Come curare il disturbo bipolare: cura, terapia, sintomi

La molteplicità dei quadri clinici, con le diverse varietà di sintomi e con i differenti tipi di decorso e di evoluzione, genera non poche difficoltà d‟inquadramento diagnostico per i disturbi dell‟umore. Se da un lato le manifestazioni tipiche della
depressione e della mania sono facilmente riconoscibili, dall‟altro difficoltà si incontrano nei confronti delle forme attenuate ad esordio precoce, ad adattamento cronico, talora difficilmente separabili dai temperamenti “normali” o dalle
fisiologiche reazioni agli eventi e dai disturbi di personalità.

È difficile ricondurre  queste manifestazioni ai disturbi dell‟umore e può essere discutibile un eventuale intervento terapeutico. Fin dal primo incontro con il paziente è necessario fare una corretta diagnosi ed un‟accurata indagine sull‟eventuale presenza di episodi precedenti. In presenza di un episodio depressivo di rilievo, nella storia del paziente,
di fasi ipomaniacali ha un notevole valore sul piano diagnostico e su quello terapeutico, comportando differenti priorità e diverse strategie terapeutiche:

  • terapie a lungo termine;
  • farmaci antidepressivi;
  • psicoterapia (Wolff L., 2003).

Farmaci

Antipsicotici o neurolettici, sono usati nel trattamento della mania nella fase di mantenimento. Altri farmaci come il diazepam o altre benzodiazepine sono anche usate nel trattamento della mania in fase acuta, ma la sua indicazione principale riguarda l‟azione di prevenzione delle crisi sia maniacali che depressive.

L’acido valproico e la carbamazepina sono ugualmente usati nel trattamento della mania acuta così come nella prevenzione delle ricadute. Anche altri farmaci di più recente introduzione stanno dimostrando una efficace azione nella regolazione
dell‟umore come la lamotrigina e la gabapentina.

I regolatori dell‟umore sono anche utilizzati per prevenire le ricadute nella depressione e alcuni pazienti trovano giovamento dall’assunzione di un regolatore dell’umore durante la depressione. Gli antidepressivi sono utilizzati nelle fasi depressive della malattia: è importane ricordare sempre che generalmente gli antidepressivi richiedono dalle 2 alle 6 settimane per risultati efficaci.

In alcuni casi gli antidepressivi possono indurre un viraggio dalla fase depressiva alla fase maniacale e questa evenienza richiede naturalmente un‟attenzione particolare. Quando la fase acuta della malattia è superata, lo psichiatra dovrà trovare il farmaco più adatto per prevenire e ridurre la frequenza o la gravità delle ricadute.

Il litio è in genere il farmaco di prima scelta ed è efficace nella maggior parte dei pazienti.
Ugualmente efficaci come il litio sono gli altri farmaci regolatori dell‟umore come carbamazepina ed acido valproico, che possono essere utilizzati come farmaci di prima scelta oppure in alternativa la litio, se questo non risultasse tollerato (Imperatore G., Vampini C., Bellantuono C., 2003).

Poiché il decorso della malattia è difficile da predire, è molto importante che il paziente discuta con il proprio medico la possibilità di futuri episodi di mania, depressione o misti prima di decidere di interrompere l‟assunzione dello
stabilizzatore. In quanto gli episodi maniacali, depressivi o misti possono avere un effetto devastante sulla vita di una persona, il trattamento a lungo termine (talvolta per tutta la vita) è spesso indicato.

L’indicatore più importante dell‟adeguatezza del dosaggio rimane la valutazione clinica, cioè la valutazione delle condizioni psichiche e del funzionamento di una persona – “ Come uno si sente e si comporta nella vita di tutti i giorni” – ( Imperatore
G., Vampini C., Bellantuono C., 2003).

Psicoterapia

Da un punto specifico un psicoterapia può essere definita come una tecnica di cura che non fa uso di farmaci o di altri interventi biologici ma che si basa esclusivamente sulla comunicazione, sul colloqui con il paziente. 29

La psicoterapia può essere di grande aiuto. Un obiettivo della psicoterapia è identificare le problematiche (interne ed esterne alla persona) che rendono difficile affrontare la vita e nel contempo cercare nuove strategie per fronteggiare e risolvere tali problematiche.

La psicoterapia aiuta i pazienti a fare fronte alla paura, alla vergogna e all‟ansietà connesse alla malattia e, può aiutarli ad imparare modi nuovi di affrontare le relazioni sociali ed affettive che possono risentire degli effetti della malattia.

A seconda delle capacità e disponibilità del medico, la psicoterapia può essere effettuata dallo stesso medico che prescrive i farmaci oppure da un altro terapeuta con specifica esperienza nel trattare la malattia. Quando la terapia viene effettuata da
due terapeuti è di estrema importanza che entrambi siano in possesso delle informazioni e dei dati clinici del paziente e che si consultino frequentemente.

Questo tipo di terapia può aiutare il paziente a modificare alcune convinzioni errate e parleremo di psicoterapia cognitiva; può servire a modificare determinati comportamenti nel caso della psicoterapia comportamentale; può aiutare a
modificare rapporti sbagliati all‟interno della famiglia e quindi attueremo una psicoterapia familiare; oppure a portare alla coscienza eventi ed esperienze dimenticate alla base del disturbo con la psicoanalisi o semplicemente sostenere e
guidare in modo sistematico il paziente con una psicoterapia di appoggio. Tutte queste psicoterapie si basano su una interpretazione del disturbo mentale ( la teoria), su di una tecnica di colloquio specifica per ognuna di esse e su di alcune regole che i pazienti devono seguire nel corso della terapia ( Gabbard G.O., 1992).

Vediamo nello specifico i vari modelli di psicoterapia, per quanto riguarda il disturbo bipolare la terapia più efficace è la psicoterapia cognitivo-comportamentale: lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti.

Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l‟eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell‟isolamento sociale, e così via.

Il ricordo del passato, come il ricordo dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli. La psicoterapia cognitivo comportamentale quindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause.

La psicoterapia cognitivo comportamentale è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come c’è entrato.

La terapia cognitivo-comportamentale è a breve termine, ogniqualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito. La durata della terapia varia di solito dai tre ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale.

Problemi psicologici più gravi, che richiedono un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall‟uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.
La psicoterapia cognitivo comportamentale è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento. Il
terapeuta cognitivo-comportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi
incontri.

Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi siano stati raggiunti. Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si
conosce dei suoi problemi e delle possibile soluzioni ad essi.

Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta per volta.

Nella psicoterapia cognitivo comportamentale il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del
paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta “psico-educativo”. Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch‟egli, anzi, è
stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di se stesso, sotto la guida del professionista.

Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il problema alla risoluzione dei propri problemi. La psicoterapia cognitivo comportamentale è infatti una
psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta.
Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di avere trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza (Portella L., 2005).

Psicoterapia individuale

Pone la centro del suo interesse l‟individuo e le sue relazioni. Il malessere psicologico di un individuo può manifestarsi in modo generalizzato ma, di solito, esso si manifesta con diversa intensità nei diversi contesti relazionali. Le relazioni instaurate nei diversi contesti hanno infatti ripercussioni diverse sulla persona che, per risalire a quei meccanismi relazionali che le procurano sofferenza, deve essere aiutata ad analizzare i diversi tipi di relazione. Nell’approccio l’individuo viene aiutato a comprendere i modelli relazionali alla base dei comportamenti che creano sofferenza ( Portella L., 2005).

Psicoterapia della coppia e della famiglia

Il rapporto di coppia è un sistema complesso di relazioni che si intersecano su diversi piani che coinvolgono numerose
sfere della vita dell‟individuo. La vita di coppia viene influenzata dalle relazioni con le famiglie d’origine, dal tipo di professionalità, dagli accordi economici più o meno espliciti, dalle amicizie e dalle scelte riguardanti il modo di utilizzare il tempo libero, dalla eventuale presenza di figli o ex mogli e da molti altri fattori.

Ogni atteggiamento individuale nei confronti delle diverse sfere che compongono la coppia è influenzato dall’intensità degli stimoli esterni ma, soprattutto, dall’atteggiamento del partner, a cui inevitabilmente rispondiamo con azioni che, a loro volta, producono retroazioni ( feedback) in un complesso sistema circolare che a volte finisce per limitare la libertà o la sensazione di libertà d‟azione dell‟individuo nella coppia o nella famiglia.

La psicoterapia si propone di studiare i meccanismi che nel tempo hanno reso il rapporto più limitante della creatività individuale.
La psicoterapia a livello relazionale pone al centro della sua attenzione la relazione attraverso cui gli individui esprimono la loro individualità. Di particolare importanza è lo studio della comunicazione, verbale e non, attraverso cui i singoli individui stabiliscono tipi di relazione che nel tempo formando sistemi di relazioni stabili.
Ma i sistemi di relazioni stabili ( con la coppia, la famiglia, il gruppo di lavoro o il gruppo di amici) hanno un equilibrio precario essendo continuamente esposti ai cambiamenti interni (dei singoli individui che li compongono) ed esterni (eventi che costringono il sistema a dare risposte nuove); per questa ragione il sistema attraversa momenti di crisi in cui è necessario un cambiamento a volte difficile e doloroso (Portella L., 2005).

di Paola Di Donato

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