Come fare un esperimento in psicologia

IL METODO SPERIMENTALE NELLE APPLICAZIONI PSICOLOGICHE

Esiste un tipo di ricerca che è al tempo stesso momento di conoscenza scientifica della realtà e contributo all’attivo cambiamento di essa. Questo tipo di ricerca si propone di studiare con rigore metodologico

1. Come il cambiamento  avvenga e in che misura;

2. Nel caso in cui non avvenga come ipotizzato, quali fattori lo ostacolino, quale intervento tra i tanti possibili lo favorisca di più;

3. Quali siano gli effetti del trattamento a breve e a lungo termine.

E’ questa una ricerca per molti versi riconducibile alla ricerca-azione, un modo di coniugare sperimentazione e finalità applicative, cioè di “fare ricerca mentre si interviene”.

La ricerca-intervento si caratterizza per tre elementi:

  • la verifica delle ipotesi teoriche su un dato oggetto di studio e l’azione tendente alla sua modifica avvengono in parallelo;
  • i destinatari dell’intervento sono direttamente coinvolti nei diversi momenti di definizione e verifica degli obbiettivi della ricerca,
  • il modello si basa su un processo ciclicamente ricorrente: formulazione delle ipotesi e degli obbiettivi-attuazione di strategie di azione formativa-verifica degli effetti dell’intervento-aggiustamento e riformulazione di ipotesi e obbiettivi (Moderato – Rovetto, 2001, 96).

La ricerca-intevento presenta rilevanti problemi metodologici.

Di essi il principale attiene alla necessità di modificare in itinere il disegno della ricerca, sia per quanto riguarda le variabili, sia per quanto riguarda il campionamento.

Nel corso della ricerca è possibile che si verificano condizioni che non consentano l’approfondimento di una o più delle variabili da esplorare e che invece acquistano importanza altre variabili prima trascurate.

Quanto al reperimento di soggetti, mentre la ricerca di base prevede il campionamento casuale, nel caso di una ricerca-intervento riferita ad un gruppo, a un’organizzazione o a un territorio, ne il campionamento, ne l’eventuale perdita dei soggetti sono casuali.

La visione del mondo del ricercatore, le sue capacità relazionali e i suoi valori assumono una forte rilevanza (Moderato – Rovetto, 2001, 97).

Problemi del tutto pecualiri si pongono relativamente alla definizione dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella ricerca: ricercatore, committente, utente.

Il ricercatore non può ridursi soltanto a un tecnico. Se fra istituzione, committente e ricercatore non vi è accordo sugli obbiettivi, occorre riformulare il bisogno e arrivare a una mediazione, nella quale gli obbiettivi vengano contrattati, se gli utenti sono diversi dai committenti, occorre contrattare anche con loro l’obbiettivo nel caso in cui esso non risulti condiviso (Moderato – Rovetto, 2001, 97).

Nella ricerca intervento in contesti scolastici lo psicologo si trova spesso davanti a richieste di tipo diagnostico clinico da parte della direzione scolastica e degli insegnanti: gli si chiedono interventi nei quali viene delegata all’esperto la soluzione di casi-problema, mentre vengono rifiutati interventi che coinvolgono in prima persona la scuola e i suoi operatori (Moderato – Rovetto, 2001, 97-98).

La sperimentazione applicativa sia essa connotata come ricerca azione sia come momento conoscitivo legato a un intervento, rappresenta un processo di problem solvine, nel quale la situazione problema può essere costituita da uno stato di disagio fisico o psichico che richiede una terapia, o da una condizione di rischio di patologia che sollecita un intervento preventivo o, ancora, da uno stato di non competenza che richiede un intervento di addestramento o di formazione e cosi via.

Le diverse tappe sono:

  • Delimitazione del problema in termini non generici;
  • Formulazione di una ipotesi diagnostica mirata alla comprensione della matrice storico evolutiva del problema e degli aspetti strutturali che lo mantengono e non ne consentono la soluzione;
  • Definizione delle mete per il cambiamento che si ipotizza cica la situazione diagnostica;
  • Intervento mirato alla soluzione del problema;
  • Verifica periodica del cambiamento effettivamente avvenuto rispetto alle mete proposte;
  • Periodo di Follow-up a distanza del termine del trattamento, allo scopo di valutare la stabilizzazione o meno nel tempo degli effetti ottenuti (Moderato – Rovetto, 2001, 99).

La ricerca sperimentale di base tende a ridurre la complessità del fenomeno studiato, componendo le singole variabili per poi ricomporle a posteriori come in un mosaico all’interno della teoria di riferimento. Durante una ricerca clinica o educativa o psicosociale è invece indispensabile un’analisi complessiva di ciò che avviene nel soggetto, nella famiglia e nel gruppo (Moderato – Rovetto, 2001, 99).

Nella sperimentazione si tende al massimo controllo delle variabili, usando gruppi di controllo e di confronto rigorosamente costruiti, allo scopo di ridurre il più possibile la variabilità dovuta a “errore”.

Il controllo tra gruppi è in psicologia applicata spesso poco affidabile da un punto di vista metodologico: è difficile trovare famiglie, o classi, o reparti di fabbrica veramente confrontabili; il metodo dell’appaiamento che funziona bene in laboratorio, non è quasi mai applicabile rispetto a tutte le molteplici variabili di rilievo.

Di fatto, il problema della equivalenza dei gruppi e del “controllo” è fra i più difficile da risolvere nella metodologia della ricerca applicativa.

Piuttosto comune per evitare minacce alla validità dei disegni sperimentali è la possibilità di assegnare ai gruppi i soggetti, in modo che essi risultino equivalenti. Nella ricerca sperimentale il metodo per garantire l’equivalenza è la randomizzazione (casualizzazione) che prevede due aspetti: la selezione casuale dei soggetti dalla popolazione di riferimento e l’assegnazione casuale ai gruppi (Moderato – Rovetto, 2001, 99).

Quando ne l’assegnazione casuale, ne l’appaiamento risultano possibili, si verifica la condizione che la metodologia classica definisce “quasi sperimentale” la ricerca può contare su un gruppo di controllo non equivalente.

In questi casi i controlli sono meno attendibili.

Nel caso di ricerche che paragonano più gruppi prima e dopo il trattamento, occorre perciò una valutazione della somiglianza iniziale fra i gruppi. Una marcata differenza sulle variabili di interesse rende il confronto inattendibile. Inoltre su gruppi non equivalenti in partenza è più probabile che agiscano in modo differente le variabili non controllate che minacciano la validità della ricerca (Moderato – Rovetto, 2001, 100).

I alcuni casi formare il gruppo di controllo è impossibile per motivi tecnici o per regioni etiche.

Un’ulteriore considerazione va fatta a proposito della possibilità/necessità del controllo metodologico, problema fondamentale nella ricerca sperimentale.

Negli ambiti applicativi, specie educativi e clinici, la varianza di “errore”, attribuibile a mancato controllo delle variabili, può diventare un’essenziale fonte di informazione sulla diversità dei soggetti e degli effetti. E’ di scarso valore sapere che un training riabilitativo funziona mediamente meglio in un certo gruppo di portatori di handicap, in presenza di un’elevata variabilità entro un gruppo, se non si può capire perché l’effetto sia ridotto in alcuni dei suoi membri.

Un disegno correlazionale può ovviare parzialmente all’impossibilità di una selezione casuale dei soggetti: una volta acquisito un campione sufficientemente ampio, pur se non casuale, si può procedere mettendo in relazione le caratteristiche dei soggetti campionati con le variabili osservate, scelte per la ricerca (Moderato – Rovetto, 2001, 101).

Anche i criteri di verifica della “significatività” dei risultati ottenuti cambiano nella ricerca applicata.

L’interesse del ricercatore è diretto non tanto a valutare con l’analisi probabilistica l’interferenza delle variabili di disturbo (non eliminabili metodologicamente), quanto piuttosto a verificare se l’effetto del trattamento è cosi rilevante da superarne l’influenza e da affermarsi come significativo (meaningful) in relazione agli obiettivi prefissati.

Di fronte a questo interesse pratico che peraltro corrisponde alle aspettative degli utenti e dei committenti, anche il criterio della significatività deve cambiare: passa in secondo piano la “scommessa” consueta nella ricerca conoscitiva, sulla probabilità di respingere l’ipotesi nulla H0 (l’effetto ottenuto non è diverso di quello che si otterrebbe per caso) in favore all’ipotesi alternativa H1 (l’effetto è dovuto al trattamento).

Il problema è sapere non tanto se l’effetto può o no essere ritenuto casuale, quanto piuttosto se la sua entità è adeguata alle mete riproposte. Si afferma insomma la necessita di una diversa modalità di verifica del risultato ottenuto nella sperimentazione, che tenga conto dell’insieme complessivo delle variabili in gioco e della sua pregnanza in relazione agli obbiettivi proposti (Moderato – Rovetto, 2001, 102).

Anche nella ricerca psicologica di base non mancano difficoltà nel costituire campioni adeguatamente stratificati e rappresentativi.

Proprio in conseguenza di ciò gli studi vengono spesso compiuti ricorrendo ai campioni più facilmente reperibili.

Nelle ricerche applicate che prevedono l’uso di gruppi, la composizione dei campioni quasi mai può essere determinata con i criteri di casualità o di stratificazione tipici dei disegni sperimentali.

Si tratta perlopiù di campioni già precostituiti o non differenziabili rispetto a variabili quali l’età, il sesso, il livello socioculturale, il livello motivazionale (Moderato – Rovetto, 2001, 102).

Un altro problema che si pone, relativamente al campione nelle ricerche ti tipo longitudinale è la perdita di soggetti durante la ricerca (Moderato – Rovetto, 2001, 103).

Nella ricerca applicata si pone l’esigenza di usare strumenti adatti a monitorare gli effetti dell’intervento durante il suo svolgimento.

Gli strumenti di rilevazione devono poter essere somministrati in modo semplice e rapido, per consentirne la frequente ripetibilità nel corso della ricerca.

Da questo punto di vista risultano poco adatti per le ricerche longitudinali i test psicometrici, anche se ottimi mentre sono più utili strumenti agili anche se meno standardizzati come i termometri su cui i soggetti stessi o gli osservatori esterni compiono delle valutazioni relative alle principali variabili in esame.

Questionari, check-list, self report e gruglie di osservazione già valicati per altri ambiti, vanno preliminarmente adattati non solo al contesto culturale, ma spesso anche allo specifico campione su cui si lavora.

I questionari o gli intentari come (MMPI o le scale d’asia e quelle di depressione hanno un’attendibilità ridotta, se applicati a pazienti con gravi problemi o con scarsa mtotivazione.

I test proiettivi per le loro peculiari caratteristiche non possono essere usati ripetutamente per seguire l’andamento nel tempo delle variabili studiate.

Strumenti essenziali restano il colloquio, l’intervista, il rating compilato del cliente o dell’operatore (Moderato – Rovetto, 2001, 104).

I disegni di ricerca applicativi privilegiano misurazioni in fasi successive delle variabili da modificare mediante il trattamento.

Lo studio nel cambiamento nel tempo di certe variabili è uno dei temi più frequenti nella ricerca clinica, educativa, psicosociale.

Spesso il cambiento è valutato all’interno di un unico gruppo, confrontando le medie delle rilevazioni effettuate negli stessi soggetti in due diversi momenti temporali (Moderato – Rovetto, 2001, 104).

Un differente metodo per controllare la variabile tempo nella ricerca s gruppi molto piccoli o su casi singoli, è quello usato nei disegni sperimentali che prevedono la raccolta e l’analisi di una serie di dati disposti longitudinalmente.

Questi disegni vengono definiti a baseline dalla letteratura di orientamento behaviorista, anche se essi sono indipendenti da una specifica teoria e pertanto possono essere utilmente inseriti in disegni di ricerca dedotti da altri modelli teorici (Moderato – Rovetto, 2001, 105).

Il disegno a caso singolo, ampiamente rivalutato nella ricerca sperimentale è un caso particolare della ricerca intrasoggetto che focalizza l’attenzione sul cambiamento nel tempo di alcune variabili rilevanti per il modello.

Il soggetto è controllo a se stesso nelle varie fasi dell’intervento e l’uso di sequenze alternative fa da “controllo logico” per confrontare ipotesi contrapposte nella spiegazione degli effetti di ciascuno di essi (Moderato – Rovetto, 2001, 108).

Nella ricerca applicativa occorre certamente un cambiamento del criterio con cui dai dati vengono tratte conclusioni di ordine generale: è necessario passare dalla generalizzazione per indizione empirica all’estensione dei modelli teorici su basi empiriche, mediante un’articolazione di studi che costituiscono variazioni del modello stesso, ciascuna in condizioni sperimentali diverse. Maggiore è l numero di condizioni positivamente verificate, più solido e quindi più esteso risulterà il modello di riferimento (Moderato – Rovetto, 2001, 109).

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