I Disturbi Mentali in Criminologia

disturbi criminale
I disturbi mentali in criminologia

Evoluzione nella percezione e nel trattamento della malattia mentale

Prima dell’Illuminismo la follia era intesa come conseguenza di malefici o di possessione demoniaca, il pazzo era reputato (per sua colpa o debolezza o sventura) un individuo che aveva del tutto perso la ragione, era disumanizzato e non c’era una precisa distinzione tra colpa e malattia (cause morali); il rimedio era spesso di rinchiuderli in istituzioni come prigioni, per isolarli dal resto del mondo e contenere il loro comportamento con le catene, qui vi erano anche gli oziosi, mendicanti, vagabondi ecc.

Nei primi decenni dell’800, col nascere della psichiatria, furono rifiutate le spiegazioni magico-demoniache e moralistiche, la follia fu intesa come “malattia della mente”, considerata curabile; il luogo per la terapia non era più prigione ma un asilo nel quale dovevano andare solo i malati, cioè persone da rieducare al vivere sociale, ma restava lo stesso il principio che il folle andasse isolato dalla società.

Con il progresso scientifico dopo la metà dell’800  si delineò una nuova concezione della malattia mentale, che fu intesa secondo un modello medico impregnato da visione organicistica e materialistica, la follia divenne una malattia qualunque che colpiva il cervello, produceva effetti patologici sulla psiche, era una disfunzione organica da affrontare al di là delle difficoltà esistenziali.

Si sviluppò il sistema manicomiale, luogo ove  curare e tutelare socialmente perchè si pensava che la pazzia comportasse sempre totale alienazione dalla realtà, perdita delle capacità raziocinanti e irresponsabilità e pericolosità (motivi per rinchiudere sempre il malato): nasce il doppio ruolo custodialistico e terapeutico dello psichiatra, che escludeva il malato dalla famiglia, dal lavoro, dalla società.

Questa concezione del malato di mente fu messa in crisi dalla prima metà del 20° secolo: psicoanalisi reputò che esistessero malattie mentali dovute solo a fattori psicologici (pazzo come uomo che soffre), c’è una nuova dimensione sociale che fa considerare il disturbo mentale anche frutto di   un conflitto inter-relazionale tra individuo\individuo\famiglia\società che sottolineava le difficoltà della vita competitiva (cure socioterapiche, inserimento malati nella società), vengono scoperti gli psicofarmaci nel 1952, nasce il movimento dell’antipsichiatria che lotta fino alla legge 1978 (legge Basaglia -legge 180-, i suoi principi furono la volontarietà delle cure, il privilegiare i trattamenti domiciliari e ambulatoriali esercitatati da unità operative territoriali dove vengono eseguite anche in day hospital cure farmacologiche e di sostegno psicosocioterapico) per la chiusura dei manicomi.

Si comprese che il manicomio, con l’isolamento sociale e la depersonalizzazione, era corresponsabile della cronicizzazione del malato, era disumano e degradante, sorse così una nuova politica terapeutica volta al reinserimento del malato nella società e all’istituzione di un reticolo di presidi terapeutici territoriali, negli ospedali civili furono istituiti reparti psichiatrici per il trattamento delle forme acute dove i malati sono ricoverati preferibilmente con il loro consenso e per brevi periodi.

Vengono fatti anche ricoveri da TSO in 3 circostanze: presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, non accettazione delle cure, assenza di condizioni e circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extraospedaliere. Non è previsto il ricovero per TSO nel caso di pericolosità per l’incolumità altrui in atto o prevedibile.

Sei interessato alla Criminologia? Leggi il Nostro Manuale Gratuito

Manuale di Psicologia Criminale

Vuoi approfondire la tua formazione sull’argomento. Vedi il Congresso di Psicologia Criminale

Corso Internazionale in Psicologia Criminale con Roberta Bruzzone
Manuale di Criminologia Gratis
Congresso Europeo di Psicologia Criminale

Scrivi a Igor Vitale