Disturbi della Memoria di Lavoro: Sintomi, Cura, Diagnosi

Come abbiamo detto precedentemente, la memoria di lavoro o chiamata working memory è quel sistema di memoria a breve termine che ci permette di svolgere un compito immediatamente su richiesta, grazie all’attivazione e un monitoraggio attento e on-line del materiale stesso. Questa si delinea come una memoria di tipo strategico, in quanto la funzione è quella di manipolare compiti più impegnativi dal punto di vista del carico cognitivo. Come indicato precedentemente (cfr. cap. 1.) essa si compone di tre sistemi: un circuito articolatorio, un taccuino visuo-spaziale ed un esecutivo centrale di controllo. Questo sistema di memoria trova correlazioni anatomiche con aree frontali deputate al controllo di questo sistema di memoria.

Dunque a seguito di lesioni a carico della corteccia frontale, è possibile riscontrare, dopo una valutazione neuropsicologica attenta, un profilo patologico di questa capacità. Un disturbo alla working memory non consiste tanto in un disordine nella memorizzazione di materiale, quanto nella perdita di capacità strategiche e organizzative che richiede un controllo e un aggiornamento costante. Questa capacità viene anche chiamata working with memory (Moscovitch, 1992). I pazienti frontali presentano abilità compromesse chiamate funzioni esecutive, tra queste la capacità ad esempio di pianificare, progettare il futuro e anche la capacità di semplificare ed economizzare ogni operazioni sotto un punto di vista di risparmio di risorse cognitive. La disfunzione andrebbe a intaccare sia i processi di codifica come quelli di recupero del materiale. I soggetti che sono più a rischio nel sviluppare un tale profilo sono soggetti che sono stati vittima di traumi cranici, neoplasie che comunque vedono interessate le aree frontali.

Amnesia e Neuropsicologia

I soggetti affetti invece da un disturbo della memoria a lungo termine come l’amnesia non vedono la compromissione della memoria di lavoro in quanto le aree più colpite, come abbiamo visto, sono la corteccia temporale mediale e le aree diencefaliche (Shimamura, 1995). Ad un’analisi attenta riguardante una panoramica generale del funzionamento cognitivo notiamo subito una differenza che contrappone il paziente frontale con danno alla memoria di lavoro rispetto a pazienti amnesici con danno temporale o diencefalico. Lo studio condotto da Kopelmann e colleghi (Kopelmann et al., 1997) evidenziò proprio questo, i pazienti con lesione frontale a seguito di una disfunzione delle funzione esecutive avevano prestazioni peggiori anche con materiale passato oltre che con quello specifico per le funzioni esecutive (test di Fluenza verbale), mentre i pazienti amnesici presentano un problema di memoria che però non vede correlazioni con le funzioni e le abilità esecutive che erano intatte e confermate da ottimi punteggi in compiti specifici per queste abilità.

Dunque il disordine dei soggetti amnesici è circoscritto per ciò che riguarda il magazzino a lungo termine e vedono mantenuto intatta la working memory. La mancata capacità strategica, nei soggetti con deficit alla WM, può essere spiegata da un’alterazione o compromissione a quello che è il sistema dell’esecutivo centrale, un danno a carico di questa struttura non vedrebbe tanto l’incapacità di mantenimento dell’informazione quanto la sua manipolazione (D’Esposito e Postle, 1999). La compromissione dunque a seguito di lesioni frontali prevede una prestazione peggiore per materiale non solo recente ma anche remoto, dunque un danno specifico e selettivo che è più grave rispetto a una sindrome amnesica, in quanto quest’ultima vede mantenute le memorie remote per via dell’azione del gradiente temporale.

Lo stesso autore Corkin, è dell’avviso che le memorie più remote nei soggetti amnesici siano mantenute e più immuni al disturbo rispetto alle memorie più recenti, mentre i pazienti con danno alla memoria di lavoro, dunque frontali, abbiano problemi in entrambe le memorie, sia MBT sia MLT (Corkin, 2002). Per testare le memorie remote, come la memoria autobiografica, possiamo servirci di semplici test in cui si richiede di svolgere compiti di rievocazione libera, dunque un richiamo libero “free recall” oppure un richiamo guidato. Confrontando pazienti frontali con diverse lesioni (unilaterale e bilaterale), quello che si registrò, è che il recupero e la rievocazione di tracce autobiografiche erano peggiori nei pazienti frontali bilaterali. Questo dato conferma l’azione e il ruolo strategico esercitato dalla WM nel recupero d’informazioni passate, ma anche come la gravità e la tipologia della lesione frontale possa compromettere diversamente la capacità di recupero di queste memorie (Dalla Sala et al., 1993).

Successive ricerche condotte da autori come Addis e colleghi (Addis et al., 2004), vedono confermare l’azione delle aree frontali nei compiti di recupero di memorie remote come quelle autobiografiche. In particolar modo, i ricercatori, tramite tecniche di neuroimaging notarono un’attivazione particolare dell’area Prefrontale ventrale (PPC ventrale). Mettendo a confronto invece le capacità di rievocazione con quelle di riconoscimento, i dati sperimentali pervenuti da esperimenti condotti da Shimamura (Shimamura, 1995) hanno evidenziato come in pazienti con problemi di WM registravano prestazioni peggiori quando era richiesto loro di svolgere un compito di rievocazione libera, mentre in compiti di riconoscimento le prestazioni erano nettamente migliori. Ancora una volta questi dati confermano il problema dei pazienti con WM danneggiata; essi avrebbero difficoltà nella rievocazione libera poiché la compromissione di abilità strategiche non permetterebbero loro di compiere compiti in cui è richiesto la manipolazione e il recupero di materiale trattato.

Va però precisato che in letteratura scientifica non abbiamo dati concordanti con quest’ultima visione, in quanto in altri esperimenti, in cui sempre si poneva a confronto i processi di rievocazione libera e riconoscimento, i dati ricavati sono discordanti con quanto detto sopra. Schacter e colleghi (Schacter et al., 1996) registrarono prestazioni cattive anche in compiti di riconoscimento oltre che di rievocazione libera, confermando il grave disordine che produce l’alterazione della WM anche su altri compiti. Dunque possiamo dire che un deficit alla WM conseguente a lesioni prefrontali, può alterare anche la memoria di riconoscimento (recognition memory) ma in maniera relativa. Riprendendo lo studio di Shimamura (Shimamura, 1995) si è potuto notare un’altra caratteristica che rendere ancora di più l’idea di un deficit pervasivo quello a carico della WM. I pazienti con lesioni frontali non solo hanno problemi nell’utilizzo e nel applicare strategie per il recupero di materiale, ma il loro disturbo di memoria si estende anche in quei compiti in cui si richiede nel rievocare un evento o ricordo dei dettagli particolari che lo caratterizzano. Per dettagli, intendiamo sia elementi temporali ma anche in riferimento al contesto, dunque elementi spaziali, cromatici ecc. presenti al momento dell’apprendimento. Se a un paziente frontale con danno alla WM chiediamo di rievocare un episodio che caratterizza la sua vita quotidiana, con il quale c’è una certa familiarità, ad esempio ricordare se ha fatto colazione con del dolce o salato e di descrivere dove e quando, ecco che la rievocazione dell’episodio come la sua descrizione sarà povera di dettagli ed elementi che lo contraddistinguo.

Il Disturbo della Memoria di Lavoro (Working Memory)

Da queste osservazioni sperimentali, Shimamura elabora un’ipotesi interpretativa per il deficit della memoria di lavoro. Visto il ruolo delicato e di controllo che esercita questo sistema di memoria, egli sostiene che la memoria di lavoro non può essere ritenuto un semplice magazzino passivo ma un sistema dinamico immaginandolo proprio come un “filtro dinamico” (Shimamura, 2000). Dovendo compiere un ruolo così importante la corteccia prefrontale non è più solo un’area di semplice controllo per le memorie ma un’area in cui anche processi attenzionali coinvolgono; rendendo ancora più difficile la ottimale funzionalità di tutti i processi sottostanti a questa regione. In uno studio condotto da Ciaramelli e colleghi (Ciaramelli e Ghetti, 2007), sottoponendo a confronto un gruppo di pazienti con problemi di memoria (tra cui frontali) e un gruppo di controllo (sani), si evidenziò quanto detto sopra. Sottoponendo i due gruppi ad una fase di presentazioni di stimoli (item: parole) ogni 3 sec. con un intervallo di 1 sec. tra uno stimolo e l’altro su di uno schermo, in due condizioni differenti riguardo la posizione (metà superiore dello schermo, metà inferiore dello schermo) e in due colori (rosso e verde), veniva loro richiesto di apprendere tali item. Successivamente si chiedeva loro di rievocare gli stimoli presentati precedentemente. Se per il soggetto l’item presentato gli ricordava qualcosa tra quelli vecchi, doveva rispondere con R (Remember), mentre se l’item presentato non destava particolari ricordi come ricordare la posizione e il colore dello stimolo; ma solo un certo grado di familiarità s’invitava, a rispondere con K (Know).

I pazienti frontali risposero al momento del richiamo, commettendo più errori rispetto ad altri pazienti e il gruppo di controllo, sia riguardo al tipo di fonte dell’informazione che il contesto da cui proveniva. Questi risultati ancora una volta sottolineano come un danno alla WM produca un’incapacità nel ricordare anche elementi contestuali di un ricordo dunque quelli meno soggettivi, perdendo i diversi aspetti del contesto (Source memory) e che tale memoria, la memoria di sorgente, per un buon funzionamento richiede l’integrità da parte dei lobi frontali. Le stesse sottoconponenti della memoria come la memoria prospettica, vedono una compromissione di quest’ultima, in quanto come abbiamo detto fin ad ora, tali pazienti a fronte della loro forte componente diseducativa, perderebbero tutte quelle capacità riguardanti la pianificazione e la progettazione del futuro (Volle et al., 2011). Infine in accordo con la visione classica di un quadro clinico anosognosico frontale, anche i pazienti con deficit alla memoria di lavoro presentano la totale non consapevolezza del loro disturbo e la stessa meta memoria, vede essere danneggiata. La stessa conoscenza e la capacità di compiere un’obiettiva valutazione riguardo alle proprie capacità mnestiche vedono essere compromesse in questi pazienti (Modirrousta e Fellows, 2008).

Test Neuropsicologici per la Memoria

Per una diagnosi il più possibile accurata,con pazienti frontali ricorriamo a test neuropsicologici come: la Torre di Londra (Krikorian et al., 1994), il Wisconsin Card Sorting Task (WCST) (Heaton et al., 1993), le Fluenze Verbali (fonemica e semantica) (Milner, 1964), le Stime Cognitive (Shallice e Evans, 1978) ecc. Con il test della Torre di Londra s’invita il soggetto a elaborare strategie per la risoluzione di problemi di natura cognitiva, dunque indagheremo la sua capacità di progettazione e risoluzione. Il soggetto è posto davanti ad un apparato di legno formato da tre pioli allineati sulla stessa fila e tre palline colorate forate che possono essere inserite sui pioli. I pioli non sono uguali ma hanno altezze diverse e inoltre ogni piolo può tenere solo un numero preciso di dischi. Ciò che viene richiesto da parte dello sperimentatore è di inserire le varie palline nei pioli ma compiendo delle mosse ben precise secondo dei criteri: compiere meno mosse possibili dalla figura di partenza a quella finale e senza commettere violazioni di tempo cioè più veloce possibile (tempo massimo 2 minuti). Inoltre lo spostamento delle palline da un piolo all’altro non può essere compiuto con più palline alla volta e ogni piolo non può ospitare più palline rispetto la configurazione iniziale. I pazienti frontali tendono a commettere molti errori sia a livello di tempistica sia di mosse. Sono molto impulsivi, questo conferma nuovamente la loro scarsa capacità di progettare e calibrare bene le azioni a secondo del goal e gli errori tendono ad essere ripetuti, ricorrendo anche a un maggior numero di mosse rispetto a quelle richieste. Il tratto impulsivo è caratteristico di questa classe di pazienti, poiché la corteccia prefrontale è importante anche per i meccanismi di controllo imputati nell’inibizione sia di reazioni comportamentali che emotive che sono socialmente inadeguate. La forte componente diseducativa si fa sentire, nel non rispettare le regole, nel compiere scelte non economiche e troppo rapide, quello che riscontriamo anche quando sottoponiamo al paziente il Wisconsin Card Sorting Test.

Con questo test andiamo ad indagare più precisamente la capacità di astrazione e flessibilità mentale, il materiale con cui si costituisce è composto da delle carte che differenziano per colore, forma, numero, ciò che viene richiesto è di categorizzare la carta target presentata dallo sperimentatore sotto quattro possibilità, dunque secondo un criterio giusto e più consono rispetto alle caratteristiche sopra citate. Criterio che non viene reso noto dallo sperimentatore ma che scopre il soggetto in base agli errori e ai tentativi svolti. Egli deve ordinare individuando il criterio giusto e qualora sbagliasse essere mentalmente flessibile per cambiare criterio e iniziare secondo un nuovo criterio. Anche qui il paziente frontale compierà una prestazione con errori, in quanto identificano meno categorie e anche quando viene mostrato l’errore tendono a perseverare. Per quanto riguarda le fluenze verbali, i pazienti frontali totalizzano una prestazione migliore per quanto concerne la fluenza semantica, mentre quella fonemica dove si richiede di produrre parole che iniziano con lo stesso fonema, hanno prestazioni peggiori per via della mancata capacità strategica. Infine le stime cognitive sono un insieme di domande che vengono poste al soggetto per valutare le sue capacità di giudizio e critica. Le domande riguardano situazioni della realtà di tutti i giorni, ciò che si richiede e di compiere una stima approssimativa su interrogativi che contengono risposte precise (ad esempio: quanto può costare un kg di pane?).

di Chiara Spinaci

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