Le 4 Reazioni Psicologiche alla Diagnosi di Cancro

Dopo la comunicazione della diagnosi: reazioni psicologiche e adattamento alla malattia nel paziente adulto

L’autrice Elisabeth Kubler Ross (1976), dopo aver intervistato più di duecento malati in fin di vita, ha formulato un modello di adattamento alla diagnosi terminale che prevede cinque fasi che quasi tutti i pazienti attraversano nel corso della malattia:

  • la fase di rifiuto e isolamento, espresso in frasi come No, io no, non può esser vero;
  • la fase di collera, espressa in frasi come Perché io e non qualcun altro?;
  • la fase del venire a patti, dove il paziente cerca di ottenere gli ultimi desideri della vita scendendo a compromessi con la divinità o con la sorte: Se Dio ha deciso di toglierci da questo mondo e non risponde alle mie arrabbiate suppliche, forse sarà meglio disposto se glielo chiedo con delicatezza; la fase della
  • depressione e infine, il percorso di adattamento dovrebbe raggiugere
  • la fase dell’accettazione e dell’abbandono della lotta dove si attende il riposo finale prima del lungo viaggio (Kubler Ross, E., 1976).

Il momento della diagnosi di malattia oncologica, e le successive fasi di terapia,  attivano nel paziente profonde reazioni emotive e angosce di solitudine, di abbandono, di paura e di morte. La parola cancro (o carcinoma) deriva dal greco karkinos, granchio, e non ha nessun riferimento medico. Il termine è stato successivamente introdotto in medicina e diventato di uso comune per definire qualsiasi tumore maligno che colpisce alcuni tessuti, in quanto sia il suono sia l’immagine della parola cancro suscitano la fantasia di qualcosa di mostruoso che s’infiltra, morde, fa male si estende silenziosamente e come un lampo uccide (De Martini, G., 1995).

Il Trauma della Comunicazione della Diagnosi di Cancro

 

La comunicazione della diagnosi di malattia oncologica rappresenta un evento traumatico doloroso, ed è vissuta come una cattiva aggressione, inaspettata, che espone il malato a una nuova realtà che non può controllare o modificare e che mette in crisi gli equilibri psichici, gli adattamenti sociali consolidati e i sistemi di valori del paziente e dei suoi familiari. L’individuo si trova immerso in una nuova condizione esistenziale dove le precedenti fonti di certezza e i propri progetti di vita risultano minacciati e perduti. Inizia così per il paziente una nuova fase di adattamento alla malattia che richiede lo sviluppo di un nuovo assetto mentale per far fronte alla nuova realtà nella quale dovrà fronteggiare profondi sentimenti di ansia e di angoscia per l’incertezza del futuro (Bongiorno, A., Malizia, S., 2002).

Reazioni psicologiche alla comunicazione della diagnosi di cancro

Dopo la comunicazione della diagnosi, il paziente può assumere reazioni emotive prevedibili, che rientrano nella normalità, intesa come quella rintracciabile fra gli individui che condividono la stessa patologia, o a reazioni più gravi che variano in base alla struttura della personalità del paziente e alle sue particolari condizioni esistenziali. Oltre ai sintomi e alla sofferenza corporea, il paziente deve affrontare una crisi che investe anche il ruolo, l’immagine di sé, l’autostima e il proprio progetto esistenziale (Bongiorno, A., Malizia, S., 2002).

Tutto ciò suscita rabbia, angoscia e disperazione e per difendersi da questa realtà dolorosa il malato mette in atto alcuni meccanismi psichici di difesa per conservare la propria organizzazione e il proprio adattamento alla realtà di fronte all’angoscia.

  1. La negazione è una risposta molto comune dopo la comunicazione della diagnosi e consiste nel rifiutare la realtà dell’evento col tentativo di annullarla per difendersi dallo shock che provoca la diagnosi, ed è funzionale solo quando risulta transitoria in particolari momenti critici della malattia o verso alcuni aspetti di essa, in quanto permette di mobilizzare le risorse utili per affrontare il dolore. Quando la negazione è totale e persistente, invece, essa non facilita l’adattamento alla realtà della malattia ma, al contrario, ne rappresenta un fallimento e può provocare ulteriori angosce.
  2. Inoltre, il paziente che si sente minacciato dalla patologia può attribuire la causa della propria rabbia e frustrazione all’ambiente esterno proiettando queste sensazioni e pensieri negativi su altre persone.
  3. La minaccia della malattia può anche far regredire il paziente a fasi di sviluppo psichico precedenti, manifestando atteggiamenti di dipendenza e richieste di rassicurazione da parte dei familiari o del personale sanitario.
  4. Un altro meccanismo attuato per contrastare l’ansia e l’angoscia che provoca la malattia consiste nel razionalizzare le proprie reazioni emotive al fine di poter esercitare un controllo su di esse e sul proprio disagio emotivo (come il continuo e intenso ricercare informazioni riguardo alla propria malattia).
  5. Un’altra risposta utilizzata per limitare reazioni di ansia e depressione è rappresentato dall’assunzione di un atteggiamento fatalistico, che esprime la tendenza alla passiva rassegnazione nei confronti della patologia, come se il cancro fosse un evento appartenente al disegno del proprio destino (Alberisio, A., Roma, S., 2005).

Ritengo utile precisare però che ogni paziente rappresenta una storia a sé e non esiste un percorso predefinito e schematico universalmente valido. Pazienti diversi sono persone diverse per età, patologie ed estrazione sociale e culturale che mettono in atto un insieme molto vario di reazioni e comportamenti diversi di fronte alla sofferenza. Le modalità di risposta e adattamento emotivo alla comunicazione di una malattia grave dipendono da alcuni importanti fattori: gli elementi circostanziali come l’età, il sesso, lo stato sociale ed economico della famiglia e altri eventi concomitanti (divorzi, nascite); il rapporto con il medico e le istituzioni sanitarie il quale può essere basato sulla fiducia reciproca e su una comunicazione sincera e aperta oppure può essere un rapporto prevalentemente tecnico e poco umano; il supporto esterno, l’ambiente che circonda il paziente e che lo aiuta ad affrontare la malattia; gli atteggiamenti assunti dinanzi alla malattia, che dipendono da come il paziente interpreta la propria sofferenza e dai significati che attribuisce alla malattia; le risorse interiori della persona, le strategie di coping, le motivazioni, i valori e i ruoli che la persona possiede (Pangrazzi, A., 2006). In base a questi fattori, che rendono unico e specifico il vissuto di ogni paziente che si trova ad affrontare una diagnosi di cancro, si delineano un’ampia varietà di prospettive di fronte alla sofferenza. L’uomo non può scegliere di annullare o cambiare la diagnosi di malattia neoplastica, ma può assumere liberamente un determinato atteggiamento di fronte ad essa. L’esperienza di malattia è meno traumatica e più facilmente accettata se è concepita dal paziente come un evento che fa parte dell’ordine naturale delle cose, e non come conseguenza di una colpa e come mezzo per soddisfare il bisogno di espiazione (Bongiorno, A., Malizia, S., 2002). Coloro che accompagnano i malati nell’assistenza del percorso terapeutico possono contribuire a promuovere e far assumere nei pazienti atteggiamenti e pensieri costruttivi tramite un sostegno rassicurante, umano, rispettoso ed empatico che favorisca l’introspezione e che faccia emergere le risorse interiori del paziente (Pangrazzi, A., 2006).

di Giulia Detti

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