Le Fasi dell’Elaborazione del Lutto secondo Sigmund Freud

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Il processo di elaborazione del lutto

Freud, S. (1915) in Caducità scrive che il lutto, per quanto doloroso sia, si risolve spontaneamente, quando [il soggetto] avrà definitivamente rinunciato a ciò che ha perduto e la nostra libido sarà di nuovo libera di sostituire gli oggetti perduti con oggetti nuovi, possibilmente dello stesso valore o ancora più preziosi (Freud, S., 1915).

La morte rappresenta un evento reale, una parte naturale della vita che riguarda tutti e, poiché si tende a non parlarne, molte persone non comprendono il complesso insieme di emozioni che accompagna il lutto e finiscono così per reagire in modo sbagliato di fronte a questa esperienza. Riconoscere ed accettare la morte di qualcuno permette di ridurre le ansie e le paure collegate alla consapevolezza della propria mortalità e consente di vivere la propria vita a pieno e nel modo più positivo possibile (Markham, U., 1996).

Poiché il lutto è da considerare un’esperienza non solo sociale ma anche intrapsichica, il processo di elaborazione e risoluzione del lutto deve essere concepito in termini di interazione sociale, di significato e di costruzione di una nuova realtà sociale. La perdita di una persona cara infatti comporta la distruzione della realtà della vita quotidiana, una riduzione del significato che le si attribuisce e una minaccia per l’identità personale. Possono essere presenti delle reazioni particolari alla perdita che dipendono dalla posizione della persona deceduta in quanto partner di interazione sociale.

Per esempio la morte di un marito o di una moglie renderà ancora più intense le difficoltà legate alla distruzione del significato e dell’identità;  la morte di un figlio produrrà maggiori difficoltà sulla realtà e sul significato e minori invece sull’identità personale, poiché questa può essere confermata da altre figure significative ancora disponibili attraverso l’interazione sociale, mentre la morte di un genitore può eliminare quei canali comunicativi e quei modelli interattivi che assicurano una certa stabilità e sicurezza, che permettono lo sviluppo e la conferma della propria identità e autostima. Per comprendere, in ciascun caso, il particolare impatto della morte è utile prendere in considerazione il ruolo svolto dalla persona scomparsa in uno o più ambiti del processo di costruzione della realtà, del significato ad essa associato e della conferma dell’identità. In ogni caso, qualunque sia il legame del familiare con la persona deceduta, qualsiasi adattamento positivo alla perdita può essere ottenuto solo se l’individuo che vive il fenomeno del lutto è in grado di impegnarsi in quel percorso che è stato definito come grief-work (rielaborazione). Mettere in relazione il processo di elaborazione del dolore con l’idea del lavoro (work) è corretto, perché l’adattamento a un evento di perdita richiede un notevole sforzo e impegno, sia per riconoscere e accettare la realtà della perdita, sia per distaccarsi dalla persona scomparsa e intrecciare nuove relazioni sociali (Smith, C.R., 1982).

I Tre Compiti Fondamentali del Lutto Anticipatorio

Campione (1990) evidenzia  i tre compiti fondamentali del lutto anticipatorio che attraversano le persone vicine alla persona scomparsa e sono: 1) elaborare il lutto per le perdite iniziali che la situazione terminale comporta, 2) allentare i legami con la persona morente e allo stesso tempo enfatizzare gli aspetti positivi di questi legami per non abbandonare il paziente in un momento in cui ha bisogno di assistenza e sostegno, 3) dirsi addio. Le modalità di elaborazione delle perdite iniziali più frequenti che si osservano nelle famiglie di pazienti malati di cancro consistono nella modalità abbandonica e nella modalità riparativa. La prima viene espressa con frasi come Non è più lui (o lei), quindi non ho più nessun obbligo nei suoi confronti, ed è tipica di quelle famiglie che abbandonano il morente in un’istituzione sancendo così la sua morte sociale per ottenere, a livello cognitivo, un’identificazione tra morte certa e morte avvenuta, ed a livello emotivo una separazione più netta possibile tra la vita e la morte. La modalità riparativa si può rintracciare in frasi come Non è più lui (o lei) ma posso fare molto perché per me rimanga sempre lui (o lei), ed è tipica di quelle famiglie che fanno qualsiasi cosa perché il congiunto torni ad essere la stessa persona che era prima di ammalarsi per soddisfare il desidero di ripristinare ciò che la malattia ha trasformato in passato. Sempre Campione (1990) evidenzia una terza modalità di elaborazione, che vale sia per i lutti parziali sia per il luto in generale, che permette di non sacrificare il presente al futuro o al passato (come accade nella modalità abbandonica e riparativa), e che consiste nel comprendere che si può vivere la situazione drammatica del presente appunto come tempo presente; cioè come quella dimensione temporale che proviene dal passato ed è diretta verso il futuro. Significa, in altri termini, essere consapevoli che quando il morente era lui, nel passato, non era ancora morente, e quando non ci sarà più, nel futuro, non sarà più vivente; in questo modo si supera la via abbandonica e la via riparativa ripristinando una totalità temporale che valorizzi il tempo presente. Il secondo compito del lutto anticipatorio consiste nell’evitare che il progressivo distacco dal morente renda impossibile continuare ad amarlo e ad assisterlo. N. Elias (1985) ha descritto questo problema come il problema della solitudine del morente affermando che per evitare questo sentimento bisogna rendere noto alle persone che stanno per morire che nonostante la loro condizione essi non hanno perduto importanza per noi (Elias, N., 1985). Una volta superate le perdite iniziali il periodo terminale tende a diventare una cerimonia degli addii, dove con dirsi addio s’intende separarsi con un saluto che lascia con sé una speranza (Campione, F., 1990).

Consigli Pratici per Affrontare il Lutto

Ursula Markham (1996) fornisce una serie di pratici aiuti psicologici a chi si trova in una difficile situazione emotiva, a coloro che soffrono e ai loro familiari e afferma che quando si perde una persona cara è importante essere consapevoli di tutte le emozioni che si provano (dolore, rabbia, senso di colpa, paura e sollievo) ed affrontarle. Raccomanda inoltre di avere cura di se stessi, cercando di limitare gli effetti negativi dello stress e dell’angoscia stando attenti anche all’alimentazione, al sonno, al rilassamento e facendo attività fisica. Ritiene utile ristabilire una routine con momenti dedicati al ricordo della persona perduta ma alternati a momenti in cui si fanno riemergere bei ricordi. Consiglia di parlare con qualcuno che può essere la famiglia, gli amici o un assistente sociale e di essere riconoscenti per la vita della persona deceduta. Inoltre, sempre Markham (1996), dopo avere articolato in diverse fasi la terapia di un suo paziente tormentato dal senso di colpa per non essere riuscito a rivedere il padre prima della sua morte, ripropone le stesse a coloro che vivono una condizione simile e che non riescono a raggiungere uno stato di benessere generale a seguito di una grave perdita:

  1. Guardare la realtà della situazione
  2. Chiedersi che cosa avrebbe pensato l’altra persona del proprio comportamento
  3. Pensare ai momenti piacevoli
  4. Chiedersi che cosa si stia facendo di positivo attualmente
  5. Scusarsi (Markham, U., 1996).

Le Tre Fasi dell’Elaborazione del Lutto

Il processo sano ed efficace di elaborazione del lutto consiste in tre fasi principali: l’accettazione cognitiva della perdita, l’accettazione emotiva della perdita e l’accettazione comportamentale della perdita. La prima fase rappresenta un primo step di guarigione che consiste nel risanare la mente dagli scompensi provocati dalla morte del congiunto, che possono provocare disturbi del sonno, difficoltà nella concentrazione, blocchi nelle capacità decisionali e indebolimento della motivazione. La risoluzione del lutto richiede la capacità di considerare ciò che è accaduto con modalità realistiche e volte alla speranza, attraverso una propensione al pensiero positivo e l’acquisizione di atteggiamenti costruttivi. Un criterio generale per valutare l’adattamento a una perdita riguarda la capacità del soggetto di considerare le proprie abitudini, scelte e comportamenti alla luce della nuova situazione. La salute della mente passa anche per la via del cuore dove sono concentrate le emozioni provocate dalla perdita. Due modalità opposte ed inefficaci che si mettono in atto per gestire i sentimenti consistono nella tendenza all’impulsività, che si esprime col traboccare delle emozioni e la tendenza all’ipercontrollo o alla repressione, che si esprime mostrando un’apparente distacco e freddezza mascherando gli stati d’animo che si provano all’interno. La guarigione del cuore consiste nell’essere in grado di accogliere e accettare i propri sentimenti, che possono essere intensi e irruenti, tenui e transitori, alcuni improvvisi altri scaturiti dall’incontro con persone o ricordi particolari. Un modo per contenere e accettare i propri stati d’animo consiste nel condividerli con altre persone, nel comunicarli attraverso la scrittura e nel dedicarsi ad attività benefiche. Infine, un cambiamento nel modo di pensare si riflette nel modo di sentire e questo, di conseguenza, influisce sul modo di fare e di comportarsi del soggetto. Qualunque perdita significativa comporta un cambiamento dell’identità tra il sé passato e quello presente, una trasformazione che riguarda il mondo interno ed esterno, intrapsichico ed interpersonale della persona. Alcuni indici indicativi di un positivo recupero da una grave perdita comprendono: uno stato di benessere fisico generale, un ritrovo dell’energia e della motivazione, la capacità di prendersi cura di sé e di godere di alcune soddisfazioni e il desiderio di pianificare il futuro (Pangarzzi, A., 2006).

Il processo del lutto fisiologico, da un punto di vista temporale, può variare da un periodo che va indicativamente dagli otto mesi ai due anni, ma si svolge con tempistiche e modalità uniche in ciascun individuo e realtà familiare. Ciascuna famiglia, infatti, e ogni suo membro che si trova a vivere la realtà di una grave perdita, può mostrarsi sana in alcune aree come la scuola, il lavoro e le attività quotidiane, ma meno sana in altre, trovandosi a vivere, per esempio, in totale solitudine un’area affettiva rimasta bloccata. Il lutto è stato elaborato quando ogni membro della famiglia è riuscito ad integrare la perdita nel proprio cammino evolutivo, conferendo una collocazione nel passato al defunto e ricordandolo con nostalgia senza aver sacrificato il proprio presente e il proprio futuro (Cazzaniga, E., 2002).

 

di Giulia Detti 

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