Come Aumentare il Rendimento a Scuola

L’ambito scolastico, come abbiamo già notato, è uno dei 5 domini dell’autostima ed è anch’esso fortemente influenzato dai successi o insuccessi ottenuti, quindi dal livello del nostro senso di autostima ed autoefficacia. Il bambino o il ragazzo che si trova all’interno del contesto scolastico aggiunge ai suoi schemi di sé anche il fatto di essere un bravo studente. Questo assume una doppia valenza in quanto implica sia il confronto, e quindi il giudizio, con un adulto  di riferimento (l’insegnante) che gli fornisce un modello da seguire e soddisfare, sia il confronto con i pari e con le loro rispettive abilità. In ambito scolastico il rapporto con i pari quindi può influire sulla formazione dell’autostima allo stesso modo del raggiungimento di obiettivi.

Secondo la teoria della Harter (1983), inoltre, durante la fase dell’infanzia caratterizzata dal periodo di scolarizzazione i bambini sviluppano il loro senso d’autostima attraverso la modificazione di alcuni comparti del sé. Vengono aggiunti infatti cinque schemi principali collegati a: competenza scolastica, capacità atletica, apparenza fisica, accettazione dei compagni, condotta comportamentale, e un sentimento globale di stima di sé (Pope A., McHale S., Craighead E., 1996).

Altro aspetto che entra in gioco in questa triade (rendimento scolasticoautostimaautoefficacia) è la motivazione. Essa infatti è il motore dell’azione che sollecita lo studente allo studio. Una adeguata motivazione gli permette di impegnarsi nella partecipazione attiva ai processi di formazione, usare in modo ragionato le strategie di apprendimento, essere tenace nei compiti ecc… (Duclos, G., 2007)

Proprio in merito a questi argomenti, Atkinson (1957, 1964) e poi Covington elaborarono teorie sull’autostima collegata con la motivazione al rendimento.

Atkinson affermò che tutti gli individui sono caratterizzati da due forze quali la motivazione al rendimento e la motivazione ad evitare il fallimento. Queste sono forze contrarie che si oppongono l’una all’altra ma che in questo modo creano disposizioni stabili della personalità (Desbouts, C.G., 2006). Tutte le situazioni che implicano il raggiungimento di un risultato  nascondono sono quindi per Atkinson una promessa di successo e una minaccia di fallimento, si crea quindi un conflitto. Il conflitto tra questi due estremi viene vinto dall’uno o dall’altro in base al senso di autostima proprio del soggetto. Infatti individui con buoni livelli di autostima ed autoefficacia si sposteranno verso la polarità del successo, facendo prevalere il loro ottimismo e la  fiducia nelle proprie capacità e riducendo così al minimo il conflitto aumentando in maniera esponenziale la loro possibilità di ottenere un rendimento positivo.  Nel caso contrario invece, persone con bassi livelli di autostima ed autoefficacia, percepiranno il conflitto come irrisolvibile in quanto concentrati esclusivamente sulla presenza e l’anticipazione di possibilità di fallimento: in questo caso le opportunità di successo svaniranno rapidamente in quanto la fuga dalla situazione è vista da parte del soggetto come l’unica soluzione del problema. (Desbouts, C.G., 2006)

La teoria di Covington, che si rifà a quella sopra citata, centra la sua attenzione sulla necessità universalmente estesa di cercare il successo e di evitare il fallimento che produce un sentimento di mancanza di valore personale e di disapprovazione sciale (Covington, 1984a). Questa teoria, adattandosi perfettamente alle richieste sempre più performanti della nostra società, pone come punto focale le abilità possedute degli studenti e come questi le percepiscono. La sua teoria dell’autostima si sviluppa, infatti, a partire da tre concetti: auto percezione delle abilità, sforzo realizzato per raggiungere l’obiettivo e rendimento (Desbouts, C.G., 2006). Lo sforzo gioca un ruolo molto importante in questa teoria. Covington, cercando di rendere relativa l’importanza generalmente attribuita allo sforzo, vuole smontare la credenza che un grande sforzo vada sempre elogiato e il poco sforzo vada, invece, punito dagli insegnati, ingigantendo sempre di più la paura di fallire a scuola e di andare incontro a umiliazione (ibidem). Evidenziando che nelle aule prese in esame “esiste un conflitto di valori tra studente e docente” (Desbouts, G.C., 2006, p.45) Covington propone quindi di cambiare il punto di vista con cui si guarda allo stile di insegnamento, prendendo più in considerazione i sentimenti degli studenti e il loro continuo impegno per mantenere costante la loro autostima, nonostante le continue prove fornite dalla scuola (Desbouts, G.C., 2006).

Inoltre è stato condotto uno studio  da A. Troncone, A. Labella e L.M. Drammis con lo scopo di indagare il potere predittivo di autostima e tratti di personalità nella determinazione del rendimento scolastico. Tale studio è stato inserito all’interno della rivista di psicologia scolastica del 2011 (vol. 10 n° 2).

È stato preso in esame un campione di 185 alunni (101 maschi; 84 femmine) di età media pari a 12.48 anni (DS=1.00) e reclutati presso le prime, le seconde e le terze classi di una scuola secondaria di primo grado di un istituto comprensivo nella provincia

di Salerno.

Gli strumenti utilizzati sono stati:

  • scheda socio demografica (dati anagrafici, componenti della famiglia, analisi curricolari [II semestre anno precedente]),
  • Big Five Questionnaire Children (BFQ-C) (Barbanelli et al., 1998) per la valutazione della personalità dello studente (energia/estroversione, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale),
  • Test Mltidimensionale dell’Autostima (TMA) (Bracken 1992; 1993) per la misurazione dell’autostima (relazioni interpersonali, emotività, com-petenza/controllo sull’ambiente, successo scolastico, vita familiare, vissuto corporeo, scala globale).

Gli strumenti di misura sono stati sottoposti in forma anonima e in momenti differenti all’interno dell’orario scolastico nei mesi che vanno da dicembre a febbraio dell’anno scolastico 2010/2011. L’analisi statistica è stata effettuata tramite l’applicazione del metodo ANOVA – one way (r di Pearson e aplha di Cronbach), con livello di significatività p ≤ 0.05. Infine l’analisi dei dati raccolti è avvenuta tramite programma SPSS (Statistical Package for the Social Science) per Macintosh.

I risultati ottenuti (tabelle in appendice) confermano quindi la multidimensionalità del rendimento scolastico, non riscontrando quindi relazioni lineari causa-effetto. Hanno però riscontrato che le misure di personalità, l’analisi del contesto socio-economico di riferimento, e l’indagine del livello di autostima sono elementi affidabili per l’identificazione di studenti a rischio di fallimento. Questo fatto permetterebbe quindi di creare programmi formativi studiati ad hoc per colmare le mancanze di tali soggetti e portarli quindi ad un innalzamento delle loro possibilità di successo nell’ambito scolastico e un generale miglioramento della percezione di loro stessi.

In conclusione si può affermare, quindi, che anche la scuola parallelamente alla famiglia, primissimo nucleo di socializzazione, può essere un ambiente favorevole in cui i bambini e ragazzi possano prendere sempre di più coscienza del loro valore e sviluppare così un’adeguata percezione di sé (Duclos, G., 2007). L’autostima infatti è il principale fattore di “prevenzione delle difficoltà di adattamento e di apprendimento nei bambini” (ibidem, 247) e per questo genitori ed insegnanti devono sempre supportare i bambini nella ricerca della loro identità e delle loro capacità favorendo così la crescita di persone che potranno affrontare in modo positivo ed adeguato sia gli ambiti familiari che scolastici (Duclos, G., 2007).

 di Eleonora Ceci

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