Doppio Empowerment: definizione, costrutto e psicologia

Articolo di Valentina Malinverni

Vorrei sottolineare la relazione sussistente tra essere empowering ed empowered a livello organizzativo e come questa relazione chiami in causa tanto il livello psicologico degli individui che costituiscono l’organizzazione, sia il livello comunitario come contesto nel quale agiscono gli individui e organizzazioni. Mentre è possibile immaginare che un’organizzazione empowering non debba essere necessariamente empowered, possa cioè ”non avere molta influenza politica, ma offrire ai propri membri l’occasione di sviluppare competenze e senso del controllo, al contrario essere empowering per un’organizzazione empowered sembra fondamentale.

 

Questo perché la componente interorganizzativa rappresenta la struttura interna e il funzionamento delle organizzazioni. Questa è critica perché fornisce l’infrastruttura ai propri membri affinché si possano impegnare in comportamenti proattivi necessari per il raggiungimento degli scopi. Quindi per poter favorire processi di empowerment di “terzi”, le persone che lavorano in organizzazioni empowered necessitano di opportunità empowering tanto individuali quanto organizzative. Non è solo una questione di coerenza tra gli scopi dichiarati dall’organizzazione e i modi per perseguirli, ma sembra anzi cruciale per il successo di un’organizzazione empowered a lungo termine.
E’ in questo ambito organizzativo che è stata sviluppata l’ipotesi del “doppio empowerment” da parte di soggetti reciprocamente coinvolti in un processo di sviluppo individuale, organizzativo e comunitario, cioè l’ipotesi che l’empowerment individuale dei soggetti disempowered possa realizzarsi solo
in concomitanza con la costruzione di un funzionamento organizzativo che consenta l’empowerment dei membri normodotati impegnati nel sostenere, accompagnare, facilitare, creare le premesse organizzative per l’empowerment dei soggetti cui ci si rivolge e con cui si coopera e che sono, contemporaneamente destinatari e costruttori dei loro servizi.23
Questo processo di crescita e di cambiamento è realmente possibile soltanto se non è unidirezionale, ovvero se non c’è da un lato chi sostiene lo sviluppo di qualcuno e dall’altro chi ne giova, ma se a beneficiarne sono tutti gli attori coinvolti. Questo doppio processo è necessario e auspicabile anche in contesti organizzativi non direttamente legati al lavoro di cura in senso stretto, ma in tutte le organizzazioni basate sulla relazionalità reciproca e impegnate a favore dello sviluppo e del cambiamento e contro l’esclusione a livello sociale e/o politico.

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