Strategie di Coping, Stress e Resilienza

La storia delle ricerche sul coping è contrassegnata dal continuo confrontarsi e alternarsi di due distinti approcci, uno che enfatizza il ruolo dei fattori disposizionali e l’altro che sottolinea invece il ruolo dei fattori situazionali. Il coping, inteso come l’insieme di strategie mentali e comportamentali che sono messe in atto per fronteggiare una certa situazione, è stato tradizionalmente considerato come una caratteristica piuttosto stabile di personalità.

In seguito le modalità di coping sono state analizzate come reazioni flessibili e mutevoli a sfide normative o a eventi di vita quotidiana stressanti (Poerio V. 2009).

Gli orientamenti più recenti considerano il coping come un processo che nasce da interazioni che superano o sfidano le risorse di un soggetto e che è formato da molteplici componenti, quali la valutazione cognitiva degli eventi, le reazioni di disagio, le risorse personali e sociali, etc.

Questi processi sono considerati ciclici e cumulativi, pertanto le diverse componenti si modellano reciprocamente nel tempo e gli esiti ottenuti di volta in volta influenzano il repertorio e le risorse di coping disponibili all’individuo per negoziare le successive interazioni e situazioni stressanti. Angeli F. (2010).

Tre Strategie di Coping: Centrate sul Problema, sulle Emozioni, sull’Evitamento

 

La prima generazione di ricercatori sul coping concentrò gli sforzi e gli interessi a identificare e studiare solo alcune risposte di coping di base, anche se potenzialmente ogni soggetto ha a disposizione un numero illimitato di strategie. In particolare furono identificate due dimensioni principali: le strategie centrate sul problema (problem-focused), quali ad esempio adoperarsi per modificare la situazione prevenendo o riducendo la fonte dello stress, e quelle centrate sulle emozioni (emotion-focused), volte a ridurre i disturbi affettivi e psicologici che accompagnano la percezione dello stress, come prendere le distanze dalla situazione, cercare un sostegno sociale. Un’ulteriore dimensione fu poi identificata, si tratta della strategia orientata all’evitamento (avoidance-oriented), che prevede comportamenti quali la fuga di fronte alla situazione stressante.

 

L’efficacia del Coping Proattivo

All’interno di questo quadro, una strategia di grande interesse riguarda il coping proattivo, attuato cioè prima di incontrare eventuali eventi stressanti. Aspinwall e Taylor, nello specifico, hanno posto in evidenza che l’attuazione del coping proattivo ha importanti benefici per la persona, in quanto minimizza l’ammontare complessivo di stress che il soggetto potrebbe incontrare, aumenta il numero di opzioni possibili per affrontare una situazione e consente infine di preservare risorse personali, come tempo ed energia, agendo preventivamente . Jared Tendler (1999).

Nonostante le controindicazioni che si possono verificare, per esempio l’evento stressante potrebbe anche non verificarsi mai, i vantaggi per chi mette in atto forme proattive di coping sono indubbiamente elevati. Il coping di tipo preventivo più efficace è sempre attivo, e può esprimersi sia con attività cognitive come la pianificazione, sia comportamentali, come l’intrapresa di un’iniziativa.

Il grado in cui il coping proattivo può essere attuato è moderato dall’ambiente immediato e dal carico cognitivo che comporta, dall’esperienza passata e dalle opportunità avute in precedenza di esercitare l’abilità di questo tipo di coping. Questa prospettiva pone particolare attenzione sui due aspetti principali capaci di influenzare il coping e la gestione dell’attivazione emotiva.

Da un lato c’è il ruolo delle differenze individuali come l’ottimismo, la repressione o le credenze di controllo sugli eventi; dall’altro gli aspetti ambientali che rendono più o meno probabile l’apprendimento efficace e la realizzazione dei compiti proattivi, quali le risorse, le richieste e il carico cognitivo o il peso cronico. Ne emerge che quanto le persone imparano durante la gestione degli stress e come affrontano l’attivazione emozionale scaturita dalla percezione di un possibile evento negativo influenza le modalità con cui saranno affrontate le situazioni stressanti successive. Questa proposta di Aspinwall e Taylor punta inoltre a valorizzare il coping attivo. Infatti, mentre inizialmente il coping attivo era considerato positivo per gli eventi stressanti soggetti a cambiamento e il coping di evitamento era più utile nel caso di eventi incontrollabili, in realtà l’uso continuato di strategie di evitamento si rivela un fattore di rischio, in quanto non produce nuove informazioni sui problemi e compromette alcune risorse come il sostegno sociale. Crea M. A. (2012) . In uno studio di meta-analisi si è visto come gli autori Roger C. e Rosselli M. hanno portato alla luce in uno studio condotto su 7016 donne di età media di 36 anni affette dal virus HIV, nel 2012 in America, che quasi 1/3 usavano stili di coping disadattivi, al contrario degli uomini che invece usano stili adattivi molto di piu , circa per i 2/3. La causa si crede sia per la impossibilità o la credenza dell’ impossibilità di dare alla luce dei figli, con la paura che essi contraggano la malattia. Oggigiorno con le medicine adeguate la possibilità che il feto contragga la malattia sono all’incirca del 20% , ma nel senso comune questa informazione ancora non è molto conosciuta.

di Giulia Zucchini (Relatore: Marcello Gallucci)

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