disturbi psicologici in carcere

Come Riconoscere i Disturbi Psichiatrici in Carcere

Come Riconoscere i Disturbi mentali carcerari

Spesso problemi di patologie e disagi sono frequenti nelle persone costrette a vivere nelle istituzioni carcerarie, perchè essere messi in galera e vivere in quell’ambiente sono fattori dotati di alto significato psicotraumatizzante per via dell’isolamento dalla società, il regime di vita imposto, la lontananza dagli affetti e la complessiva afflittività che la reclusione comporta, soprattutto per i detenuti in attesa di giudizio. Per certi delinquenti abituali il carcere può essere solo un incerto del mestiere, da mettere in conto nel calcolo costi-benefici, mentre per altri può distruggere la vita.

L’effetto della reclusione può scatenare in soggetti vulnerabili vari tipi di scompenso psichico.

Disturbi preesistenti: quelli che il detenuto aveva già manifestato; delitto-sintomo → la malattia non era stata identificata pur essendo in atto fino al clamore del delitto.

Slatentizzazione: la prigionia favorisce la messa in atto di meccanismi psicotici per lo scompenso di un Io fragile che non riesce più a tenersi in equilibrio. Si può trattare di forme di schizofrenia in fase prodromica o preclinica, oppure di forme paranoiche che si accentuano diventando deliri persecutori, per l’ambiente vissuto come minaccioso.

Reazioni abnormi: più direttamente connessi alla detenzione, si intende la risposta psichica e/o comportamentale anomala a identificabili fattori psicosociali stressanti; si possono osservare reazioni emotive di furore di tipo primitivo, eccitazione, distruttive (pantoclastie), eteroaggressive, autolesionistiche, ansiose, depressive. Auto o etero-aggressivi sono dovuti al clima teso dell’ambiente carcerario, ai valori della sottocultura violenta in esso dominanti e al carico di frustrazione che la carcerazione comporta. Sono frequenti i tentati suicidi, 18\19 volte più probabili che fuori, specie tra chi è in attesa di giudizio o è appena stato recluso.

Psicosi carcerarie: forme morbose caratterizzate dalla specificità del legame disturbo-carcere, la lunga detenzione e l’eventuale predisposizione può dar luogo a forme particolari di psicosi deliranti con convincimenti persecutori, deliri di imminente liberazione, deliri di innocenza.

Sindrome di prisonizzazione: forma morbosa di tipo deteriorativo legata alle condizioni monotone e prive di stimoli che caratterizzavano in passato il regime carcerario, che provocava impoverimento intellettivo, affettivo ed emotivo, i detenuti erano totalmente plasmati dall’istituzione fino alla demenza. Prisonizzazione (Donald Clemmer 1940) fa riferimento a forme non precisamente patologiche, quanto di modificazione della personalità del detenuto, che progressivamente assume abitudini, cultura, forme di rapporto sociale tipiche del carcere.

Sindrome di Ganser: si manifesta soprattutto in soggetti non ancora condannati ma sottoposti a procedimento giudiziario, l’imputato può avere interesse a farsi considerare infermo per sottrarsi al carcere, si tratta di forme di tipo isterico nelle quali il limite con la simulazione è esile; personalità povere e intellettivamente carenti diventano isteriche anche se stavano fingendo, il soggetto si sforza di fare il matto comportandosi al contrario del sano.

Chi lavora in carcere deve sempre tener conto della possibilità di una falsificazione intenzionale della sintomatologia lamentata; il DSM definisce la simulazione “produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o esagerati, motivata da scopi esterni” e dovrebbe essere diagnosticata così:

  • contesto medico legale di presentazione dei sintomi;
  • marcata discrepanza tra lo stress o la compromissione lamentata dal soggetto ed i reperti obiettivi;
  • mancanza di collaborazione durante la valutazione diagnostica e nell’accettazione del regime terapeutico prescritto;
  • presenza di disturbo antisociale di personalità.

L’intenzionalità, la consapevolezza alla base del comportamento simulatorio e la natura dello scopo sono elementi fondamentali della definizione di simulazione proposta, e contribuiscono a delineare la diagnosi differenziale rispetto a disturbi mentali pur caratterizzati da una creazione o esagerazione di sintomi. La linea di confine tra queste forme e le simulazioni vere e proprie è di delicata demarcazione: spesso non si può distinguere la situazione morbosa dalla mistificazione consapevole, posto che le due situazioni presentano anche concettualmente confini mal definiti.

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