta come “setta” può non essere riconosciuto come tale da un altro e questo perché, per esempio, alcuni ricercatori considerano solamente i gruppi a fondamento religioso come tali, scartando le miriadi di sette che si formano attorno a una grande varietà di dottrine, teorie e pratiche.

La scomposizione della setta avviene in tre fattori cardine: leader, struttura e riforma del pensiero. Queste peculiarità permettono di stimare la natura di un particolare gruppo o situazione, indipendentemente dalla sua credenza.

Scomposizione della setta

setta

Origini del gruppo e ruolo del leader.

Il leader, ovvero persona di riferimento o al comando di un movimento o di un gruppo, nella maggioranza dei casi sta al vertice della struttura settaria, della quale generalmente è il fondatore, e come tale impartisce decisioni e comandi. Generalmente i leaders hanno queste caratteristiche:

  • Sono autoproclamati, persuasivi e affermano di avere una missione speciale o particolari conoscenze. Ad esempio alcuni di loro affermano di aver riscoperto modi speciali ed antichi per raggiungere l’illuminazione o curare determinate malattie, altri annunciano invece di avere sviluppato progetti scientifici, umanistici o sociali che condurranno i seguaci verso “nuovi orizzonti” di consapevolezza, successo o potere personale o politico.
  • Il carisma è una loro dote fondamentale: necessitano infatti di slancio personale e fascino per attrarre, controllare e gestire il loro “gregge”. Persuadono i devoti a lasciare tutto ciò che gli appartiene come la famiglia, lavoro, carriera e amici per seguirli e alla fine, solitamente, prendono il controllo di proprietà, denaro e vita dei seguaci.
  • Accentrano su di loro la devozione. Mentre preti, ministri, leader democratici e leader di movimenti mantengono la venerazione dei seguaci di Dio, basandosi su principi astratti o sugli interessi del gruppo, i leader di sette invece dirigono su di loro attenzione, amore, devozione e fedeltà. Così facendo riescono, ad esempio, a convincere gli adepti a separarsi dai rispettivi coniugi o dai propri figli come prova di devozione verso i loro confronti.

Struttura: il rapporto tra il leader e i suoi seguaci.

Per mostrare simbolicamente tale struttura è possibile utilizzare l’immagine di una “T” rovesciata dove al vertice, ovviamente, risiede il leader.

  • Le sette hanno una struttura di tipo autoritario.

Il leader viene considerato l’autorità per eccellenza, sebbene possa delegare altri di alcuni poteri allo scopo di verificarne l’accondiscendenza alle sue regole e ai suoi desideri. Ogni decisione tuttavia parte da lui e non esiste altra autorità né sistemi maggiori di giustizia al di fuori del leader: egli ha la gestione finale di tutte le questioni e nessuno può metterne in discussione l’operato.

  • Le sette tendono a essere innovative ed esclusive.

I leader affermano di offrire qualcosa di nuovo, lontano dagli schemi classici offerti dalla tradizione, che possa essere utile per istituire un sistema praticabile di cambiamento che risolverà i problemi della vita o il disagio del mondo.

  • Le sette tendono ad avere un doppio standard etico/morale (logica ingroup-outgroup).

I membri della setta vengono incitati ad essere onesti e amichevoli all’interno del gruppo (ingroup) e a rivelare tutto, anche il più oscuro segreto al leader, mentre vengono incoraggiati a imbrogliare e manipolare i non membri (outgroup).

Nel complesso la filosofia più importante che condiziona l’intera “organizzazione”, è che il fine giustifica i mezzi, punto di vista che permette alla setta di istituire un suo particolare tipo di eticità, al di fuori dei normali obblighi sociali.

[1] Steve Hassan, “Mentalmente liberi – come uscire da una setta”, Avverbi edizione, Roma, 1999

[2] Margaret Thaler Singer con la collaborazione di Janya Lalich, “Cults in our midst – Le sette tra noi”, Jossey-

     Bass Publishers, 1995.

[3] Fillaire Bernard, “Le sette”, Il Saggiatore, Milano, 1998

di Angelo Alabiso

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