Analisi della Scena del Crimine: Tecniche, Esempi, Casi

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Quando si parla di “scena del crimine” non si fa riferimento solo al rinvenimento di un cadavere, che presenta ferite da punta, da taglio o da arma da fuoco, all’interno di una casa; si parla di “scena del crimine” anche quando si rinvengono cadaveri carbonizzati, in stato di decomposizione o di resti scheletrici in campagna come anche nelle più grandi metropoli.

Detto ciò, dunque, sembra quasi scontata la presenza sulla scena del crimine, oltre che del medico legale, anche di altre importanti professionalità, tra cui l’antropologo forense, il botanico forense, lo specialista in tracce ematiche, ecc….

L’intero lavoro di analisi, ovviamente, viene gestito da un responsabile in merito a qualità e quantità delle informazioni presenti sul luogo, che possono essere usate in maniera più ottimale anche con l’ausilio di tecniche informatiche.

Non sempre la scena del crimine corrisponde al luogo di rinvenimento del cadavere. Esso molto spesso viene occultato e, qualora l’assassino decida di confessare l’omicidio e rivelare dove si trova il corpo della vittima, non sempre le informazioni raccolte sono precise. Ecco che è importante trovare il luogo preciso in cui è stato sepolto o abbandonato e che venga recuperato in maniera idonea.

La ricerca di un cadavere deve essere distinta in due fasi: individuare il luogo in cui è stato occultato il cadavere e, recuperata la salma, se essa è in avanzato stato di decomposizione, va assemblata tenendo conto dei singoli elementi corporei; se invece è inumata, vanno usate le accortezze di cui si avvalgono gli archeologi per la raccolta dei reperti archeologici.

La ricerca è di solito condotta con l’ausilio delle seguenti tecniche:

  • Fotografia aerea, che permette di avere un’ampia visuale della zona in cui è stato occultato un cadavere quando non si sa con precisione il luogo;
  • Field walking, definito anche “perlustrazione della zona all’aperto”, è caratterizzato da file di persone poco distanti le une dalle altre che controllano la zona sospetta;
  • Metodiche geo-fisiche, che si avvalgono dell’uso di rilevatori di conduttività del terreno e di resistenza del suolo che segnalano l’eventuale modificazione del terreno stesso;
  • Cani da cadavere, che vengono impiegati in alcuni Stati per il ritrovamento di cadaveri non solo in superficie, ma anche interrati da tempo.

A volte, poi, pur ritrovando dei resti ossei, non si può essere del tutto sicuri che si tratti di resti umani. In questo caso è necessario l’intervento di specialisti che, se non hanno la possibilità di stabilire sul luogo la natura dei resti, possono prelevare un campione di essi al fine di analizzarli. Generalmente, comunque, può anche bastare l’intervento di un osteologo.

Ritrovato il cadavere, bisogna stabilire ora e dinamica della morte. Se esso è ben conservato, allora si fa riferimento essenzialmente a tre tipi di indagine: frigor, ossia il raffreddamento del cadavere rispetto alla temperatura ambientale, livor, ovvero la presenza di ipostasi o macchie ipostatiche, e rigor, cioè la contrazione post mortale dei muscoli. Da un punto di vista criminalistico, è importante notare se la posizione del cadavere al momento del rinvenimento rispecchia il rigor; se così non fosse, ciò indica che il corpo è stato spostato.

Il livor mortis si manifesta nelle zone declivi del corpo ed è un fenomeno mobile, ovvero se il cadavere viene spostato, si spostano anche le ipostasi. Inoltre, bisogna notare che, se le macchie si presentano in zone non declivi del corpo, anche ciò è indizio che esso è stato spostato.

La colorazione del livor poi può mostrare com’è avvenuto il decesso della vittima: rosso ciliegia, può indicare una morte per cianuro, monossido di carbonio o per basse temperature; se è presente un accumulo di sangue nelle zone declivi, alcuni vasi possono rompersi e formare delle petecchie rosse, che però non vanno scambiate per lesioni.

Il frigor, poi, rappresenta la conformazione della temperatura del cadavere con quella ambientale. I rilievi vengono presi tramite termometro rettale. Vi sono dei nomogrammi che permettono di stabilire un minimo ed un massimo di tempo entro cui è avvenuto il decesso della vittima, tenendo conto del suo peso, della temperatura ambientale e rettale e del tipo di copertura del cadavere tramite indumenti.

Man mano che il corpo va in decomposizione, è sempre più difficile stabilire con precisione una possibile ora del decesso.

Altro importante ambito che sta avendo sempre più largo spazio nell’analisi della scena del crimine è la botanica. Se vi sono elementi botanici vicino, sotto o sopra la salma, oppure che crescono all’interno nel caso si tratti di soli resti ossei, il botanico può stabilire lo sviluppo della vegetazione rispetto al momento del decesso. Questi sono rilevamenti importanti soprattutto nei casi di omicidio, poiché il killer generalmente tende a nascondere il cadavere in zone poco frequentate ed in cui la vegetazione è talmente alta e fitta da non permettere la vista del corpo della vittima.

Quando il corpo è in fase di decomposizione, diventa più difficile stabilire l’intervallo post mortem. Il corpo inizia ad andare in decomposizione già dopo alcune ore dalla morte. Inizialmente la pelle assume una colorazione verdastra a partire dall’addome e dagli orifizi del corpo e successivamente si arriva alla desquamazione della cute. A questo stadio i liquidi putrefattivi si fanno strada dalle cavità del corpo. Si arriva infine ad uno stadio di scheletrizzazione, che si raggiunge dopo settimane o mesi.

In ambienti particolari, però, il corpo può andare incontro ad un processo di saponazione o di mummificazione. La prima avviene di solito in acqua in cui esso rimane inalterato per qualche settimana finché cute e sottocute non assumono l’aspetto del sapone. In questo modo il corpo rimane conservato anche per mesi con un colorito biancastro. Ciò si verifica non solo in acqua, ma in tutti quei casi in cui viene trattenuta l’umidità.

La mummificazione invece avviene in ambienti secchi e ventilati. Il corpo si disidrata e i tessuti si conservano anche per decenni.

Durante il rinvenimento del cadavere, è necessaria l’identificazione della vittima. Se il cadavere è conservato, basta scattare qualche foto, soprattutto al viso, oltre che prendere le impronte digitali. Se il cadavere, invece, è in stato di decomposizione, vengono impiegate delle metodiche per riuscire a prendere le impronte anche con corpi mummificati o carbonizzati. Se si è in presenza di un corpo altamente decomposto, allora si procederà all’identificazione in laboratorio, attraverso, ad esempio, la rilevazione del DNA a partire dagli elementi raccolti sul luogo del ritrovamento.

di Maria Esposito – chiedi una consulenza

Corso Analisi della Scena del Crimine

 

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