Quando la tristezza diventa depressione

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“Mi sento triste!”

Quando la tristezza diventa depressione

 

Che cos’è la depressione?

Il termine “depressione” deriva dal latino deprimere, ed è stato applicato al tono dell’umore dal XVII secolo. Questo termine esprime il sentimento dell’oppressione e dello schiacciamento: esprime,quindi, il funzionamento più lento e difficoltoso della nostra personalità.

Alla base di ogni depressione c’è o c’è stata una perdita non rielaborata e non adeguatamente superata. Non sempre siamo in grado di comprendere quale sia stata la perdita che ci ha condotto sulla strada della depressione,anzi,spesso neanche chi ci cura riesce a ricostruire in modo attendibile quale perdita ha determinato la malattia. Tutta la nostra vita si può considerare una successione di eventi di perdita: perdita di affetti,di oggetti,di emozioni che lasciamo indietro nel passato per cercarne di nuovi nel futuro. Ci adattiamo per tutta la vita,di attimo in attimo,a lasciare il vecchio e ad affrontare il nuovo.

Il lutto, cioè la perdita della persona amata,il coniuge,il genitore,i figli, costituisce l’esempio emblematico di come un periodo di tristezza debba essere vissuto come momento normale,fisiologico. Sembra che la disperazione che subito ci coglie sia legata alla paura di perdere noi stessi nella situazione luttuosa. Momento in cui ci si ritira dal mondo per vivere il proprio lutto come un periodo intimo di raccoglimento e tristezza necessario per adattarci alla perdita,per ritrovare il modo di riprendere il cammino nel mondo essendo diversi, e per continuare a vivere senza la persona amata.

Cominciamo così il periodo del lutto, nel quale il dolore speso è il lavoro necessario per tornare a stare bene. Ma cosa accade se questo stato di tristezza non è passeggero e assume un po’ alla volta un carattere si persistenza?

Uno stato di tristezza può non essere passeggero,ma assumere un po’ alla volta un carattere di persistenza;approfondirsi ed accompagnarsi a una serie di sintomi quali per esempio il senso di incapacità,i disturbi della memoria,l’insicurezza,la difficoltà a parlare,a continuare a tenersi in ordine e puliti,oltre a disturbi digestivi e dell’equilibrio,palpitazioni e tanti altri. Questi e altri sintomi,variamente combinati,trasformano progressivamente lo stato di tristezza nel tunnel buio,incombente,ostile e senza vie di uscita visibili dentro il quale la malattia chiude il depresso. Questa progressione,ben conosciuta dalle persone affette da quel particolare tipo di depressione che si ripresenta periodicamente,avviluppa in una discesa a spirale sempre più ripida nella quale il depresso si rende improvvisamente conto di cadere: gli sembra che la depressione arrivi di colpo,imprevedibile.

Accanto al sentimento di tristezza, ciò che deve farci supporre che ci siamo ammalati sono l’inibizione e l’incapacità di mantenere in concreto il nostro saper agire nelle relazioni,nel lavoro e nei comuni atti di vita quotidiana. Non esiste una modalità assoluta per dire se una persona è depressa o no,ma osservando nel tempo come cambia il suo modo di essere possiamo capire la profondità dell’evento. Osservare e osservarci per accorgerci che di giorno in  giorno siamo sempre diversi,con qualcosa in più e qualcosa in meno,ma mai uguali a quelli del giorno prima;l’abitudine all’osservazione dei nostri atti concreti e del variare di ciò che ci agita nella nostra mente ci fornisce la base per comprendere cosa ci capita,e mettere in atto provvedimenti adeguati in caso di pericolo.

di Paulina Szczepanczyk

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