Come intervistare il minore in caso di abuso sessuale

Articolo di Alessia Chirico

Questa procedura richiede una serie di informazioni relative allo sviluppo emotivo, relazionale e cognitivo al fine di valutare il grado in cui il bambino è capace di riferire o meno le esperienze vissute; l’ascolto deve avvenire in un contesto adeguato, e deve essere effettuato da un esperto competente. La validation, utilizzando gli stumenti adeguati (quali colloquio clinico, test proiettivi, ecc…), punta ad esaminare ogni aspetto della denuncia, e quindi si valuta la capacità linguistica del minore, il livello di spontaneità, la completerra del racconto e l’eventuale presenza di dettagli, e se questi ultimi sono incompatibili con le conoscenze sessuali adeguate per l’età del minore.

Si vanno ad approfondire anche le motivazioni a mentire, se ce ne sono, o le ragioni per cui il bambino ha difficoltà ad indicare l’abusante. L’esame della personalità fornisce un quadro completo dello sviluppo del minore, e rileva eventuali comportamenti sintomatici o di stati emozionali che possono indicare la presenza di un disagio dovuto forse all’aver vissuto un’esperienza traumatica.

 

Quando questa esperienza riaffiora, il bambino esperisce un aumento dell’ansia, insieme alla consapevolezza della propria sofferenza, e ciò è indice di credibilità della denuncia di abuso. Tuttavia, questo elemento non è a prova di critiche, dato che la correlazione tra innalzamento del livello di ansia e la veridicità del trauma non è scientificamente testata[1]. Questo dimostra come la validation non sia infallibile, quanto piuttosto un tentativo di spiegare le impressioni e le ipotesi avanzate, senza una validità scientifica riconosciuta[2].

Inoltre, la pecca degli esperti sta, in primis, nel non possedere le competenze necessarie a mettere in pratica la validation, e per di più essi tendono ad utilizzare un’ottica verificazionista che risulta essere dannosa e limitativa. Un riconoscimento positivo attribuibile a questo strumento è l’effettivo valore terapeutico per il minore, dato che fornisce un contesto sicuro in cui il minore può liberamente elaborare l’esperienza traumatica, giovandogli dal punto di vista psicologico.

[1] “La cosiddetta “validation” è soltanto un metro di valutazione che non ha nessuna valenza di certezza scientifica e che può in taluni casi, costituire, in un quadro probatorio completo e certo, chiave di interpretazione delle difficoltà delle vittime delle violenze nel rilevare le vicende più riservate. Esso però non è applicabile sempre e comunque, da un lato non è sostitutivo della prova e, dall’altro, non assume rilievo in casi in cui sussistano motivi di sospetto”. Cass. Pen. Sez. III 6 dicembre 1995. Questo strumento, dunque, non accerta la credibilità del minore, si limita solo ad investigare alcuni parametri da cui, al massimo, si può ipotizzare che il minore viva una situazione generica di malessere le cui cause sono tutte da accertare. Come sottolinea la letteratura specializzata, l’unico dato certo è che non esiste nessuno strumento specifico per verificare l’abuso sessuale. Si ritiene che i criteri più attendibili rimangano comunque quelli dell’esperienza clinica e della competenza nel raccogliere la testimonianza del minore“, Validation: quanto vale e in cosa consiste, Editoriale di L. de Cataldo Neuburger.

[2] Nella sentenza della Corte Suprema americana Daubert v. Merril Dow Pharmaceuticals Inc. (1993), il giudice Blackmun ha chiarito che “l’aggettivo ‘scientifico’ implica un radicamento nei metodi e nelle procedure della scienza; per qualificare una conoscenza come ‘scientifica’ l’inferenza o l’affermazione deve derivare da una metodologia scientifica. La testimonianza che viene offerta deve essere sostenuta da appropriata convalida e cioè da un solido fondamento basato su ciò che si conosce”.

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