Minori e tossicodipendenza, droga, alcoolismo, disagio psichico.

 

Minori e tossicodipendenze, alcoolismo, disagio psichico.

Le cause che escludono o diminuiscono l’imputabilità previste dal codice penale appartengono a due species: 1) alterazioni patologiche dovute ad infermità di mente o all’azione dell’alcool o di sostanze stupefacenti; 2) immaturità fisiologica o parafisiologica, dipendenti rispettivamente dalla minore età e dal sordomutismo.

In sintesi si tratta delle cause seguenti: minore età, sordomutismo, infermità di mente, azione dell’alcool, azione degli stupefacenti. Le cause di non imputabilità e quindi di incapacità di intendere e di volere in base al nostro ordinamento escludono o attenuano la punibilità.

Alcoolismo ed uso di stupefacenti sono fenomeni che hanno sempre interessato le scienze criminali per la loro plurima potenzialità offensiva e criminogena. Essi rilevano infatti come fattori pregiudizievoli per la salute individuale e collettiva ( l’eccessivo consumo di alcolici è tra le malattie sociali più gravi e mortali del nostro paese) e come fattori criminogeni, in quanto assumendo l’uso di tali sostanze si favorisce la genesi di azioni criminali.

Il fenomeno della tossicodipendenza negli ultimi anni ha coinvolto in misura preponderante i giovani e progressivamente i minori concentrati maggiormente nelle grandi città a causa della graduale riduzione dell’età della prima esperienza di assunzione di sostanze stupefacenti, dell’aumento del numero dei reati commessi per procurarsi le dosi utili, della maggiore disponibilità nelle operazioni della criminalità organizzata dei minori tossicodipendenti.

Tra le cause che frequentemente inducono i minori all’uso di sostanze stupefacenti vi sono i fattori familiari quali le tormentate relazioni tra i genitori, separazione, divorzio, ostilità, mancanza di calore o di reciproco interesse, un rapporto insussistente tra genitore e figlio con atteggiamenti disciplinari di vago ed inconsistente valore. In ambito familiare si sviluppano particolari dinamiche che provocano nel minore un sentimento di rifiuto inducendolo a ricercare un gruppo alternativo anche se l’atteggiamento di dissenso nei confronti della famiglia originaria non avrebbe carattere decisamente ostile.

A ciò si aggiungerebbero condizioni di disagio economico e di difficoltà lavorativa che favorirebbero l’aumento della marginalità. Occorre però circoscrivere il fenomeno del minore tossicodipendente affermando che esso si riscontra in quei delinquenti che potremmo definire di livello inferiore, di inconsistente profitto e di scarso prestigio all’interno del mondo criminale. Si tratterebbe in definitiva di soggetti privi di apprezzamento poiché falliti nella loro “carriera criminale”.

I reati commessi riguardano in concreto non solo la detenzione, l’uso, e l’acquisto delle sostanze stupefacenti ma configurano le fattispecie di reati contro il patrimonio, caratteristici degli eroinodipendenti e di reati contro la persona, come suicidi, omicidi, lesioni personali, dovuti a stati di angoscia, a terrore suscitato da allucinazioni, a confusione onirica o ad idee deliranti che si esplicitano sotto l’effetto degli allucinogeni. Un terzo dei reati violenti viene commesso sotto l’influenza di alcool essendo ben noto il suo effetto disinibente.

L’assunzione di sostanze stupefacenti da parte di minori di età compresa fra i quattordici ed i diciotto anni pone delicate questioni interpretative per quanto riguarda il rapporto tra i rispettivi ambiti di operatività delle disposizioni del codice penale che regolano, da una parte l’imputabilità degli assuntori di stupefacenti e dall’altra l’imputabilità del minore.

Il legislatore disciplina la rilevanza ai fini dell’imputabilità dell’assunzione di sostanze stupefacenti agli art. 91-95 del codice penale, attraverso un richiamo della disciplina prevista per l’assunzione di alcolici. Il combinato disposto degli art.. 91 e 93 del codice penale prevede l’esclusione di imputabilità per colui che al momento del fatto non aveva la capacità di intendere e di volere a causa dell’effetto di sostanze stupefacenti assunte per caso fortuito o per forza maggiore; nel caso in cui la capacità sia non del tutto assente ma grandemente scemata è prevista una diminuzione di pena.

Quando invece l’assunzione degli stupefacenti non è dovuta a caso fortuito o forza maggiore l’imputabilità non è esclusa né diminuita. E se addirittura l’assunzione è stata preordinata al fine di commettere il reato o di prepararsi una scusante la pena è aumentata. Un aggravamento di pena è previsto anche per il caso in cui il reato è stato commesso sotto l’azione di stupefacenti da chi è dedito al loro uso.

E’ prevista, inoltre, l’applicazione delle norme sul vizio parziale e totale di mente per i reati commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da sostanze stupefacenti. In dottrina queste ipotesi prese in considerazione e disciplinate dal codice penale prendono rispettivamente il nome di “assunzione accidentale”, “volontaria”, “preordinata”, “abituale”,”cronica intossicazione”.

All’assuntore di stupefacenti si estende il trattamento previsto per il consumatore di alcolici il che si spiega facilmente se si pensa che all’epoca in cui è stato redatto il codice, la diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti era certamente minore rispetto all’assunzione di alcolici.

Va tenuto presente che il minore tra i quattordici e i diciotto anni è imputabile se al momento in cui ha commesso il fatto, aveva la capacità di intendere e di volere, e che tale capacità è stata individuata dalla dottrina nel concetto di maturità psichica. Considerando che l’evoluzione richiesta non deve coincidere con una maturità completa, nel campo intellettivo, etico e volitivo, ma con una capacità sufficiente a rendere il minore consapevole del disvalore sociale dell’atto ed in grado di determinare la sua condotta in relazione all’atto, può verificarsi il caso per cui gli indicatori, individuati dalla giurisprudenza come elementi sintomatici di immaturità o maturità del minore possano essere influenzati da un’assunzione di stupefacenti fatta con una certa continuità protratta nel tempo. Ecco quindi il sorgere del problema di comprendere se tale assunzione debba essere considerata quale indicatore di immaturità oppure valutata come non influente sull’imputabilità. E’ possibile in prima analisi individuare diversi stadi legati all’uso di stupefacenti. Il primo stadio è quello dei semplici consumatori definiti come coloro che usano la droga, qualunque essa sia saltuariamente o in situazioni eccezionali; oppure anche in modo ripetuto ma utilizzando dosaggi del tutto innocui e mantenendo sempre la possibilità di interrompere l’assunzione senza risentirne conseguenze.

Il secondo stadio è individuato nei tossicodipendenti, cioè in coloro nei quali la dipendenza si è instaurata a causa del protrarsi dell’uso. Nel tossicodipendente si è ormai innescata una dipendenza psichica e se la droga è idonea anche quella fisica. Lo stadio più grave è quello della tossicomania che caratterizza quelle persone, quasi esclusivamente gli assuntori di eroina, per i quali la droga rappresenta l’unica ragione di vita. Tanto il semplice consumatore quanto il tossicodipendente sono sempre ritenuti imputabili e nei loro confronti va applicata la circostanza aggravante qualora risulti la preordinazione criminosa e di abitualità. Per quanto concerne l’intossicazione cronica la sua identificazione è oggetto di diverse discussioni dottrinarie.

Rari comunque sono i casi di minori per i quali si può parlare di vera e propria tossicodipendenza, trattandosi piuttosto di ragazzi che muovendo da un complessivo disagio esistenziale e da condizioni di depauperamento affettivo e culturale, vedono nella droga un mezzo per superare difficoltà di identificazione, per integrarsi in un gruppo, per sentirsi partecipi  di un certo tipo di sottocultura giovanile. Il rapporto con la droga resta caratterizzato pertanto da questo tipo di motivazioni e se anche tende a rafforzarsi in relazione all’aumento della dipendenza psicologica ed alla conferma della disistima di sé, raramente giunge alla soglia della vera dipendenza.

L’assunzione di stupefacenti assume le caratteristiche di una vera e propria tossicodipendenza solo fra i diciotto ed i ventuno anni, trovando nell’età precedente l’origine del fenomeno, con conseguente esclusione, in questa fascia di età, della cronica intossicazione.

Abbiamo detto che l’imputabilità non è né esclusa né diminuita dall’assunzione volontaria di stupefacenti prima di commettere un fatto costituente reato. Per quanto riguarda i minorenni il codice penale prevede sempre una valutazione della capacità di intendere e di volere prendendo in considerazione la realtà soggettiva dell’imputato vista nella sua evoluzione. Quindi, mentre l’art. 93 del codice penale prevede un accertamento relativo al solo momento della commissione del reato, finalizzato a verificare se il minore era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, l’art. 98 richiede una valutazione globale del minore nel suo aspetto evolutivo.  La maturità fisio-psichica che deve essere valutata per l’accertamento dell’imputabilità in riferimento alle caratteristiche del reato di volta in volta commesso e questa valutazione deve essere effettuata in relazione sia al momento della consapevolezza che della volontà.

E, se in generale, possiamo ritenere che i minori assuntori di sostanze stupefacenti, anche in considerazione del tipo di reati usualmente commessi, siano in grado di percepire l’illiceità del proprio comportamento, non altrettanto è possibile fare per quanto riguarda l’aspetto della volontà, dell’attitudine a determinarsi nella scelta fra il bene ed il male, il lecito e l’illecito.

Nel comportamento del tossicofilo sono riscontrabili evidenti segni di immaturità, i quali potrebbero portare ad un proscioglimento ex art. 98 c.p.. Nella pratica però a parte quei rarissimi casi in cui le condizioni del soggetto sono così deteriorate da condurre facilmente al  riconoscimento dell’incapacità di intendere e di volere, normalmente le caratteristiche e le problematiche di questi ragazzi non vengono prese esplicitamente  in considerazione   e non viene attribuita autonoma rilevanza al loro rapporto con la droga, fattore che anzi gioca implicitamente in modo sfavorevole all’imputato, comportando spesso una carcerazione preventiva più lunga ed una pena più pesante nonché una maggiore resistenza alla concessione del perdono giudiziale.

Il minore autore di illeciti penali riconosciuto capace di intendere e di volere ancorché tossicodipendente è quindi imputabile e punibile. La disciplina dell’abuso di sostanze stupefacenti, prevista dal Testo Unico del 9 ottobre 1990 n. 309 prevede agli art. 73 e 74 delle sanzioni penali legate a fattispecie criminali ricorrenti anche nell’esperienza giudiziaria minorile.

L’art. 73 comma 1 del Testo Unico punisce chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre, cede o riceve  a qualsiasi titolo distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti  o psicotrope, con la reclusione da otto a venti anni. In questa ipotesi non è applicabile il perdono giudiziale che viene concesso dal giudice qualora questi ritenga che il colpevole minorenne- di un reato per il quale la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni- si asterrà dal commettere altri reati.

Sostanzialmente l’uso di sostanze stupefacenti costituisce per i minorenni autori di reato un fattore che può  dar luogo ad un aggravio della pena, pur attivando una serie di servizi che sono previsti nel programma terapeutico di riabilitazione per il quale il minorenne deve manifestare la propria disponibilità di volersi o meno sottoporre.

I rapporti tra droga e criminalità rappresentano attualmente uno dei campi di maggiore interesse dei ricercatori che tentano di verificare in modo sistematico ipotesi riguardanti la dinamica economica del mercato illegale di droga, gli effetti dei diversi tipi di trattamento sulla criminalità dei tossicodipendenti e l’evoluzione nel tempo delle carriere criminali connesse con l’uso della droga.

Le relazioni causali tra consumo di droga e delinquenza sono molto complesse e difficilmente circoscrivibili. Anche se molti tossicodipendenti commettono reati specifici esiste una rilevante percentuale di tali soggetti che non fa ricorso a reati per procurarsi droga .

Oltre alla criminalità costituita dal possesso, dallo spaccio, dall’acquisto e dal consumo di droga (criminalità che risulta direttamente legata alla legislazione in vigore)  si possono analizzare i rapporti diretti ed indiretti che esistono tra uso di droga ed altri tipi di reato: i rapporti diretti sono relativi ai reati commessi sotto l’influsso delle sostanze stupefacenti ed a causa dei loro effetti psicopatologici, mentre i rapporti indiretti riguardano i reati commessi per procurarsi la droga.

Nell’ambito dei rapporti tra droga e criminalità, oltre al reato come conseguenza dell’uso di droga, bisogna tener presente anche il fenomeno della tossicomania, che consegue o si sviluppa parallelamente alla delinquenza e che da luogo nella maggior parte dei casi al rafforzamento della carriera criminale.

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