Memoria: una definizione in psicologia

La memoria può essere considerata come la capacità di un organismo vivente di conservare le tracce della propria esperienza passata e servirsene per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri. La funzione tramite cui si esprime la memoria è il ricordo, la cui diminuzione e scomparsa determina l’oblio. Con il termine “memoria” si fa riferimento ad abilità molto differenti: dal mantenimento dell’informazione sensoriale, al ricordo del significato delle parole, al nostro patrimonio di conoscenze e ai nostri ricordi personali nonché alla programmazione di azioni future. La memoria è composta da molti differenti sistemi interconnessi con funzionamenti alquanto diversificati che hanno in comune la caratteristica di mantenere le informazioni nel tempo.

Dal punto di vista funzionale si possono enumerare due vantaggi che la memoria apporta all’adattamento del soggetto nel suo ambiente: conservando le informazioni passate essa permette la continuità della coscienza (l’io di oggi è lo stesso di quello di ieri) e l’integrazione dell’esperienza (la percezione del momento presente viene completata dall’esperienza passata e permette un migliore orientamento nell’incontro con l’ambiente).

I processi mentali fondamentali della memoria sono i seguenti. L’acquisizione e decodifica di tracce mnestiche, ossia i processi che reggono il recepimento dello stimolo in forma di segnale e la sua traduzione in una rappresentazione interna registrabile in memoria. L’acquisizione e decodifica può avvenire a partire da un’analisi dei dati in arrivo di tipo specificativo, oppure di tipo generalizzante od estrapolativi.

La ritenzione e immagazzinamento delle tracce mnestiche per un periodo più o meno lungo di tempo: sono i processi di stabilizzazione nel tempo delle informazioni acquisite in memoria, in quanto codificate ed elaborate. Il principale meccanismo di stabilizzazione in memoria, che permette di contrastare l’oblio, è quello della ripetizione o dell’esercizio.

Il Richiamo delle tracce mnestiche nel quale c’è la riproduzione del materiale fissato: sono i processi che operano per far riemergere, ed utilizzare, l’informazione archiviata in memoria. Il richiamo è la produzione attiva dell’informazione registrata in memoria, che differisce dal riconoscimento, che è, invece, il rendersi conto di aver già avuto contatto con un dato stimolo, attraverso un confronto fra lo stimolo che ci viene proposto e quelli incamerati in memoria.

Gli studi sull’apprendimento sono maggiormente centrati sulla fase di acquisizione, mentre quelli sulla memoria comprendono anche le altre due fasi.

Non esiste un approccio unico allo studio della memoria, ma una pluralità di strade seguite nel corso del tempo per cercare di spiegarne le leggi ed i meccanismi

La corrente principale alla base della maggior parte degli studi sulla memoria è stata fornita dal cognitivismo: all’inizio degli anni ’60 il paradigma cognitivista parlava di una mente i cui processi interni ed invisibili (come la memoria), potevano essere finalmente indagati con rigore scientifico, e di un uomo che, da semplice contenitore passivo di stimoli esterni, era ora considerato come un soggetto dinamico in grado di trasformare le informazioni attraverso codifiche e strategie immaginative e mnemoniche. Questo modello, presentato da Atkinson e Shiffrin  prese il nome di Human Information Processing (HIP), in quanto la mente umana poteva essere assimilata alle operazioni svolte da un calcolatore.

Il modello prevede tre stadi corrispondenti a tre magazzini di memoria: il magazzino sensoriale, in grado di catturare l’informazione in entrata proveniente dai sensi e trattenerla per brevissimo tempo; da quei registri l’informazione viene inviata ad un magazzino a breve termine (MBT) in cui possono essere ricordate per pochi secondi o minuti; infine l’informazione può essere trasferita in un magazzino a lungo termine (MLT) dove viene depositata permanentemente, nonostante a volte siano necessari tempi di recupero molto lunghi.

Nel loro modello Atkinson e Shiffrin fanno riferimento a componenti strutturali (ovvero i tre magazzini di memoria) e a processi di controllo, che si riferiscono a tutte le operazioni che vengono svolte consapevolmente al fine di immagazzinare produttivamente un’informazione, favorendone il passaggio dalla MBT alla MLT. Ricordiamo la reiterazione, l’immaginazione e la categorizzazione.

La teoria tripartita di Atkinson e Shiffrin ha consentito di illustrare in modo dettagliato e completo i processi di memoria ma, secondo alcuni autori, presenta criticità in quanto presuppone che i contenuti si fissino in memoria solo con la ripetizione. A tal proposito è fondamentale citare Neisser, secondo il quale il passaggio dell’informazione fra i diversi magazzini dipende dall’attenzione prestata alla stessa, e Craik e Lockhart che svilupparono la Teoria della profondità della codifica, secondo cui la durata della traccia presente in memoria dipende dalla profondità con cui lo stimolo è stato elaborato in fase di codifica.

Dagli inizi degli anni 70 fino alla fine degli 80 il panorama scientifico relativo agli studi sui processi di memoria si è ulteriormente arricchito di nuovi contributi: sono gli anni in cui Baddeley e Hitch introducono il concetto di memoria di lavoro, descritta come un sistema in cui vengono mantenute temporaneamente delle informazioni mentre si svolgono altri compiti. Baddely propone un modello di memoria a due dimensioni, definite come processo articolatorio, coinvolto nell’immagazzinamento e nell’elaborazione del materiale verbale,  e magazzino visuospaziale, con analoga funzione rispetto al materiale visuospaziale. Queste due componenti sono supervisionate da ciò che viene definita Centrale Esecutiva, che sovraintende ai compiti di ragionamento e decisione.

Nel corso degli anni, sono stati definiti diversi tipi di memoria a lungo termine, tra cui quella dichiarativa, che riguarda ricordi che possono essere raccontati, esposti, che a sua volta può essere distinta in memoria semantica, riguardante contenuti con un significato, ed episodica, riferita a fatti, episodi. Si parla anche di memoria procedurale, che fa riferimento al saper fare qualcosa, ai processi appresi (es. saper camminare). La MLT è stata distinta anche tra esplicita, quando c’è consapevolezza, ed implicita e tra intenzionale (es. imparare a memoria una poesia) e incidentale. Un’altra distinzione classica è quella tra memoria retrospettiva, che riguarda ricordi del passato, e memoria prospettica, che attiene al futuro, al ricordo di dover fare qualcosa programmata precedentemente, teorizzata in particolare da Brandimonte. Infine, alcuni autori parlano anche di memoria autobiografica, che riguarda il sé e gli eventi della propria vita.

Per quanto riguarda i metodi d’indagine, la maggior parte degli studi sulla memoria è stata condotta in laboratorio mediante esperimenti che misuravano le capacità mnestiche utilizzando essenzialmente tre tecniche d’indagine. Il riapprendimento, usato sin dalle prime ricerche da Ebbinghaus, in cui il materiale appreso in precedenza dal soggetto viene fatto riapprendere dopo un certo intervallo di tempo: se il secondo apprendimento raggiunge il medesimo criterio del primo in un tempo minore o con un numero minore di prove, allora si può concludere che vi era un ricordo del primo apprendimento. La rievocazione indica tutte quelle situazioni in cui il soggetto ricorda verbalmente. Viene chiamata riproduzione quando il materiale è visivo e viene richiesto di riprodurlo graficamente. Nel riconoscimento invece il soggetto deve identificare gli item da ricordare presentati assieme ad altri, detti distrattori.

Furono Galton, Bartlett e in particolare Neisser ad iniziare una tradizione “ecologica” degli studi sulla memoria, conducendo i loro esperimenti in situazioni naturali.

 Test per misurare la Memoria

A livello psicodiagnostico, scale cognitive che misurano –  tra gli altri fattori –  anche la memoria, sono la scala WAIS di Cohen: il fattore di memoria riscontrato principalmente nei subtest di ragionamento aritmetico e memoria di numeri comprende sia l’immediata memoria meccanica in rapporto a materiale nuovo, sia il ricordo di materiale precedentemente appreso. Oltre a questi subtest, molti altri subtest della WAIS richiedono una buona memoria per tutte le età.

Il profilo di rendimento mnestico (PRM) di Rey, formato da sette subtest più due supplementari, è particolarmente utile per l’esame individuale della memoria in soggetti adulti , con difficoltà di vario tipo e di varia entità connesse soprattutto al deterioramento.

Il reattivo delle figure complesse di Rey, permette di distinguere i casi di insufficienza mnemonica dai problemi di organizzazione visuo-motoria.

Il test di memoria comportamentale di Rivermead (RBMT), è uno strumento particolarmente utile nell’evidenziare deficit di memoria nel quotidiano e permette di seguire eventuali modifiche nel tempo dei deficit mnestici di pazienti cerebrolesi dopo un eventuale lavoro di riabilitazione.

Gli studi sui processi mnestici in ambito cognitivo hanno trovato diverse applicazioni. Ad esempio nella scuola si sta diffondendo l’utilizzo di metodi di memorizzazione del materiale (verbali o visivi) con l’intento di potenziare le capacità mnestiche di soggetti che presentano problemi di apprendimento. Esempi tipici di tali tecniche sono gli acronimi (parole artificiali le cui componenti rappresentano dei suggerimenti per ricordare ciò che si deve memorizzare) e gli acrostici (frasi in cui le lettere iniziali di ogni parola corrispondono al termine da ricordare). Athinson e Raugh hanno elaborato una tecnica per apprendere le lingue straniere (metodo della parola chiave) che consiste nell’associare una parola foneticamente simile alla parola straniera da ricordare e si costruisce un immagine mentale che collega i significati delle due parole. Tra le tecniche di associazione visiva, la più comune è la link system che consiste nel costruire un’immagine visiva di ciascun item da apprendere e nel metterli in relazione l’uno con l’altro.

A livello clinico, è importante indagare le capacità mnestiche dell’individuo in quanto i disturbi della memoria sono rintracciabili in varie sindromi, malattie congenite o degenerative, quali ad esempio afasia, encefalopatia, demenza, malattia di Huntington, malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson, ma anche in pazienti psicotici gravi (dove il disturbo di memoria, legato soprattutto alla memoria a breve termine, è particolarmente connesso a difficoltà di attenzione verso il mondo esterno) e in pazienti alcolisti cronici (dove il disturbo mnestico è il risultato di un più generale deterioramento delle funzioni mentali che può degenerare nella Sindrome di Korsakoff).

Un ulteriore interessante risvolto applicativo della memoria in campo psicologico è costituito dalla psicologia della testimonianza processuale in cui l’esattezza, l’accuratezza e la veridicità del ricordo hanno un’importanza fondamentale perché quest’ultimo è strettamente collegato ad un esito giudiziario.

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