Le 4 fasi del lutto di un animale

Le fasi che vengono evidenziate sono ben quattro. Si passa dall’impatto e crisi, all’afflizione e turbolenza affettiva, per giungere alla pena e sconforto e per finire con il recupero o il distacco affettivo (Tizòn, Sforza, 2009).

Prima fase. Impatto e crisi.

Nel momento in cui un soggetto viene a conoscenza della morte di una persona cara, esso attuerà dei comportamenti e una serie di reazioni diverse da ogni altro, infatti, sembrerà in uno stato di shock con momenti di agitazione e angoscia o si sentirà bloccato in un senso di stordimento emotivo.

Sappiamo bene che, quando una perdita avviene in modo inaspettato, può generare nei primi istanti, sentimenti di incredulità e forti resistenze ad accettare la realtà, fino a vivere l’esperienza di uno stato di confusione mentale con la sensazione di essere coinvolti in qualcosa di estraneo, che non appartiene alla propria vita.

Capita spesso che, dopo una perdita importante, il soggetto attui una sorta di diniego, un “Non è successo nulla…” come a rifiutare di riconoscere l’esperienza dolorosa che ha vissuto e che si protrarrà fino a quando il soggetto non si sentirà in grado di affrontarla.

Accanto alle “normali” manifestazioni emotive che seguono la perdita, come disperazione per la scomparsa, crisi di pianto, urla, stati di angoscia e di agitazione, è possibile riscontrare delle reazioni fisiche disadattive per il soggetto come insonnia, inappetenza, rifiuto del cibo, senso di oppressione al petto, mancanza di respiro, difficoltà a deglutire, debolezza muscolare, secchezza della bocca.

Di solito la durata e la profondità dell’impatto e dello shock sono correlate alle modalità con cui si presenta la perdita, con reazioni che diventano più intense in circostanze molto traumatiche o impreviste.

Uno studio ha cercato di connettere l’intensità delle reazioni psico-fisiche ad una classe di eventi raggruppati sotto l’acronimo NASH (Natural, Accidental, Suicide, Homicide) e hanno appurato che l’intensità dello shock e delle reazioni emotive aumenta in progressione a seconda che i lutti siano dovuti a cause naturali, ad incidenti, a suicidi e ad omicidi. Se la morte è naturale e prevedibile come ad esempio quando arriva dopo una lunga malattia, il soggetto avrà molto più tempo per prepararsi ad affrontarla, a differenza di quelle improvvise, come incidenti o cause particolarmente drammatiche, che complicheranno fin dall’inizio le reazioni emotive e la successiva elaborazione del lutto. Se la morte avviene per suicidio ed omicidio subentreranno sentimenti complessi come la colpa, la paura e la rabbia e ciò comporterà un rischio di complicazione per un ritorno al vissuto adeguato.

Nel 2009 è stato svolto uno studio (Lowe, Rhodes, Zwiebach e Chan) riguardante la perdita di un animale avvenuta, in una circostanza improvvisa, cioè dopo un uragano.

Questo studio ha indagato le associazioni tra la perdita di un animale domestico e il funzionamento psicosociale in un campione composto prevalentemente da madri single afro-americane con basso reddito e che avevano vissuto l’esperienza sia dell’uragano Katrina che dell’uragano Rita. Le partecipanti che avevano bassi livelli di sostegno prima dell’uragano erano più vulnerabili alla perdita del proprio animale poiché, sicuramente, riponevano in lui maggior conforto. Ciò ha sottolineato il fatto che la perdita di un animale può prevedere significativamente il disagio psicologico nel soggetto dopo l’uragano.

Seconda fase. Afflizione e turbolenza affettiva.

Passato il periodo di shock, il soggetto torna a vivere la sua vita quotidiana fatta di obblighi, impegni che lo spingono a riprendere i soliti ritmi. Questo momento permette al soggetto di prendere piena conoscenza che la  persona amata non c’è più e allora inizia a percepire un senso di vuoto incolmabile dato dalla sua mancanza. Questa sensazione si ripresenta più volte nel corso della giornata e si viene travolti, all’improvviso, dai sentimenti dolorosi come la tristezza, il senso di colpa, la rabbia ma anche la disperazione, la paura. L’individuo che sente di essere tormentato da questi sentimenti può riscontrare somatizzazioni, insonnia, inappetenza, mal di testa.

Spesso a questo stato acuto di sofferenza, possono comparire anche ansie persecutorie, rancori e risentimenti. Iniziano ad affiorare il rimpianto, la nostalgia che si alternano a momenti di grande dolore, con crisi di pianto. La nostalgia fa si che la persona addolorata interpreti i rumori, le voci e le sensazioni in modo erroneo, come se la persona deceduta fosse ancora con noi. Dopo aver vissuto questi momenti di illusione, subentra una condizione di disperazione profonda e paralizzante.

Tra i sentimenti che vengono vissuti in questa fase, troviamo la pena e la tristezza che si cerca di soffocare per la paura di essere giudicati dagli altri troppo deboli.

Piangere permette di scaricare l’ansia e la tristezza, oltre ad essere una comunicazione interpersonale fondamentale e viscerale. Spesso aiuta piangere in compagnia di qualcuno perché ci fa sentire capiti e dà un significato diverso alle lacrime.

Un altro sentimento frequente è la rabbia. Essere irritati e realizzare esplosioni di odio sono fenomeni comuni come dirigere la collera verso gli altri o se stessi. Nonostante nella nostra società queste emozioni non siano tollerate, queste manifestazioni vengono considerate espressioni normali del lutto.

A questi momenti di irritabilità e di rabbia se ne alternano altri di pena, incredulità e apatia e tutto ciò può durare anche diversi giorni o settimane.

John Bowlby (1969) descrive questa fase con queste parole ” Vediamo quindi come una ricerca incessante, una speranza intermittente, una continua delusione, il pianto, la rabbia, le accuse, l’ingratitudine siano tutti aspetti tipici della seconda fase del lutto, e vadano intesi come espressioni del forte impulso a ritrovare la persona perduta, a recuperarla…”.

Terza fase. Pena e sconforto.

Questa fase è più lunga rispetto alle altre. I sentimenti che il soggetto viveva nella fase precedente come più intensi, ora appaiono più sopportabili. Ora il dolore diviene sordo e continuo e persistono i momenti di disperazione vera e propria, lo sconforto e la paura di subire altre perdite importanti.

In questa fase le attività quotidiane come lavorare, gestire la casa iniziano ad essere pesanti da gestire. Il senso di pena è accompagnato da disturbi fisici e il soggetto non riesce a vivere bene il cambiamento dato dalla perdita.

La tristezza diventa pian piano meno intensa e si vena di nostalgia e malinconia. Gli stati d’animo che prima erano dolorosi e insopportabili, ora divengono tollerati.

Elaborare questi sentimenti a livello conscio ed inconscio risulta essere un compito emozionale decisamente difficile poiché la persona ha il desiderio di custodire i ricordi del deceduto il più vicino possibile alla propria mente ma nello stesso tempo il dolore è troppo grande da ripudiarli e allontanarli.

Solo chi avrà il coraggio di affrontare questi ricordi senza evitarli, riuscirà a trasformarli in un vissuto più tollerabile.

Quarta fase. Recupero o distacco affettivo

In questo periodo il lutto può prendere due strade diverse: quella del recupero, con il ritorno alle attività quotidiane, oppure quella negativa del distacco affettivo.

La persona che “prende in mano” la sua vita e torna ad essere speranzosa nei confronti del mondo, che diviene fiduciosa dell’altro, ha sicuramente avuto dei fattori protettivi che hanno favorito la rinascita come la possibilità di contare su un’altra persona di riferimento, avere delle risorse personali e anche grazie all’aiuto dei propri cari.

Un percorso elaborativo adeguato permette di allontanare e affievolire la paura di ciò che è accaduto e di ciò che potrà succedere riacquistando gradualmente la sicurezza e la speranza nel futuro. Queste sensazioni permettono di dare nuovi significati a ciò che si è perduto e attivano i pensieri positivi nel soggetto.

Ma non sempre questo percorso positivo avviene in ogni persona infatti, in alcuni casi, il percorso elaborativo prende una strada negativa e viene ostacolato dalla colpa persecutoria e dalla percezione dell’irrimediabilità.

I soggetti rimangono ancorati alle illusione di poter riabbracciare, un giorno, il proprio caro o ciò che si è perso e si sprofonda nel sentimento di solitudine e di sfiducia verso il mondo, gli altri e se stessi. Queste modalità favoriscono il ritiro affettivo cioè la tendenza patologica al distacco dal mondo e alla rottura delle relazioni giungendo ad un’evoluzione patologica del lutto rendendo difficoltoso il cammino dell’elaborazione.

di Gessica Mattiacci

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