Test per la diagnosi del disturbo bipolare

In questo articolo, vedremo alcuni test per misurare il disturbo bipolare, analizzando sia gli aspetti legati alla depressione sia gli aspetti legati alla mania.

Scale di valutazione della depressione

Il quadro clinico della depressione sostanzialmente uniforme soltanto in apparenza, nella realtà, diversamente interpretabile da diversi autori, e non solo sul piano formale, ma anche su quello dei contenuti. Ogni Rating Scale misura aspetti diversi
del “fenomeno” depressione e/o ogni Rating Scale è funzionale ad una specifica concezione della depressione. È dunque necessario che il clinico, quando deve scegliere una RS per valutare la depressione, tenga presente che: nessuna RS è
abbastanza specifica da poter prescindere da una preventiva diagnosi clinica, o meglio, effettuata mediante le scale di valutazione diagnostica.

Ogni RS esprime il modo in cui l‟autore concepisce la depressione e non è indifferente la scelta dell‟una o dell‟altra scala, poiché ognuna misura entità largamente diverse l‟una dall‟altra. Quando è possibile, è preferibile ricorrere a scale di etero valutazione compatibili a seguito di un colloquio libero piuttosto che a quelle che richiedono un‟intervista strutturata; un‟intervista libera è meglio accettata dal paziente e, se il valutatore è sufficientemente esperto, l‟affidabilità della scala non risulta ridotta ( Hahn C.G., 2005).

Scale di valutazione della mania

Esprimendosi la mania prevalentemente attraverso una fenomenica comportamentale, la sua valutazione richiede, più che un’intervista o un colloquio, un’osservazione protratta. Non a caso la prima RS ideata da Beigel e coll. (1991), la
Maniac-State Rating Scale-MSRS, era una scala attraverso la quale il personale esprimeva un giudizio di gravità e di frequenza dei sintomi osservati durante il turno di assistenza. La MSRS è costituita da 26 item per ciascuno dei quali è necessario fornire separatamente i due giudizi, di gravità e di frequenza, su una scala a 6 punti per la frequenza (da 0= nessuna a 5= sempre) ed a 5 per la gravità ( da 1= irrilevante a 5= molto).

Le aree esplorate dalla scala comprendono il comportamento, la sua qualità del pensiero, l’attività motoria e lo stato dell’umore.

Nel 1973 un‟altra RS per la valutazione della mente è la Rating of mania – ROM messa a punto da Petterson e coll.; si tratta di una scala di facile e rapido impiego, composta da 7 item (oltre a 2 che valutano la gravità globale e l’entità del
cambiamento) valutati su di una scala a 5 punti, che lascia tuttavia scoperti alcuni settori importanti del quadro maniacale, come il contatto sociale, il sonno, l’attività lavorativa e non fa distinzione fra l‟umore e l‟autostima.

Partendo da una revisione critica di questa scala e della MSRS, e tenendo conto della Bech-Rafaelsen Melancholia Scale- BRMES da loro stessi messa a punto, che Bech e coll. (1979) hanno sviluppato la Bech-Rafaelsen Mania Scale- BRMAS.

Al pari della BRMES, la BEMAS è composta da 11 item valutati su di una scala a 5 livelli di gravità accuratamente descritti, che esplora il livello di attivazione psicofisica. La scala misura, infatti sintomi della sfera psichica, come l’umore, i sentimenti di grandezza, l’attività intellettiva ed il comportamento sociale, e sintomi somatici, come l‟attività motoria, il sonno, la libido.

Più o meno contemporaneamente, in Italia, anche Faravelli e coll. (1977) hanno proposto una loro scala di 22 item valutabili nel corso di un colloquio libero. Questa RS esplora l‟aspetto formale del linguaggio, il comportamento sociale, i contenuti psichici ed il sonno; i primi 15 item sono riferiti al tempo dell‟intervista e gli ultimi valutano il comportamento nelle ultime 24 ore. Alcuni item sono valutati su di una scala a 3 punti ed altri su di una scala a 5 punti per rispettare il diverso peso che i sintomi esplorati hanno nel quadro clinico.

Nonostante le buone caratteristiche psicometriche, questo strumento ha avuto una diffusione molto limitata.
Abbastanza recentemente (1994), partendo dalla constatazione che le scale disponibili erano gravate da limiti e problemi che ne limitavano l‟utilità clinica e diagnostica. Altman e coll. Decisero di mettere a punto una loro scala avendo in mente alcuni punti fermi: doveva essere un‟intervista semistrutturata, breve, che valutasse la presenza/assenza dei sintomi, la loro gravità e le loro modificazioni nel corso del trattamento. Ne è nata, così, la Clinical-Administered Scale of Mania –
CARS-M (Altman et al., 1994), i cui item derivano in larga misura dalla Schedale for Affective Dicorder and Schizophrenia – SADS, comprende, inoltre, principali sintomi inclusi nella definizione del disturbo bipolare, della mania e dei sintomi psicotici secondo il DSM-IV, facilitando in questo modo la diagnosi.

Nella valutazione, il clinico deve tener conto non solo del comportamento riferito dal paziente o da lui osservato durante l’intervista, ma anche dei comportamenti riferiti da altri (membri della famiglia, dello staff).

La scala ha dimostrato una straordinaria affidabilità al test-retest sia per la scala nel suo insieme che per le sue sub scale ed un’ottima validità e sensibilità che la rende adatta alla valutazione del cambiamento della sintomatologia.

Nell’ultimo decennio Bauer e coll. (1991) hanno messo a punto l’Internal State Scale – ISS per la valutazione dei sintomi depressivi e maniacali nei pazienti con disturbo bipolare, e Shugar e coll. (1992) hanno proposto il Self – Report Manic
Inventory – SRMI, una scala di 48 item vero/falso che esplora sia la mania che la psicosi. Entrambe queste scale hanno tuttavia, dei limiti strutturali: la ISS, ad esempio, non prende in considerazione alcuni sintomi fondamentali della mania,
mentre la SRMI, per quanto proposta anche come strumento diagnostico, manca di specifici riferimenti agli standard diagnostici classici e sembra essere, perciò, prevalentemente una scala di gravità (Hahn C.G., 2005).

In conclusione di questa prima parte possiamo dire che lo spettro bipolare rappresenta il fenotipo più comune della malattia maniaco-depressiva. Soprattutto la comorbidità di disturbi psichiatrici e disturbi da abuso di sostanze è una situazione comune nella popolazione generale e si traduce anche in un elevata prevalenza di casi di doppia diagnosi nei servizi psichiatrici e per le tossicodipendenze. Il lavoro dello psicologo è, quindi, mirato a migliorare la consapevolezza di sé dei pazienti perché comprendono il funzionamento scisso dei propri stati dell‟Io e possono decidere di cooperare con il terapeuta.

di Paola Di Donato

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