Perché i bambini dicono le bugie: una ricerca ce lo spiega

Tra le tante ricerche condotte sul tema della menzogna nei bambini, quelle che sembrano essere più ricche di prove empiriche e aver prodotto i risultati più interessanti sono quelle che fanno riferimento alla teoria della mente. Questo costrutto, elaborato alla fine degli anni Settanta, implica la capacità nei bambini di interpretare il comportamento degli altri attribuendovi intenzioni, sentimenti e credenze, nonché la capacità di riprodurre mentalmente le rappresentazioni mentali altrui.

Secondo la teoria della mente, affinché il bambino riesca a raggiungere il “traguardo della menzogna” deve saper compiere due operazioni mentali distinte:

  1. attribuire all’altro una credenza vera, cioè il bambino riconosce una credenza vera nella mente dell’altro, ovvero quando nella mente dell’altro c’è una corrispondenza corretta tra la credenza e la situazione esistente;
  2. attribuire all’altro una credenza falsa o erronea, ovvero il bambino è in grado di riconoscere quando nella mente dell’altro c’è una rappresentazione erronea della situazione. In quest’ultimo caso, il bambino si rende conto che le persone si comportano in base alle proprie rappresentazioni della realtà, anche qualora fossero sbagliate.

Per verificare la reale capacità del bambino di riconoscere le false credenze sono state messe a punto numerose prove con diverse varianti, ma in questa sede faremo riferimento soltanto a due test classici: il test del trasferimento inatteso e quello della confezione ingannevole.

Nel primo test, quello del trasferimento inatteso messo a punto da Simon Baron-Cohen, Alan Leslie e Uta Frith [25], la situazione sperimentale è la seguente: “Il bambino assiste a una scena nella quale vi sono due bambole, Anne e Sally. A un certo punto Sally nasconde la sua biglia in una scatola ed esce. In sua assenza, Anne prende la biglia dalla scatola e la nasconde in un cesto, all’insaputa di Sally.

Quando Sally ritorna, vuole giocare ancora con la biglia. La domanda cruciale per il bambino che ha osservato la scena è la seguente: “Sally dove andrà a cercare la sua biglia?”. Il bambino in grado di comprendere la falsa
credenza di Sally indicherà la scatola, e non il cesto in cui la biglia si trova realmente.

La risposta corretta significa una comprensione adeguata della situazione grazie alla capacità del bambino di adottare la prospettiva di Sally e di avere una corretta riproduzione della sua rappresentazione mentale. Il bambino che risponde invece in modo sbagliato e ritiene che Sally cercherà la biglia nel cesto (anziché nella scatola), commette ciò che è stato chiamato un “errore di realtà””26.

Il secondo test, quello della confezione ingannevole, è una prova costruita da Josef Perner, Sue Leekam e Heinz Wimmer e prevede la seguente situazione sperimentale: “Al bambino viene fatta vedere una confezione di confetti Smarties e gli si chiede che cosa contenga. Egli risponde, di norma, in modo corretto.

Subito dopo, il ricercatore gli fa vedere che la confezione contiene invece una matita e non confetti. Dopo averla chiusa, gli pone tre domande. Con la prima verifica che cosa contiene realmente la confezione in quel momento. La seconda valuta la sua falsa credenza iniziale (“Che cosa pensavi ci fosse nella confezione quando l’hai vista all’inizio?”).

La terza domanda riguarda l’ipotetica risposta di un amico al quale si chieda che cosa contenga la confezione, ed è volta a verificare se il bambino è in grado di riconoscere la falsa credenza da parte di un terzo”.
Generalmente, i bambini di quattro anni superano le prove delle false credenze, ma la costruzione di una “teoria della mente” costituisce un processo continuo e non un evento improvviso. Diversi ricercatori, infatti, tra cui Michael Chandler, Suzanne Hala e James Russel, hanno dimostrato come anche bambini di 3 anni siano in grado di superare prove simili, ma a patto di partecipare attivamente alle situazioni e non di osservarle solo in modo passivo.

Sebbene i teorici della teoria della mente abbiano sostenuto che il superamento del test delle false credenze costituisca il requisito fondamentale affinché i bambini siano in grado di acquisire competenza nel mentire, in quanto processo essenziale per indurre il bambino a generare false credenze nell’altro attraverso la menzogna, altre scuole di pensiero non sono concordi con tale affermazione.

Bibliografia

  • S. BARON-COHEN, A. LESLIE, U. FRITH, Does the Autistic Child have a “Theory of Mind”?, in Cognition, 1985:21: 37-46
  • Luigi ANOLLI, Op. cit., pp. 36-37
  • Josef PERNER, Sue LEEKAN, Heinz WIMMER, Three years old difficulty with false belief: the case for a conceptual deficit, in British Journal of Developmental Psychology, 1987:5:125-137. 20

di Francesca Baratto

Francesca foto seria

 

 

 

 

 

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