Come curare il trauma con la Terapia Cognitivo Comportamentale

I trattamenti del DPTS dimostratisi efficaci

Secondo Roth e Fonagy[1], autori di una famosa rassegna sulle prove di efficacia per le psicoterapie (Roth e Fonagy, 1997), dalle ricerche disponibili emerge che esistono prove sufficienti a dimostrare l’efficacia soltanto di tre approcci al trattamento del DPTS: a) lo Stress Inoculation Training di Donald Meichenbaum; b) le tecniche cognitive,un gruppo ricco ed eterogeneo di procedure che possono essere ricondotte a premesse teoriche di tipo cognitivista; c) la terapia di esposizione, una procedura originariamente fondata sulla teoria comportamentale del doppio processo (Mowrer). Inoltre esisterebbero dati incoraggianti, benché non altrettanto completi e convincenti, sull’efficacia della psicoterapia psicodinamica strutturata. Conclusioni sostanzialmente analoghe vengono esposte nelle Linee guida per la gestione dello stress post-traumatico nella pratica clinica pubblicate recentemente dal Dipartimento degli Affari dei Veterani e dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

 

La psicoterapia di sostegno non è considerata efficace per il trattamento del DPTS. Tuttavia , se il paziente ha un discreto controllo sui suoi sintomi e non si trova in una fase di sofferenza grave e acuta, l’obiettivo può essere quello di prevenire la ricaduta e la psicoterapia di sostegno può essere utile a questo scopo. Oppure, nel caso dei pazienti affetti da certi disturbi associati, la terapia di sostegno può essere l’unico trattamento che loro sono in grado di tollerare senza subire ulteriori danni. Anche le psicoterapie psicodinamica, interpersonale, esperienziale e molti altri metodi possono essere elementi utili di un approccio integrato efficace. La maggior parte degli psicoterapeuti esperti integrano diverse terapie al fine di creare il trattamento più benefico per il paziente.

 

Trattamenti per cui si possiedono prove “forti” di utilità

La terapia cognitiva

Le teorie cognitive dei disturbi emozionali, come la teoria degli schemi, si basano sul principio secondo cui esisterebbe una connessione fra disturbi psicologici e disturbi del pensiero. In particolare, l’ansia e la depressione sono caratterizzate da pensieri automatici negativi e distorsioni interpretative. Si ritiene che le interpretazioni o i pensieri negativi derivino dall’attivazione di convinzioni negative immagazzinate nella memoria a lungo termine. Lo scopo della psicoterapia cognitiva è modificare i pensieri e le convinzioni negative, nonché i relativi comportamenti associati, che mantengono i disturbi psicologici. Secondo questo approccio, i disturbi emozionali sono legati all’attivazione di schemi disfunzionali. Gli schemi sono strutture mnestiche che contengono due tipi di informazioni: le convinzioni e gli assunti. Le convinzioni sono costrutti di base riguardanti sé e il mondo che hanno carattere assoluto e generale (per es. “sono vulnerabile” o “il mondo è un posto pericoloso”) e che vengono tenuti per veri. Gli assunti sono invece relativi e specifici e sono le rappresentazioni di relazioni specifiche fra eventi e valutazioni riferite a sé (per es. “se ho dei sintomi fisici che non si spiegano, devo essere gravemente malato”). Si ritiene che gli schemi disfunzionali che caratterizzano i disturbi emozionali siano più rigidi, inflessibili e definiti di quelli delle persone normali; il contenuto degli schemi, inoltre, sarebbe connesso in modo specifico al tipo di disturbo. Gli schemi dell’ansia consistono di convinzioni e assunti relativi al pericolo e all’incapacità di fronteggiare una situazione. Nella depressione invece gli schemi sono incentrati sui temi della “triade cognitiva negativa”: alcune esperienze infantili fornirebbero una base per la formazione di concetti negativi riguardo a sé, al futuro e al mondo esterno. Quando si attivano, gli schemi disfunzionali introducono delle distorsioni nell’elaborazione e nella interpretazione delle informazioni. Queste distorsioni si manifestano a livello superficiale sotto forma di pensieri automatici negativi nel flusso della coscienza. Questo tipo di valutazioni negative è una manifestazione dei meccanismi cognitivi sottostanti che mantengono i disturbi emozionali.

Le tecniche della terapia cognitiva vengono spesso proposte in “pacchetti” di trattamento che possono comprendere anche la terapia di esposizione, informazioni sulle reazioni post-traumatiche e di strategie di gestione dell’ansia. Per esempio, la terapia di elaborazione cognitiva, che è stata manualizzata e validata per il trattamento di donne che hanno subìto una violenza sessuale, combina aspetti di terapia cognitiva e di terapia di esposizione.

La terapia cognitiva può anche essere praticata insieme ad altre terapie psicologiche (per es. l’EMDR e la terapia psicodinamica). Le tecniche di terapia cognitiva possono essere una componente particolarmente utile quando accanto al DPTS il paziente presenta anche altri disturbi depressivi o di ansia.

[1] Roth A e Fonagy P. Psicoterapie e prove di efficacia. Quale terapia per quale paziente. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1997

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