Cos’è (veramente) il benessere in psicologia

Spaltro (2002) riferendosi alla psicologia del benessere ritiene che debba essere intesa come la scienza che si dedica allo studio delle risorse abbondanti, e cioè allo studio delle capacità, delle conoscenze, dei desideri e iniziative creative. Si tratta cioè di risorse psichiche e soggettive degli individui, immateriali e non quantificabili che non sono destinate ad esaurirsi ma a crescere e a consolidarsi man mano che vengono sviluppate e usate. E’ fondamentale, dunque, che le organizzazioni siano in grado di valorizzare questo tipo di risorse, che potrebbero contribuire al benessere organizzativo, in particolare attraverso la formazione dei gruppi di lavoro.

Il benessere, legato sia alla salute fisica che alla sfera psicologica, può caratterizzarsi come il predittore migliore della performance lavorativa e della soddisfazione sul posto di lavoro (Hutchinson, 1997). Ogni singolo individuo, infatti, vive la dimensione lavorativa come un elemento costruttivo della propria identità personale e professionale, e di conseguenza il modo in cui interpreta e percepisce la realtà modifica il suo modo di affrontare il compito lavorativo e di relazionarsi con la struttura organizzativa.

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Nel 2000 Daniel Pratt parla di creazione di una cultura della salute all’interno di una organizzazione e non semplicemente di cultura della sicurezza, e sostiene che uno degli elementi essenziali per la cultura della salute sia il bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata (Avallone & Bonaretti 2003).

La letteratura sulla salute organizzativa, nonostante sia caratterizzata da differenze di tipo metodologico, sottolinea la forte interdipendenza tra tre livelli di analisi:

  • l’individuo, inteso come singola persona che all’interno della dimensione lavorativa porta con sé necessità e bisogni legati anche all’ambiente lavorativo;
  • il gruppo, che può essere considerato non come la somma delle parti ma come un insieme all’interno del quale i singoli componenti contribuiscono a portare qualcosa di sé al gruppo;
  • l’organizzazione, che possiede una propria cultura, un’identità e degli obiettivi istituzionali.

L’individuo e l’organizzazione, dunque, sono parte attiva e la compromissione della salute di uno dei due può danneggiare anche l’altro attraverso un processo circolare di interazioni. Alcuni studi sul committment (Allen e Meyer, 1990; Meyer, Stanley, Herscovitch & Topolnytsky 2002) hanno rilevato che quando sono presenti condizioni di scarso benessere organizzativo è facile che si presentino fenomeni come bassi livelli di motivazione, ridotta disponibilità al lavoro, mancanza di impegno, diminuzione della produttività e assenteismo.

Attualmente la promozione della salute, oltre ad essere considerata l’obiettivo fondamentale da tenere in considerazione sia nella pratica clinica che nella ricerca, ha trovato come campo di applicazione anche quello della psicologia del lavoro e delle organizzazioni (Di Nuovo, Zanchi, 2008).

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