Come riconoscere e affrontare la schizofrenia

1) La schizofrenia: definizione e criteri diagnostici

SCHIZOFRENIA o sdoppiamento della mente,  è uno dei disturbi psichiatrici più gravi, compare nella prima adolescenza e colpisce ambosessi. Porta ad un impoverimento della personalità e dell’intelligenza, con episodi psicotici (stati mentali episodici e reversibili  di perdita del senso della realtàà allucinazione e delirio).  All’inizio può essere che il sistema cognitivo rimanga intatto, ma se il decorso è cronico, il patrimonio intellettivo si deteriora. L’esordio è spesso simultaneo a situazioni di stress o di intossicazione da sostanze esterne.

 

Crisi SCHIZOFRENICA

  • sintomi prodromici (isolamento sociale, incapacità a svolgere azioni “personali”, comportamento/idee stravaganti, trascuratezza igiene, appiattimento affettivo)
  • episodi di psicosi (ripetuti, con sintomi positivipresenza di idee deliranti, allucinazioni, comp. bizzarri, con intervalli di sintomi residui o negativiassenza di rapporti sociali e interpersonali-;      N.B.: sintomi + o – sono fasi di diversa malattia o indici di malattie diverse.

SINTOMI POSITIVI E NEGATIVI

POSITIVI : riflettono un eccesso o una distorsione di funzioni normali:

  1. Deliri: Convinzioni erronee, che di solito comportano un’interpretazione non corretta di percezioni o esperienze.

Persecuzione: la persona è convinta di essere oggetti di molestie, ingiustizie, complotti;

Riferimento: la persona è convinta che certi gesti, commenti, passi di libri, giornali, parole di canzoni, o altri spunti provenienti dall’ambiente siano diretti specificamente a sé stessa

Distinzione con idea fortemente radicata: dipende dal grado di convinzione con il quale la credenza viene mantenuta nonostante l’evidenza di prove contrarie;

  1. Deliri bizzarri: Risultano chiaramente non plausibili e non comprensibili, e non derivano da comuni esperienze di vita (Es. sogg. Crede che qlk1 gli abbia espiantato organi senza lasciare cicatrici). à perdita del controllo di mente e corpo; se il delirio è considerato bizzarro, già da solo soddisfa criterio A per la schizofrenia;
  2. Allucinazioni: vedere e sentire cose che in realtà non esistono, anche se il malato è fermamente convinto della loro esistenza. Quelle avute durante l’addormentamento e durante il risveglio sono considerate però esperienze normali;
  3. Pensiero disorganizzato: per Bleuer il disturbo delle associazioni logiche del pensiero era uno dei “sintomi fondamentali” della schizofrenia. Dissociazione: perdita di nessi logici nel susseguirsi delle idee (discorso incoerenteà paleologica, usata dai bambini fino a 4 anni; neologismià parole nuove, o distorte, o furioni di due parole, o termini creati per assonanza; ecolalia à risposta di alcuni pazienti che inizia regolarmente con la ripetizione della domanda a loro rivolta); incoerenze discorsive spesso provocano blocchi di pensiero di secondi o minuti, che lasciano il paziente disorientato; oppure blocco parziale: il paziente rimane muto ma continua a gesticolare come se stesse parlando, perché il pensiero è ancora attivo.
  4. Eloquio disorganizzato: “perdere il filo” passando da un argomento all’altro; “tangenzialità“: le risposte alle domande possono essere correlate in modo obliquo o completamente non correlate;”incoerenza” o “insalata di parole“: così gravemente disorganizzato da risultare quasi incomprensibile.

NEGATIVI: riflettono una diminuzione o una perdita di funzioni normali: appiattimento affettivo, avolizione (mancanza di motivazione), alogia (assenza di discorso), anedonia (mancanza di entusiasmo)

  1. ABULIA (o apatia). I pazienti possono addirittura trascurare l’igiene intima e personale, hanno difficoltà a portare avanti l’attività lavorativa e domestica e trascorrono il tempo senza fare nulla.
  2. ALOGIA. Può assumere diverse forme: quantità di linguaggio fortemente ridotta, quantità di eloquio sufficiente ma con poche informazioni, vaga e ripetitiva.
  3. ANEDONIA. Mancanza di interesse o piacere nelle attività ricreative, incapacità di sviluppare rapporti stretti e mancanza di interesse per le attività sessuali.
  4. AFFETTIVITÀ APPIATTITA O ATTUTITA. Nessuno stimolo è in grado di sollecitare una risposta emozionale, il tono di voce è piatto e incolore (prevalenza 66%). L’appiattimento si riferisce all’espressione esterna delle emozioni e non all’esperienza interiore, che non è affatto impoverita.
  5. ASOCIALITÀ. Pochi amici, mediocri abilità sociali e scarso interesse a stare con gli altri.

 

DISORGANIZZATI( sono comunque sintomi positivi):

  • Eloquio disorganizzato: “perdere il filo” passando da un argomento all’altro; “tangenzialità“: le risposte alle domande possono essere correlate in modo obliquo o completamente non correlate;”incoerenza” o “insalata di parole“: così gravemente disorganizzato da risultare quasi incomprensibile.
  • Comportamento disorganizzato: Può manifestarsi in una varietà di modi, da una stupidità infantile all’agitazione imprevedibile. Problemi in qualunque forma di comportamento finalizzato a una meta, che può evidenziare delle difficoltà nella esecuzione di attività della vita quotidiana, come la preparazione dei pasti o il mantenimento dell’igiene personale (es. vestire in modo inusuale, comp sessuali inappropriati in pubblico, agitazioni imprevedibili e insensate). Deve essere distinto dal comportamento che è semplicemente senza scopo o in generale non finalizzato e dal comportamento organizzato che è motivato da convinzioni deliranti;

Altri sintomi

Alcuni sintomi non rispecchiano bene lo schema positivo-negativo. Uno di questi è la catatonia, i pazienti possono gesticolare ripetutamente usando sequenze di movimenti che, nonostante la loro stranezza, appaiono finalizzate ad uno scopo. catalessia vera: rigidità muscolare per cui il paziente mantiene a lungo la stessa posizione, a volte anche scomoda, ed è quasi impossibile dall’esterno modificarla; stereotipie: ripetere diversi comportamenti motori, gesti, espressioni del viso; manierismi: caricature ed esasperazioni di comportamenti normali (mimica teatrale, ecc). Ci può essere un insolito incremento del livello complessivo di  attività, come eccitazione, agitazione motoria come nella mania. All’estremo opposto vi è l’immobilità catatonica con l’eventualità della flessibilità cerea. Alcuni pazienti presentano un’affettività inappropriata in cui le risposte emozionali sono discordanti rispetto al contesto.

Storia del concetto di schizofrenia

Con il termine proposto da Kraepelin nel 1898 di dementia praecox si abbracciavano i concetti diagnostici di demenza paranoide, catatonia ed ebefrenia e, benché sintomatologicamente diversi, avevano un medesimo nucleo: l’esordio precoce e un progressivo deterioramento intellettivo.

Bleuler ruppe con Kraepelin su due punti: egli riteneva che i disturbo non avesse necessariamente un esordio precoce e che non progredisse inevitabilmente verso la demenza. Perciò nel 1908 propose il suo termine, schizofrenia, dal greco schìzein («dividere») e phrén («mente»). Il denominatore della nuova categoria diventò l’«interruzione dei fili associativi».

3.2. DSM- VI : SCHIZOFRENIA

  1. Sintomi caratteristici:
  2. delirio
  3. allucinazioni
  4. eloquio disorganizzato
  5. comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico
  6. sintomi negativi

Nota: è richiesto un solo sintomo del criterio A se i deliri sono bizzarri, o se le allucinazioni consistono in una voce che commenta ciò che fa il soggetto, o di due o più voci che conversano tra loro.

  1. DISFUNZIONE sociale/ lavorativa = per un periodo significativo di tempo dall’esordio del disturbo, una o più delle principali aree di funzionamento come il lavoro, relazioni interpersonali, cura di sé, si trovano notevolmente sotto il livello raggiunto prima della malattia ( o incapacità nel raggiungere livelli alti se si tratta di adolescente o infante)
  2. DURATA = segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Periodo che deve includere almeno 1 mese di sintomi che soddisfino il criterio A (sintomi della fase attiva) e può includere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi ultimi, i segni del disturbo si manifestano solo con sintomi negativi o da due o più sintomi del criterio A espressi in forma attenuata (convinzioni strane, esperienze percettive inusuali, ecc);

5 sottotipi di schizofrenia:

TIPO PARANOIDEO : presenza di delirio, allucinazioni uditive, alterazione dell’umore, ridotta emotività;

TIPO  DISORGANIZZATO: profonda disorganizzazione del pensiero, dell’eloquio e del comportamento, con appiattita o inadeguata affettività;

TIPO CATATONICO:  quadro clinico dominato da almeno due dei seguenti sintomi = stati di immobilità prolungata (es. catalessia); eccessiva attività motoria (apparentemente senza scopo); negativismo estremo o mutismo; peculiarità del movimento volontario, come evidenziato dalla tendenza alla postura fissa (assunzione volontaria di pose inadeguate o bizzarre), da movimenti stereotipati, da rilevanti manierismi o smorfie; ecolalia o ecoprassia (tendenza ad imitare).

TIPO INDIFFERENZIATO:  tipo misto in cui possono essere presenti o assenti diversi tipi di sintomi;

TIPO RESIDUO: mancano i segni patologici più eclatanti e il comportamento è meno grossolanamente alterato.

Eziologia della schizofrenia

I dati genetici

Studi sulla famiglia: Il rischio per la popolazione generale è di poco inferiore all’1%. La percentuale di schizofrenia per i fratelli on gemelli è del 7%, per i figli di uno schizofrenico del 9%, per i nipoti (di nonni) del 2,8%. Occorre nere presente che in famiglia non si condividono solo i geni ma anche le esperienze di vita.

Studi sui gemelli: la concordanza per i gemelli identici è del 44%, mentre per quelli dizigotici del 12% circa. Studi recenti suggeriscono che la concordanza genetica sia più forte per i sintomi negativi rispetto ai positivi.

Studi sulle adozioni: In uno studio di Heston venne tratta una diagnosi di schizofrenia per 31 dei 47 figli di madri schizofreniche (66%). Per i figli di madri schizofreniche erano anche maggiori le probabilità di avere una diagnosi di deficit mentale, psicopatia e nevrosi.

I fattori biochimici

La difficoltà di questi studi consiste nel fatto che la maggior parte degli schizofrenici assume psicofarmaci e un’eventuale anomalia biochimica riscontrata rispetto ai soggetti di controllo potrebbe essere proda una terza variabile e non dalla schizofrenia. Tracce di sostanze psicoattive possono rimanere in circolo per diverse settimane e possono indurre una modificazione nel processo stesso della trasmissione nervosa. Può accadere che pazienti istituzionalizzati fumino di più, bevano di più alcolici, caffè e seguano una dieta non proprio adeguata.

Teoria dell’attività dopaminergica

Non bisogna dimenticare che la schizofrenia è caratterizzata da un’ampia gamma di sintomi che comprendono la percezione, la cognizione, l’attività motoria e il comportamento sociale. E’ improbabile quindi che possano essere tutti ricondotti alla sola alterazione della dopamina. Inoltre, in base alla teoria per produrre un effetto terapeutico basterebbe riportare i livelli di dopamina entro la norma, ma è noto che le fenotiazine esplicano i loro effetti portando l’attività dopaminergica al di sotto della norma producendo effetti collaterali parkinsoniani.

Il cervello e la schizofrenia

Dagli studi post mortem si individuano problemi strutturali nelle aree temporale e limbica, come l’ippocampo e l’amigdala, e nella corteccia prefrontale. Rilevamenti con la TAC e la RM mostrano ventricoli laterali dilatati e strutture limbiche di volume ridotto il che fa pensare a un deterioramento o atrofia del tessuto cerebrale. Negli studi con la PET i pazienti schizofrenici presentano bassi tassi metabolici nella corteccia prefrontale. Dagli studi sui gemelli si evince che questa anomalia cerebrale non ha un’origine genetica; una possibile interpretazione è che esse derivino da un’infezione virale durante lo sviluppo. Forse durante il periodo di sviluppo del cervello, i neuroni che attraversano il rudimentale tubo neurale per raggiungere la posizione loro destinata in qualche maniera vengono bloccati. Prove di questa migrazione interrotta si hanno nel ridotto numero di cellule nello strato esterno della corteccia, sia nell’area prefrontale che in quella temporale. Il disturbo insorgerebbe non subito ma in tarda età in quanto la struttura prefrontale matura tipicamente durante l’adolescenza; inoltre vale la pena notare che l’attività della dopamina raggiunge il suo picco nell’adolescenza.

Lo stress psicologico e la schizofrenia

 

Schizofrenia e classe sociale I tassi più alti di schizofrenia si riscontrano in arre urbane dove vivono le persone appartenenti alle classi socioeconomiche di livello più basso. Secondo l’ipotesi sociogenetica il trattamento degradante che una persona riceve dagli altri, il basso livello di istruzione e la mancanza di ricompense e di opportunità, possono rendere l’esperienza di appartenere alla classe sociale più bassa un’esperienza talmente stressante da favorire l’insorgere della schizofrenia. Secondo la teoria della selezione sociale durante lo sviluppo della malattia le persone a volte si abbandonano ad una sorta di deriva che le porterebbe a vivere nelle zone più degradate, in quanto il crescente deterioramento mentale comprometterebbe le capacità di guadagno. Oppure essi stessi sceglierebbero aree dove le pressioni sociali sono minori e poter così sfuggire a rapporti sociali troppo intensi.

 

Schizofrenia e famiglia Alcune ricerche hanno evidenziato che le famiglie di schizofrenici manifestano capacità incerte di comunicazione e livelli di conflittualità elevati. E’ possibile però che siano la conseguenza e non la causa. La famiglia però può incidere notevolmente sull’adattamento del paziente dopo la dimissione da un ospedale. Brown prima di rilasciare dei pazienti dall’ospedale tenne dei colloqui con i famigliari per saggiarne il numero di commenti critici e di espressioni di ostilità, come pure di eccessivo coinvolgimento emotivo nei confronti

del paziente. Chiamò questa variabile espressione dell’emozione (EE). Fecero ritorno in ospedale il 58% dei pazienti con famiglie con più alto livello di EE rispetto a quelli con livelli normali di EE (10%). Emerse anche un rapporto bidirezionale tra espressione di pensieri inconsueti da parte del paziente e commenti critici dei famigliari; all’incrementare della prima variabile aumentava la seconda e viceversa.

 

SOGGETTI AD ALTO RISCHIO DI SCHIZOFRENIA: In individui in seguito diventati schizofrenici, prima della malattia furono riscontrati bassi QI, scontrosità nei maschi e passività nelle femmine, inferiori abilità motorie e maggiori espressioni di affettività negativa. La schizofrenia caratterizzata da sintomi negativi era preceduta da complicazioni della madre durante la gravidanza, quella caratterizzata da sintomi positivi era preceduta da instabilità familiare.

TRATTAMENTO

Dopo anni ‘50

RESERPINA

ANTIPSICOTICI TIPICI          fenotiazine (clorpromazina),  butirrofenoni (aloperidolo), tioxanteni

ANTIPSICOTICI ATIPICI   (clozapina, quetiapina, olanzapina, risperidone)

Non funzionano come sedativi “tout court”(pazienti violenti o agitati vengono calmati

in poche ore dall’assunzione) ma uso protratto per parecchie settimane calma o abolisce del tutto deliri, allucinazioni e alcune alterazioni del pensiero.

Questi farmaci inducono una sindrome simile al parkinsonismo (deficienza nella trasmissione dopaminergica).

I nuovi farmaci, la clozapina (LEPONEX,) e il risperidone (RISPERIDAL) generano minori effetti collaterali e talvolta agiscono sui sintomi negativi. Il loro meccanismo di azione non è noto, ma entrambi hanno un impatto sulla serotonina e sulla dopamina.

Trattamenti psicologici

La terapia psicodinamica Harry Stack Sullivan teorizzò la schizofrenia come un ritorno a forme comunicative della prima infanzia. L’Io debole del paziente, incapace di gestire i rapporti interpersonali, regredisce. La terapia perciò richiede che il paziente apprenda forme adulte di comunicazione e acquisisca la consapevolezza dell’influenza che i suoi problemi passati hanno sull’attuale problema. L’approccio dell’analista dell’Io Frieda Fromm-Reichmann è simile a quello di Sullivan. La Fromm-Reichmann era particolarmente attenta al significato simbolico e inconscio del comportamento, e attribuiva il distacco degli schizofrenici al desiderio di evitare il ripetersi dei rifiuti e delle mortificazioni subiti durante l’infanzia e da allora giudicati inevitabili.

La terapia familiare e l’espressione dell’emozione: In base alla teoria dell’espressione delle emozioni (EE), si cerca di abbassare, con procedure cognitive e comportamentali, l’intensità emozionale delle famiglie di pazienti schizofrenici. Si insegna alle famiglie ad esprimeresentimenti sia positivi che negativi in maniera costruttiva ed empatica, anziché in modo accusatorio, critico o iperprotettivi; si cercano inoltre di disinnescare conflitti personali che generano tensioni.

La terapia comportamentale Viene utilizzata la token economy (economia a premi simbolici) con pazienti ricoverati. Inoltre si utilizzal’addestramento alle abilità sociali in quanto: 1) i farmaci agiscono sui sintomi positivi ma non su quelli negativi, come l’isolamento sociale 2) i pazienti sottoposti a terapie farmacologiche, una volta usciti dall’ospedale devono far fronte alle esigenze poste dalla vita fuori dall’istituzione. Questa terapia non è una cura, bensì un controbilanciamento degli effetti dell’istituzionalizzazione.

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