Cosa succede nel cervello durante la menzogna

Andiamo ad approfondire quelle tecniche che, avvalendosi delle scoperte neuroscientifiche, hanno dato il loro apporto nello smascherare le menzogne e cerchiamo di capire perché sono importanti e quali sono gli ambiti di applicazione che hanno o che potrebbero avere.

Il notevole incremento della metodologia neuropsicologica è stato possibile, negli ultimi anni, grazie anche allo sviluppo di tecnologie particolarmente sofisticate, in particolare quelle di neuroimaging (o brainimaging).

Le tecniche di brainimaging si dividono in 2 grandi categorie:

  1. metodi di visualizzazione strutturale: studiano la forma del cervello e la presenza di strutture patologiche (tumori, emorragie, infarti);
  2. metodi di visualizzazione funzionale: servono ad investigare quali aree cerebrali svolgono una determinata funzione, la sequenza di attivazione delle aree coinvolte in un compito e l’effetto su queste aree di varie patologie neurologiche (lesioni) e psichiatriche (autismo, schizofrenia).

A loro volta, i metodi di visualizzazione funzionale si suddividono in:

  1. diretti: EEG, potenziali evento-correlati (ERP);
  2. indiretti: Tomografia ad emissione di positroni (PET), Risonanza magnetica funzionale (fMRI o functional Magnetic Resonance Imaging)

I diversi metodi utilizzati dalle neuroscienze differiscono soprattutto per la loro capacità di risoluzione spaziale e temporale delle funzioni cerebrali.Dal 2000 in poi, mediante l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI) e dei potenziali evento-cognitivi (ERP cognitivi) è stato possibile studiare le componenti cognitive della menzogna a livello neurale.
A differenza delle tecniche poligrafiche, le quali “misurano correlati periferici dello stato emotivo”, con l’utilizzo di queste tecniche l’osservazione si è spostata dalla “periferia” direttamente al cervello, “nel tentativo di identificare un pattern neuronale che possa essere associato in maniera specifica all’attività del mentire“.

Grazie alle tecniche di neuroimaging, molte ricerche hanno potuto confermare le loro ipotesi:

  • Spence et al. hanno individuato nelle risposte menzognere una maggiore attivazione nella corteccia prefrontale ventrolaterale e, in concomitanza, un allungamento dei tempi di risposta;
  • Lee et al. hanno individuato una maggiore attivazione nelle aree laterali prefrontali bilaterali dorsolaterali;
  • Langleben et al. nelle aree della corteccia cingolata anteriore e nella corteccia parietale sinistra;
  • Davatzikos et al., infine, in una ricerca condotta utilizzando un metodo di “high dimensional non-linear pattern classification methods”, sono riusciti ad ottenere l’individuazione dell’attività cerebrale del mentire al 99%.
    “Le varie ricerche condotte con questa metodica sono consistite nel rilevare l’attività cerebrale del soggetto sperimentale mentre questi produce delle menzogne e delle risposte vere“.

di Francesca Baratto

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