I Segreti della Leadership Oscura

i segreti della leadership oscura

Secondo quali criteri, definiamo una leadership negativa?

30A parere di Macchiavelli[1], a caratterizzare un leader, come negativo, era la debolezza, infatti considerata qualità inevitabile, era la crudeltà.  Il leader, doveva prendere esempio da due bestie, quali, la volpe e il leone. Una sola non soddisferebbe, perché dalla volpe, grazie all’astuzia, si riescono a conoscere gli inganni, dal leone è proprio con la forza che ci riesce a combattere gli attacchi.

È proprio in un illustre passo del capitolo 17 del Principe[2], afferma che per un sovrano è auspicabile sia essere amati che temuti ma per preservare il potere e accrescerlo sempre più, l’ispirare amore deve essere subordinato con l’assettato desiderio di incutere paura.  “Essere amati è una gran bella cosa quando si tratta della famiglia, dei vostri animali e della squadra di calcio. Ma se si hanno responsabilità, essere amati è un optional. È meglio essere rispettati”[3]

Molteplici sono le forme di leadership negativa tanto quanto quelle del male che, per sua natura, l’uomo stesso comporta.

Kellerman, analizza due tipi di leadership negativa: quella inefficace e quella antitetica. La leadership inefficace viene considerata tale, proprio perché, non essendo in grado di raggiungere gli obiettivi prefissi, non riesce a produrre il cambiamento desiderato; ciò potrebbe dipendere dai tratti di personalità del leader, dalle incompetenze, scarsa conoscenze delle tattiche utilizzate in modo errato. Ma non si può colpevolizzare solo il capo gruppo, perché il mancato raggiungimento degli obiettivi dipende anche dai followers[4] che passivi e altrettanto inefficaci non permettono la partecipazione attiva rifiutando ogni impegno.

Ed è proprio qui che risiede la prima differenza netta tra una leadership negativa e una positiva; quest’ultima, infatti, imparando dagli errori intraprende una via che sicuramente porta lontano dalle catastrofi; contrariamente, la leadership negativa persegue con coerenza l’inevitabile disastro.

Non a caso, infatti, per leadership antietica, facciamo riferimento, in quei casi in cui è assente la capacità di distinguere il male dal bene. Questo non- riconoscimento porta ad infrangere, non solo il bene del proprio gruppo ma il bene di ogni singolo follower. Proibire, annullare ogni forma di bene significa disumanizzare l’individuo dai diritti elementari, riconosciuti universalmente, quali libertà e dignità.

Difatti, capita che le persone, in situazioni di gruppo, percepiscono se stesse solo nei termini di una identità di gruppo e tendono a sottostare a delle regole dettate dalle persone di status più elevato; d’altronde è risaputo che sono proprio le persone di basso status ad accettare più prontamente gli ordini dai “superiori”.  Le persone confinate in livelli di status inferiore, di fatto, partecipano poco e niente con quelli collocati in uno status superiore. Questa rivalità deriva dal timore della critica anche se “spesso i privilegi e i benefici propri dello status superiore vengono più facilmente svalutati e disprezzati che invidiati”[5].

In modo analogo, sia gli individui aventi elevato status, sia quelli inferiori si sentono minacciati. Proprio per questo, coloro che hanno uno status superiore mostrano atteggiamenti poco cordiali verso gli “inferiori” che a loro volta, sentendo minacciato il proprio status, si pongono in competizione tra loro.

Definiremo status, la posizione occupata da una persona in un qualsiasi gruppo e il valore di tale posizione su una scala di prestigio. A partire dallo status si stabilisce la possibilità di esercitare sia il potere, sia il controllo che l’influenza sulle persone.

Ma come comprendere se un individuo ha maggior status rispetto ad un altro appartenente al gruppo stesso?

È semplice, basta prestare attenzione al comportamento verbale e a quello non verbale. Difatti, le persone con uno status più elevato mantengono e privilegiano un maggior contatto oculare, assumono una postura più eretta e rigida, amano criticare, comandare o interrompere gli altri, e non solo parlano più spesso ma sono anche nominati più spesso, rispetto ai membri del gruppo con uno status meno elevato.

Come si creano queste differenze di status?

A dare una risposta, ci aiuta lo psicologo Henri Berger che elabora la teoria dell’aspettativa di status rilevando l’importanza delle aspettative già dai primi momenti di vita del gruppo. È giusto puntualizzare, che sin dal primo incontro, le persone si formano delle aspettative in merito:

 

  • Alle caratteristiche personali di quegli individui importanti per il compito del gruppo, considerando appunto, sia le capacità sociali sia le esperienze passate;
  • Al probabile contributo dell’individuo, indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi del gruppo.

Si vedranno assegnato uno status più elevato quei membri le cui caratteristiche producono aspettative più elevate. Questi, copriranno, in ogni circostanza, una situazione di vantaggio: saranno sempre e comunque stimate, ricercate e apprezzate. La loro autostima verrà alimentata sempre più.

Avere uno status elevato comporta, comunque, molta responsabilità; difatti, dal momento che se si commettono errori che causano rilevanti conseguenze sul gruppo, la critica sarà molto più accentuata rispetto a un membro di status inferiore.

La compatibilità tra la personalità del leader e quella dei suoi “seguaci”, comunemente chiamati follower, svolge un ruolo decisivo.

[1]  tipico esempio dell’uomo rinascimentale; storicoscrittoredrammaturgopolitico e filosofo italiano

[2] Una delle opere più importanti di Macchiavelli; considerata un trattato politico sul sovrano ideale

[3] Tim P., Niccolò Macchiavelli il principe riletto a uso dei manager, Rizzoli Etas, 2013, pp. 104

[4] Termine utilizzato per indicare coloro che possono essere riconosciuti come compagni, seguaci.

[5] Macciocca L., Massino R., Leadership e team building di successo. Come si diventa leader di una squadra vincente, Maggioli Editore, 2011, pp. 272).

di Giulia Mucimarra

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