Psicologia della Separazione della Coppia

 

Nel momento in cui non esistono soluzioni migliori per porre fine al disagio vissuto all’interno di una relazione, si giunge alla sua interruzione. Come risulta da una vasta indagine condotta da J. Wallerstein e J. Kelly (1980), esistono diverse circostanze in cui si giunge a tale decisione.

Secondo gli autori un simile provvedimento può rappresentare una scelta razionale, basata su un’attenta analisi della situazione e su un lungo ragionamento di entrambi i partner. Se condotto da un solo coniuge si può trattare di una risposta allo stress, in conseguenza a un evento emotivamente impegnativo, ad esempio un lutto. Altresì può essere una reazione impulsiva determinata ad esempio dalla scoperta di un tradimento o dalla nascita fulminea di un interesse alternativo. Altre volte, in fine, può essere una soluzione incoraggiata da terzi, i quali osservando la situazione dall’esterno, riescono ad analizzarla in maniera più critica e oggettiva.

Qualunque siano le motivazioni, questa decisione avvia il processo della separazione. Secondo Bohannan (1969)[1] la separazione non è unica, ma si tratta di un processo che include sei differenti dimensioni ed esperienze.

La prima dimensione attaccata da questo processo è quella emotiva. Il rapporto si va sgretolando, le sensazioni e le emozioni vissute dai partner subiscono un mutamento. La separazione è iniziata ma i soggetti sono ancora in stato confusionale, tanto che si apre una fase in cui questi si avvicinano e si allontanano alternativamente.

Successivamente si ufficializza la rottura con la separazione legale e si contratta per la divisione dei beni e per l’ammontare dell’assegno familiare tramite quella economica.

Purtroppo il processo di separazione comporta una ristrutturazione della vita familiare, nella quale sono compresi i figli e la loro gestione. L’autore definisce tale ristrutturazione come separazione genitoriale. Sappiamo però che l’effetto di tale rottura non è circoscritto alla famiglia ristretta, pertanto si ridefinisce la dimensione sociale, che implica una riorganizzazione relazionale con la parentela delle rispettive famiglie d’origine e gli amici in comune, che spesso si ritrovano a doversi schierare per l’uno o per l’altro.

Infine avviene la separazione psichica, la quale può essere definita la più difficile da affrontare. In questa fase si deve porre fine a tutto ciò che si era creato precedentemente. La fusione di due personalità, e più in generale, di due appartenenze, l’abitudine di avere accanto l’altro, di dover e poter tenerne conto ecc, tutto ciò non esiste più. L’individuo deve imparare nuovamente a “camminare da solo” e quindi a essere psichicamente indipendente.

Nell’ultimo ventennio i dati ISTAT osservano un calo delle unioni matrimoniali di quasi il 60% (1991-2013), le quali attualmente riscontrano uomini di circa trentaquattro anni e donne di circa trentuno. A tali dati è associato un aumento delle separazioni pari al 68,8% (1995-2013) che rileva una durata media del matrimonio di sedici anni. Dati sconcertanti che spingono la società all’inevitabile accettazione della separazione come parte integrante degli eventi e del ciclo vitale umano.

Ricordiamo, però, che “non tutti i mali vengono per nuocere”. La separazione, infatti, può rappresentare per entrambi una svolta positiva, una liberazione, uno svincolo da un’unione forzata basata su meccanismi disfunzionali, essa può rappresentare addirittura una terapia. Per alcuni soggetti, infatti, la coppia si è formata al fine di risolvere problematiche psicologiche personali, pertanto questi individui possono rendersi conto, crescendo, di poter fare una scelta migliore, sia per sé, sia per l’altro.

Ciononostante, tale percorso comporta il dover affrontare il dolore puro causato dalla perdita del noi, la ristrutturazione dell’Io e del proprio futuro, in quanto la separazione implica la distruzione del legame di attaccamento precedentemente costruito. La sofferenza psichica mostrata dai protagonisti ha spinto Bowlby a paragonare l’esperienza della separazione a quella del lutto. Questi spesso reagiscono attivando risposte depressive, d’ansia, attuando comportamenti distruttivi, manifestando attacchi di collera, sentimenti di rancore e sintomi psicosomatici.

A volte l’accettazione della rottura di tale legame sembra impossibile, “l’oscura minaccia è quella di una condizione di vita infernale che prende forma in fantasmi di isolamento, estraniazione, marginalità riprovevole e pericolosissima” (Cigoli, 1988).

[1] Riportato da Gambini, P., Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, Milano, Franco Angeli, 2007, p. 233.

di Chiara Bartoletti

“Il processo della separazione rappresenta l’evento evolutivo

forse più traumatico e di vasta portata nell’esperienza umana.”

Everett C.A., Volgy S.S., 1981.

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