Benessere e malessere nelle organizzazioni

Sono diverse le definizioni che vengono attribuite al termine di benessere organizzativo. Con questo termine infatti ci si riferisce spesso allo stato soggettivo di coloro che lavorano in uno specifico contesto, e altre volte si designa l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a determinare il benessere di chi lavora. Avallone e Bonaretti (2003) parlano di benessere organizzativo facendo riferimento alla capacità di un’organizzazione di promuovere e di mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione.

All’inizio del secolo scorso l’organizzazione lavorativa era concepita in funzione del conseguimento del miglior risultato per l’impresa non tenendo in considerazione né l’ambiente di lavoro né lo stato di salute dei lavoratori ai quali veniva richiesto di adattarsi in maniera passiva al sistema tecnologico e organizzativo.

E’ solo a partire dagli anni ’30 che si inizia a parlare dei fattori connessi agli infortuni e alle malattie in ambito lavorativo, attraverso l’utilizzo di strumenti di assistenza per i lavoratori infortunati. In questo periodo gli interventi si limitavano a valutare le condizioni di lavoro che potevano costituire un rischio di infortunio cercando di migliorarle. Si tratta quindi di un intervento orientato fondamentalmente alla cura del danno fisico verificatosi.

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Solo con la nascita del movimento delle relazioni umane (Mayo 1933, 1945) l’attenzione è stata indirizzata verso i possibili danni al benessere dei lavoratori apportati dalla routinizzazione e dalla dequalificazione, e quindi è stata evidenziata l’importanza del fattore umano.

Gli anni ’50 – ’60 sono caratterizzati dalla volontà di promuovere la sicurezza e la salute dei lavoratori attraverso l’attenzione posta all’ergonomia, agli interventi di formazione e di selezione dei lavoratori. L’azione resta prevalentemente incentrata sulla cura dell’individuo, ma si presta attenzione anche alle conseguenze psichiche (come affaticamento, disturbi psicosomatici ecc.)

Dagli anni ’70-’80 ci si è spostati da un approccio caratterizzato da un intervento incentrato sulla cura, alla focalizzazione sul concetto di prevenzione grazie agli studi e alle tecniche che furono impiegate per migliorare la qualità della sicurezza nei contesti lavorativi. Gli studi si basavano sulla concezione che la salute è influenzata sia da fattori biologici che da quelli psicologici e sociali, e sottolineavano l’importanza della loro interazione (Ilgen e Swisher, 1989).

La prima Conferenza internazionale sulla promozione della salute che si è riunita ad Ottawa il 17-21 novembre 1986 ha presentato una Carta per stimolare l’azione a favore della salute per tutti a partire dall’anno 2000. La promozione della salute viene descritta come il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. La salute viene quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, che deve essere promossa da tutti. Uno strumento di azione per la promozione della salute previsto dalla Carta è la creazione di ambienti favorevoli, ovvero condizioni di vita e di lavoro che siano sicure, stimolanti, soddisfacenti e piacevoli (Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, 1986).

Nel 1986 Rosen incomincia a sottolineare l’importanza per la salute nelle organizzazioni di aspetti come il clima e la cultura organizzativa, mentre Rymond, Wood e Patrick (1990) introdussero il termine Occupational Health Psychology (OHP) indicando una nuova materia interdisciplinare nata dal convergere tra la psicologia della salute (health psychology), e la salute pubblica (public health) nei contesti lavorativi (Weiner et al., 2003). La Occupational Health Psychology applica la psicologia agli ambienti lavorativi per il miglioramento della vita lavorativa, la protezione, la sicurezza dei lavoratori, e la promozione della salute nei luoghi di lavoro (Schultz, 2008).

In questi anni si è diffuso il concetto di Wellness e di Occupational Health promotion (Glasgow e Terborg, 1988). A questo proposito viene attuata una distinzione tra il concetto di Health protection che si riferisce alla volontà di proteggere quante più persone è possibile dalle minacce alla loro salute, e il concetto di Health promotion che fa riferimento all’indurre le persone a fare delle scelte ragionate che migliorino la loro salute fisica (di cui si occupa il job design) e mentale (servendosi delle tecniche di motivazione). La novità principale, dunque, è lo spostamento dell’interesse dalla prevenzione degli infortuni e delle malattie alla conservazione attiva della salute. Precedentemente, infatti, la salute veniva considerata come assenza di invalidità o di malattia, mentre da quel momento in avanti è stata concepita come miglioramento e conservazione di uno stato di benessere fisico e psicologico. I piani di intervento ispirati alla wellness si proponevano di far sorgere nei lavoratori la volontà di cambiamento di quei comportamenti dannosi alla salute e di sostituzione degli stessi con dei comportamenti salutari (come la dieta, l’esercizio fisico, l’abbandono del vizio del fumo, la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze ecc.) (Avallone & Bonaretti 2003).

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