Teorie psicologiche della dipendenza da lavoro (workaholism)

 

Per quanto riguarda la teoria della dipendenza, Eysenck (1997) afferma che esistono due modelli del paradigma della dipendenza che possono essere applicati ai risultati delle ricerche sul workaholism: Il modello medico e il modello psicologico della dipendenza.

Secondo il modello medico della dipendenza, la dipendenza si sviluppa quando una persona diventa fisicamente dipendente a sostanze chimiche di tipo esogeno, come la droga e l’alcool, o di tipo endogeno, come la dopamina (Di Chiara, 1995). Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che lavorare troppe ore favorisca la produzione di un eccesso di adrenalina, la quale produce sensazioni somatiche piacevoli, tuttavia d’altra parte ne facilita la dipendenza stimolando la persona a lavorare e a produrre di più, perpetuando un continuo ciclo di dipendenza (Fassel, 1992). La difficoltà nell’utilizzo dell’adrenalina come indicatore del workaholism è dovuta alla molteplicità delle cause che possono produrre un aumento dell’adrenalina.

Il modello psicologico della dipendenza prevede che l’abuso della sostanza continui sebbene si verifichino evidenti svantaggi a lungo termine, questo perché essa conferisce alcuni benefici immediati (Eysenck, 1997). Così le persone credono di non poter andare avanti senza adottare questo comportamento giungendo a sviluppare una dipendenza psicologica. Questo implica che i workaholic percepiscano alcuni gradi di beneficio, come il prestigio, nel lavorare continuamente, nonostante i negativi effetti collaterali, come la stanchezza. Il modello, tuttavia, implica che si potrebbe andare incontro ad alcune situazioni vantaggiose, come il prestigio, anche attraverso l’adozione di comportamenti alternativi più adattivi che sostituirebbero il workaholism.

Secondo la teoria dell’apprendimento operante il workaholism si sviluppa tramite condizionamento operante, ovvero quando i comportamenti dei workaholics sono collegati ad esiti desiderati, cioè tramite un rinforzo positivo. Un esempio di rinforzo positivo è l’approvazione del superiore in riferimento al comportamento lavorativo. Il comportamento può essere modificato anche tramite rinforzi negativi, ad esempio un conflitto a casa, che provoca l’evitamento della situazione familiare, può aumentare le attività di lavoro non richieste. Il limite principale di questa teoria è l’eccessivo ottimismo riposto nella facilità di apprendimento del workaholism, non sempre infatti associando rinforzi positivi ad esiti positivi potremmo avere l’apprendimento di un comportamento.

La teoria dei tratti sostiene che il workaholism si presenti come uno schema di comportamento stabile di tipo disposizionale, che si manifesta nella tarda adolescenza rimanendo stabile nei diversi contesti lavorativi. Questa teoria riconosce che il workaholism può essere anche alimentato da determinati stimoli ambientali come lo stress (McMillian, O’Driscoll, Marsh, & Brady, 2001). I tratti che risultano essere più probabilmente tipici dei workaholic sono l’ossessione, la compulsione e l’alta energia (Clark, Livesley, Schroeder, & Irish, 1996), ognuno dei quali riguarda la vita in generale piuttosto che attenere esclusivamente all’ambito lavorativo. La teoria dei tratti ha ottenuto un riscontro empirico maggiore rispetto alle altre teorie.

Un’altra teoria molto importante ai fini dello sviluppo della ricerca sul workaholism è la teoria cognitiva, la quale sostiene che il workaholism nasca da una credenza di base (sono un fallito) che deriva da alcune assunzioni (se lavoro duramente non fallirò) e da determinati pensieri automatici (devo lavorare duramente) che non fanno altro che alimentare costantemente il workaholism.

Secondo la teoria dei sistemi familiari il comportamento si manifesta in un contesto di relazioni e dinamiche interpersonali e il problema si colloca all’interno di un sistema piuttosto che all’interno della singola persona. Questa teoria, dunque, ritiene che il workaholism potrebbe essere visto come un problema di famiglia che nasce ed è sorretto da dinamiche distorte. Un esempio è rappresentato da una persona troppo responsabile che cerca di esprimere l’atteggiamento protettivo verso la propria famiglia lavorando eccessivamente. La famiglia, a sua volta, potrebbe assecondare il comportamento mettendo a tacere i bambini quando il genitore che lavora torna a casa. Tuttavia, col tempo, i bambini potrebbero percepire il lavoro come una tattica di distanziamento piuttosto che come un comportamento di protezione e potrebbero rispondere attraverso una triangolazione, ovvero con l’alleanza genitore-figlio contro il genitore lavoratore. Questa teoria, tuttavia, non è stata ancora soggetta a studi empirici che possano provarne l’accuratezza e l’inerenza al costrutto del workaholism.

La figura professionale che tratta la dipendenza da lavoro è lo psicologo del lavoro

Igor Vitale 3295997585 – igor@igorvitale.org

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