Regolazione Emotiva: definizione, teoria di Gross, caratteristiche

La regolazione emotiva: definizioni e teorie

La regolazione emotiva viene definita come un processo tramite cui gli individui influenzano le proprie emozioni, il momento in cui provarle e il modo in cui farne esperienza ed esprimerle (Gross, 1998). Il concetto di regolazione delle emozioni ha manifestato un forte potere euristico testimoniato dallo sviluppo esponenziale delle ricerche che hanno riguardato tutti gli ambiti della psicologia, da quella dello sviluppo (Derryberry & Rothbarth, 1997; Gresham & Gullone, 2012; Thompson, 1991) alla psicologia clinica (Maughan & Cicchetti, 2002), alle neuroscienze (Hariri & Holmes, 2006; Ochsner & Gross, 2007).

Tuttavia, le posizioni teoriche restano divergenti su molti aspetti, come l’estensione e il modo di operare della regolazione, nonché sulla legittimità stessa di separare genesi e regolazione delle emozioni (Matarazzo & Zammuner, 2015). Uno dei modelli più accreditati è quello di Gross e colleghi (Gross, 1998; John & Gross, 2004; Ochsner & Gross, 2007), i quali propongono un modello di regolazione cognitiva dell’emozione. I processi di regolazione emotiva possono essere automatici o controllati, consci o inconsci, e possono intervenire in uno o più momenti del processo generativo delle emozioni (Gross, 1998).

Il processo di regolazione emotiva presenta diverse caratteristiche.

La prima riguarda l’attivazione di un obiettivo per modificare il processo generativo delle emozioni (Gross, Sheppers, & Urry, 2011). Tale obiettivo può essere attivato sia in se stessi che in qualcun altro: è opportuno parlare di regolazione emotiva intrinseca nel primo caso, e di regolazione emotiva estrinseca nel secondo caso. I ricercatori che basano i propri studi sugli adulti tipicamente fanno riferimento alla regolazione emotiva intrinseca (Gross, 1998). Al contrario, le ricerche sui bambini si concentrano sulla regolazione emotiva estrinseca (Cole, Martin, & Dennis, 2004). Molto spesso i due processi si verificano insieme.

La seconda caratteristica riguarda la scelta, da parte dell’individuo, dei processi che sono responsabili dell’alterazione delle traiettorie emotive (Thompson, 1990). Questi processi possono essere espliciti o impliciti. Per esempio, quando cerchiamo di sembrare calmi anche se ci sentiamo molto agitati prima di fare un discorso, mettiamo in atto un processo esplicito e conscio capace di regolare le nostre emozioni. Oppure, quando nascondiamo il sentimento che proviamo per un’altra persona per paura di essere rifiutati, o quando distogliamo velocemente lo sguardo da qualcosa di potenzialmente sconvolgente, mettiamo in atto processi impliciti di regolazione (Gross, 2014).

La terza caratteristica riguarda l’impatto sui processi delle dinamiche emotive (Thompson, 1990), identificabili in relazione alla latenza, insorgenza, intensità, durata, considerando anche le risposte psicologiche, comportamentali ed esperienziali. Gross (1998) ha teorizzato due modelli legati tra loro: uno che riguarda la genesi delle emozioni e uno che specifica le strategie di regolazione emotiva. Il primo, Modal Model of Emotion, si pone l’obiettivo di individuare la sequenza secondo cui si genera un’emozione: la sequenza comincia con una situazione rilevante dal punto di vista psicologico, che può essere sia esterna (come un serpente che striscia nella mia tenda) che interna (come la paura di non arrivare mai a nulla). In ogni caso, tale situazione darà luogo ad una valutazione (appraisal) che costituisce il giudizio di cosa quella situazione significa per l’individuo in relazione ai suoi obiettivi (Ellsworth & Scherer, 2003). La risposta emotiva generata dall’appraisal implicherà cambiamenti nei sistemi di risposta neurobiologica, esperienziale e comportamentale. Il secondo modello, Process Model of Emotion Regulation, individua le strategie di regolazione emotiva in relazione alla sequenza dei processi coinvolti nella genesi delle emozioni (Figura 1.1).

regolazione emotiva

Figura 1.1. Modello del processo della regolazione emotiva (Gross, 2014, p. 7). Ad un livello più ampio, si distingue tra strategie di regolazione emotiva antecedent-focused e strategie response-focused. Tra le prime troviamo tutte le azioni che mettiamo in atto prima che la risposta emotiva sia del tutto attiva e prima che essa abbia cambiato il nostro comportamento o la nostra risposta fisiologica. Le seconde intervengono quando la risposta emotiva è già stata generata.

Gross (1998) ha individuato cinque categorie di strategie più specifiche che si collocano lungo la sequenza di insorgenza dell’emozione.

  1. Selezione della situazione (Situation Selection): si riferisce al fatto di avvicinare o evitare certe persone, certi luoghi, certi oggetti con lo scopo di regolare le proprie emozioni. Alcuni esempi includono cambiare corridoio al supermercato per evitare un vicino che fa scherzi offensivi oppure cercare un amico con cui potersi sfogare.
  2. Modifica della situazione (Situation Modification): consiste nello sforzarsi attivamente per modificare in modo diretto la situazione così da alterarne l’impatto emotivo. Se ad una persona si buca una gomma della macchina mentre sta andando ad un appuntamento importante, essa può sostituire un meeting in un colloquio al telefono, oppure se il vicino tiene la musica alta alle tre del mattino, possiamo convincerlo ad abbassarla.
  3. Distribuzione dell’attenzione (Attention Deployment): le strategie che modificano il focus attentivo sono la distrazione, la concentrazione e la ruminazione. La distrazione fa sì che un individuo si focalizzi su aspetti non emotivi della situazione o che addirittura sposti l’attenzione fuori dall’immediata situazione (Derryberry & Rothbart, 1988; Kanske, Heissler, Schönfelder, Bongers, & Wessa, 2011). La concentrazione consiste nella selezione di alcuni aspetti della situazione e comporta un potenziamento della risposta emotiva (Orsolini, 2011). La ruminazione implica un’attenzione diretta,ma in questo caso la focalizzazione è sui sentimenti e le loro conseguenze. Ruminare sulle caratteristiche emozioni negative della depressione porta allo sviluppo di sintomi depressivi più gravi e più duraturi (Aldao, Nolen-Hoeksema, & Schweizer, 2010).
  4. Ristrutturazione cognitiva (Cognitive Change): processo per cui un individuo può modificare la propria valutazione di una situazione così da alterarne il significato emotivo, sia cambiando il proprio pensiero riguardo alla situazione stessa o agendo sulla propria capacità di gestire la richiesta che essa pone. Un esempio è dato dal reappraisal, strategia che implica il cambiamento di ciò che un individuo pensa riguardo a una situazione potenzialmente emotiva con lo scopo di modificarne l’impatto emotivo; di solito viene usata per ridurre le emozioni negative, ma può anche essere utile per aumentare o ridurre emozioni positive o negative (Samson & Gross, 2012).
  5. Modulazione della risposta (Response Modulation): si verifica più tardi nel processo generativo delle emozioni, quando le risposte emotive si sono già attivate, e influenza direttamente le componenti esperienziali, comportamentali o fisiologiche della risposta emotiva.

Esercizio fisico e tecniche di rilassamento possono essere usate per ridurre gli aspetti esperienziali e fisiologici delle emozioni negative; anche alcol, sigarette, droghe e perfino il cibo possono essere usati per modificare l’esperienza emotiva. Una strategia di modulazione della risposta è la soppressione (expressive suppression), che comporta l’inibizione di un comportamento emotivo in corso (Gross & Levenson, 1993). Per esempio, una persona dovrebbe mantenere una faccia da poker quando è in possesso di una grande mano durante un gioco di carte. Gross (1998) afferma che gli obiettivi tipici degli individui nel regolare le proprie emozioni stanno nel cercare di ridurre le emozioni negative e aumentare quelle positive (Gross, 1998). Thompson (1990) definisce, invece, la regolazione emotiva come un insieme di processi estrinseci ed intrinseci responsabili di monitorare, valutare e modificare le reazioni emotive, soprattutto i loro aspetti temporali e intensivi. Pertanto, i processi di regolazione emotiva sono necessari sia per fornire flessibilità ai pattern comportamentali che le emozioni generano e dirigono, sia per consentire all’organismo di rispondere velocemente e in modo efficiente ai cambiamenti, mantenendo un’attivazione interna entro i limiti per migliorare la prestazione. Sebbene gli uomini siano dotati dal punto di vista evoluzionistico di un repertorio di emozioni primarie (Izard, 1992), ci sono anche fondamenti biologici di processi di regolazione emotiva che alterano in modo significativo queste esperienze emotive e che si sono evoluti per fornire più flessibilità ed efficienza ai sistemi emotivo-motivazionali.

Thompson (1994) ha individuato alcune caratteristiche proprie della regolazione emotiva.

In primo luogo, la regolazione emotiva può comportare il mantenimento e l’accrescimento dell’attivazione emotiva così come la sua inibizione o soppressione. Nella nostra cultura, le strategie di gestione delle emozioni sono usate per mantenere e accrescere tale attivazione emotiva, come quando i bambini intensificano la loro rabbia per affrontare un bullo molto temuto, o come quando gli adulti ruminano su sentimenti di colpa, rabbia e vergogna in risposta ad un’ingiustizia sociale (Thompson, 1994).

In secondo luogo, la regolazione emotiva comprende non solo strategie auto-acquisite di gestione delle emozioni, ma anche una grande varietà di influenze esterne tramite le quali l’emozione viene regolata. Ed è importante specificare ciò perché una considerevole parte del processo di regolazione emotiva avviene tramite l’intervento di altre persone, come nel caso dei bambini, che sono regolati inizialmente dai genitori.

In terzo luogo, sebbene spesso la regolazione emotiva incida sull’emozione discreta vissuta da un individuo (per esempio, l’attivazione di colpa o vergogna piuttosto che di rabbia quando si è ingiustamente accusati), più comunemente essa interviene sulle caratteristiche di intensità e durata di un’emozione.

In altre parole, alcuni aspetti della gestione delle emozioni sopprimono (o accrescono) l’intensità dell’emozioni esperita, ritardano (o velocizzano) il suo inizio o il suo recupero, limitano (o aumentano) la sua persistenza nel tempo, riducono (o incrementano) la portata delle emozioni o la loro provvisorietà, e influenzano altre caratteristiche qualitative della risposta emotiva (Thompson, 1994).

Infine, la regolazione emotiva deve essere considerata in termini funzionali in relazione agli obiettivi dell’individuo per quanto riguarda una particolare situazione. Questi obiettivi devono essere molti e devono cambiare in base alle situazioni, e includere molto più che il semplice mantenimento di un’inclinazione positiva verso se stessi e verso gli altri. È importante, parlando di regolazione emotiva, specificare cosa viene regolato. Dato che le emozioni sono fenomeni multiformi caratterizzati da diverse dimensioni, il cui sviluppo deriva dalla crescita e dall’integrazione di processi comportamentali e biologici (Thompson, Lewis, & Calkins, 2008), ci sono vari modi per arrivare a gestirle.

In particolare, Thompson (1994) individua le seguenti dimensioni.

  • Elementi neurofisiologici: al centro di questi processi si trova il sistema nervoso che si è evoluto per gestire l’attivazione (compresa quella emotiva) attraverso l’interazione tra meccanismi inibitori ed eccitatori. Molti di questi meccanismi sono immaturi alla nascita, e la loro progressiva maturazione e il loro consolidamento non solo favoriscono un grande autocontrollo comportamentale ed emotivo nei primi anni di vita, ma permettono anche una grande suscettibilità alle influenze regolatorie estrinseche.
  • Processi attentivi: essi assumono una funzione di regolazione emotiva fin dai primi momenti di vita. La maturazione dell’organizzazione neurofisiologica delle aree deputate al controllo visivo tra i 3 e 6 mesi permette al bambino di spostare l’attenzione verso gli eventi stimolo in modo volontario (Sheese, Rothbart, Posner, White, & Fraundorf, 2008). Col crescere, il processo di regolazione emotiva attraverso la gestione dell’attenzione diventa più complesso.
  • Codifica di segnali emotivi esterni: piuttosto che limitare l’assorbimento di informazioni emotivamente attivanti, gli individui si autoregolano alterando le loro interpretazioni e i loro costrutti di tali informazioni. Ciò viene ben illustrato dai meccanismi di difesa adattivi che riducono l’ansia o altre emozioni negative, con il risultato che i costrutti di realtà sono alterati e le emozioni regolate (Mayer & Salovey, 1995; Pellitteri, 2002). Un altro esempio si riscontra quando i bambini reinterpretano i finali di storie spaventose in modo più soddisfacente per loro dal punto di vista emotivo (per esempio dicendo: “Non è morto davvero, è solo scappato via per la paura”). I bambini si creano i propri costrutti interpretativi di eventi emotivamente attivanti, ovviamente, e tali costrutti comunemente si basano sul raggiungimento o meno dei propri obiettivi personali e sulle inferenze relative alle cause di successo o fallimento che possono avere conseguenze emotive molto forti (Thompson, 1987).
  • Codifica di segnali emotivi interni: l’attivazione emotiva è regolata non solo reinterpretando le circostanze che elicitano un’emozione, ma anche reinterpretando gli indicatori interni di un’attivazione emotiva, come il rapido battito cardiaco, l’aumento della respirazione, la sudorazione ed altri segnali concomitanti (Thompson, 1994).
  • Accesso a risorse di coping: in questo caso, ciò che si regola è la disponibilità di supporti esterni per gestire l’attivazione emotiva. Gli adulti si rivolgono ad amici e familiari per chiedere consigli quando sono ansiosi, cercare conforto quando sono tristi, e i bambini sono consapevoli dei benefici di avere protezione dagli altri quando provano emozioni negative (Cole, Dennis, Smith‐Simon, & Cohen, 2009; Masters, Ford, & Arend, 1983). Con il crescere dell’età, l’accesso a risorse di coping come aspetto della regolazione emotiva diventa più pianificato e strategico. Gli amici sono ricercati per il loro supporto emotivo e perché sono comprensivi, soprattutto le ragazze che risultano più amichevoli e cordiali e con più alti livelli di empatia (Rose & Rudolph, 2006), e possono essere considerati dei confidenti i colleghi che si sono mostrati comprensivi in alcune occasioni.
  • Richieste emotive del setting familiare: regolare le richieste emotive del setting familiare è un modo in cui i genitori, dall’esterno, gestiscono le esperienze emotive dei loro figli. Spesso restringono o espandono le opportunità di attivazione emotiva esperite dai figli controllando le richieste emotive delle routine familiari e di altre esperienze comuni (come la frequenza delle separazioni tra genitore e figlio, la prontezza di rispondere a grida di soccorso ecc.). Comportandosi così, i genitori prendono in considerazione sia la forza temperamentale dei loro figli sia la loro vulnerabilità. Un altro fattore importante che influenza il clima emotivo della famiglia, e che è in grado di influenzare anche il modo in cui i genitori valutano e rispondono alle emozioni dei figli, è rappresentato dalle credenze dei genitori sull’emotività e la sua espressione (Thompson & Meyer, 2007). Con il crescere, in ogni caso, gli individui diventano più capaci di selezionare o costruire ambienti alla luce dei propri bisogni e delle proprie caratteristiche, tendendo conto dell’esame delle richieste emotive con cui si sentono a proprio agio.
  • Selezionare risposte adattive alternative: la regolazione emotiva spesso implica di esprimere un’emozione in un modo che abbia conseguenze soddisfacenti, in altre parole che sia concordante con gli obiettivi di una persona riguardo alla situazione. Per gli adulti, ciò può comportare di provare rabbia nella ricerca di una soluzione piuttosto che insultare o passare all’attacco fisico.

Per un bambino prescolare, ciò può manifestarsi nell’insistere sul fatto che un compagno che gli ha distrutto un castello di carte lo aiuti a ricostruirlo piuttosto che arrabbiarsi con lui, oppure di usare il linguaggio per negoziare la richiesta di un genitore piuttosto che scoppiare in un pianto rabbioso. In ogni caso, non succede solo che un’emozione venga regolata per raggiungere un obiettivo personale (come ricostruire il castello o trovare una soluzione), ma anche che l’aspettativa di raggiungere un obiettivo faciliti la regolazione emotiva per la prospettiva di risultati positivi. Lo studio della regolazione emotiva offre un campo entro cui problemi di competenza e incompetenza sociale, di autocontrollo comportamentale, e anche di funzionamento intellettuale e cognitivo possono essere visti sotto una nuova luce. Attribuendo in parte questi problemi a differenze individuali nei processi di regolazione emotiva, i ricercatori non solo contribuiscono a nuove idee riguardo alle origini di tali differenze sociali e cognitive, ma cominciano anche a identificare nuovi interventi e nuove strategie per affrontarle (Thompson, 1994). Molte teorie dimostrano che le emozioni guidano il comportamento umano e che ogni emozione è utile per specifiche funzioni, coordinando i bisogni dell’organismo con le richieste ambientali (Cole, Michel, & Teti, 1994). Per esempio, la rabbia è utile per il raggiungimento degli obiettivi nonostante gli ostacoli. La tristezza serve a rinunciare agli oggetti e agli obiettivi desiderati, evitando di sprecare le proprie forze e ricavando protezione dagli altri. Quindi, le emozioni hanno un’influenza regolatoria in altri processi, come focalizzare l’attenzione e comunicare con gli altri. Le emozioni sono anche regolate in modo che l’esperienza e l’espressione di esse stesse possano essere modulate nel far fronte alle richieste ambientali. Per esempio, una persona può attenuare un’intensa rabbia con lo scopo di evitare di rovinare una relazione. Considerare le emozioni come poco controllate o disorganizzate è ancora centrale nelle concettualizzazioni popolari di immaturità e devianza psicologiche e nelle concettualizzazioni cliniche di comportamento maladattivo e psicopatologia. Modelli clinici di psicopatologia e cambiamento terapeutico pongono l’attenzione sugli aspetti problematici delle emozioni, espliciti o impliciti, e assumono che l’aumento di consapevolezza ed espressione emotiva, un controllo flessibile degli stati emotivi, la capacità di riflettere sulla propria emotività e di trasformare emozioni e strategie disadattive in emozioni e strategie adattive sono indici di adattamento e successo terapeutico (Greenberg, 2010). Con ciò non si vuole intendere che le emozioni sono ritenute la sola causa o la variabile più importante nelle concettualizzazioni cliniche, ma piuttosto che le emozioni e gli eventi collegati ad esse sono fattori critici nell’eziologia di inadattabilità e nel cambiamento terapeutico. Secondo Cole, Michel e Teti (1994), la regolazione emotiva può essere definita come l’abilità di rispondere alle richieste ambientali che si manifestano nel corso della vita attraverso le emozioni in un modo che sia socialmente tollerabile e sufficientemente flessibile, tanto da permettere reazioni spontanee così come è necessaria l’abilità di gestire tali reazioni. Differenze individuali in pattern di regolazione emotiva diventano caratteristiche di personalità. Sotto certe condizioni, alcuni tipi di regolazione emotiva mettono a repentaglio o danneggiano il funzionamento personale e possono favorire o diventare sintomi di una psicopatologia. Quindi, schemi emotivi di base possono svilupparsi in schemi che interferiscono con il funzionamento dell’individuo. Questa interferenza può comportare il danneggiamento di altri processi, come l’attenzione o le relazioni sociali, o il fallimento della regolazione flessibile di esperienza ed espressione emotiva. Quando il processo di regolazione emotiva si lega ai problemi appena esposti, si può parlare di disregolazione emotiva (Cole et al.,1994).

di Martina Micheli

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