Psicologia della Separazione: Effetti sulla Psicologia dei Figli

La vita è una trama di destini che si sovrappongo e quando due di questi si allontanano, generano un’inevitabile effetto farfalla su tutti gli altri. La separazione è un lungo processo che vede coinvolte molte persone le quali, in un modo o nell’altro, ne soffrono. A fare i conti con tale dolore sono anche i figli.

Lo sviluppo della mente avviene grazie alla possibilità di entrare in relazione con gli altri. Questo è “il prodotto di un’interazione dinamica, continua e inestricabile, tra le sue risorse e l’esperienza fornita dalla sua famiglia e dal contesto sociale in cui vive” (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2009).

La psiche umana necessita di un “noi” che l’accoglie, che gli faccia da contenitore, da base sicura.

Il bambino individua tale “noi” nei propri genitori e nella propria famiglia (Cigoli, 1998). Pertanto l’annuncio della separazione determina un punto fermo in memoria, in quel preciso momento si sgretola il punto di riferimento dell’unità familiare. Questa perdita costringe i figli a dover riorganizzare la propria realtà, pertanto comporta una ristrutturazione affettiva e cognitiva. Ciò per qualcuno può determinare un trauma, un qualcosa di non elaborabile che, al di fuori della quotidianità, può riattivarsi durante gli avvenimenti più importanti generalmente connotati positivamente, quali i compleanni, le vacanze, i riti religiosi ecc.

Oltre il fatto separativo in sé e la conseguente perdita del “noi contenitore”, sembra essere molto rilevante, per la salute psichica del bambino, la presenta o meno di un’alta conflittualità, attorno cui si costruiscono gli eventi. Nel momento in cui i genitori sono impegnati attivamente nel conflitto, più questo si fa potente più i bambini ne rimangono coinvolti, se non direttamente, quasi sicuramente affrontano un calo d’interesse o atteggiamenti scontrosi nei loro confronti da parte dei genitori.

La separazione è un processo in cui giocano un’infinità di variabili che influenzano gli effetti che ricadono sui figli. Secondo alcuni autori (Fabbro et al., 2009) tra i fattori determinanti si ritrovano le variabili socioeconomiche in cui è calata la famiglia, la presenza/assenza di un’adeguata comunicazione tra i suoi membri, la capacità dei genitori di gestire emozioni negative e amministrare pragmaticamente la situazione, il temperamento del figlio e la sua età.

Inoltre tra i vari elementi che concorrono a determinare gli effetti di tale processo, c’è anche il tempo. Si è affermato più e più volte che la separazione non è “ un momento”, la sua notizia avviene in un preciso istante, ma in realtà le problematiche riguardanti la rottura del rapporto d’amore emergono molto prima e si estendono per molto tempo dopo.

In questa ottica appare fondamentale l’analisi circa il periodo pre e post separazione. In essi sono da esaminare soprattutto le modalità d’interazione tra i membri della famiglia, non solo tra moglie e marito (trattati nel capitolo precedente), ma diventano di fondamentale importanza le relazioni verticali tra genitori e figli. Il modo in cui l’uno tratta l’altro, il grado in cui i figli intervengono nelle discussioni tra genitori, la modalità utilizzata per spiegare la decisione di separazione, le colpe reciprocamente attribuite, il fatto che l’uno può “utilizzare” l’altro per fini secondari ecc, sono tutte componenti da non dover escludere al fine di valutare lo squilibrio psicologico riportato dai figli. Il minimo comun denominatore di questi elementi rimane in ogni caso il conflitto, infatti, è il suo grado e la sua permanenza a determinare ogni reazione.

Effetti diretti e indiretti della separazione

 

Questo può produrre nei figli effetti diretti, nel momento in cui il conflitto ha luogo, essi cambiano sulla base degli argomenti trattati e sul coinvolgimento o meno dei minori; ed effetti indiretti che, invece, si protraggono nel tempo ed emergono anche quanto il figlio non è direttamente sottoposto al conflitto (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2009).

Come si è evidenziato nel primo capitolo, però, non tutti i conflitti sono deleteri. Infatti, è importante sottolineare che non tutti i figli degli individui che affrontano una separazione conflittuale, pagano questa esperienza in termini di disadattamento psichico.

Come già esposto, due persone prendono la decisione di separarsi per star meglio, per ritrovare una serenità che in qualche modo non riuscivano più a ricostruire, non solo tra loro, ma in tutta la famiglia. Pertanto dovrebbero esistere delle differenze sostanziali circa il grado di soddisfazione vissuta dai membri nel pre e post separazione. I vissuti negativi, i sentimenti d’irrequietezza, le dispute continue dovrebbero cessare, o per lo meno attenuarsi. In realtà, purtroppo, accade spesso che la separazione non coincida con tale avvenire, anzi, le problematiche economiche e quelle riguardanti la gestione dei figli, alimentano il conflitto tra i coniugi. In alcuni casi dopo la separazione, infatti, i coniugi sembrano ancora più fomentati, mettono in atto comportamenti più aggressivi e più competitivi, i quali aumentano in modo esponenziale.

Tutto ciò crea altri dilemmi ai figli, i quali si ritrovano contesi in un conflitto senza fine e che per questo tendono a percepirsi come “problema”.

Oltre alle questioni per le quali si accendono le controversie, i figli risultano sensibili anche alle modalità con cui il conflitto viene portato avanti. Difatti, un intenso susseguirsi di comportamenti aggressivi e strategie di risoluzione non costruttive genererebbero nei figli un’elevata insicurezza emotiva, li spingerebbero ad assumere come proprie tali strategie distruttive e a considerare validi i comportamenti aggressivi (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2009).

Ciò nonostante, molte ricerche sembrano evidenziare che il conflitto tra genitori soffra di un’influenza negativa sui figli indipendentemente dalla struttura familiare. Pertanto Kelly (1980) rileva che il rischio dei figli di sviluppare disagi psicologici, è stabilito in maggior misura dalla presenza di un levato grado del conflitto coniugale durante il matrimonio, piuttosto che dall’atto separativo in sé o dal conflitto successivo a essa. Con ciò si conferma l’importanza della gestione del conflitto da parte dei genitori e che i disagi riscontrabili nei minori dipendono dall’interazione di più variabili. Inoltre si potrebbe ipotizzare che i figli dei separati risentano del conflitto non tanto per la sua presenza in sé, ma poiché nonostante i cambiamenti imposti, la loro condizione d’insofferenza non trovi pace.

Nelle situazioni particolarmente conflittuali e problematiche si pone maggiormente in rilievo il concetto di resilienza, il quale concerne la capacità di affrontare situazioni avverse e, nonostante queste, adattarsi positivamente. In questa prospettiva gli aspetti variabili e sensibili del minore sono stati definiti fattori di vulnerabilità e le componenti individuali e contestuali che diminuiscono il grado di rischio per il figlio, sono stati soprannominati fattori di protezione (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2009). L’interazione di questi fattori e la loro associazione con le caratteristiche individuali del figlio, determinano le diverse reazioni alla separazione conflittuale.

“Quando la tempesta sarà finita,

probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo.

Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero.

Ma su un punto non c’è dubbio.

Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.”

Haruki Murakami, 2002.

di Chiara Bartoletti

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