Il Sessismo in Italia: statistiche ed indicatori per riconoscerlo

Secondo il Global Gender Gap Report (Hausmann, Tyson e Zahidi, 2012), il rapporto che quantifica l’evoluzione nel tempo e la dimensione delle disparità di genere attraverso il monitoraggio di 134 Paesi, l’Italia si posiziona all’80° posto (retrocedendo in soli quattro anni di ben 13 posizioni). La situazione nel contesto italiano è a dir poco preoccupante: i media italiani risultano essere tra i più maschilisti d’Europa, contraddistinti per la sessualizzazione femminile nelle pubblicità e nei programmi televisivi, che presentano e mettono in luce il modello della donna oggetto; in ambito lavorativo, il divario tra donne lavoratrici regolarmente impiegate (47,2%) e gli uomini lavoratori (70,3%) è il più alto d’Europa, nonostante siano le donne, a frequentare maggiormente le Università, a laurearsi più velocemente, e ad ottenere nel 71% dei casi, contro il 58% dei ragazzi, una votazione superiore a 100.

Questi primi elementi delineano un quadro in cui il modello sessista appare come un fenomeno ubiquitario, presente perciò in ogni contesto, e solido (le disparità, infatti, sono nettamente evidenti). (Volpato, 2013).

 

Con il termine sessismo si identificano gli atteggiamenti atti a giustificare, promuovere e sostenere l’idea dell’inferiorità di un sesso rispetto all’altro (generalmente l’inferiorità del sesso femminile) e la conseguente discriminazione operata nei confronti del soggetto considerato inferiore, in campo sociopolitico, culturale, professionale, o puramente interpersonale.

Il sessismo si genera e si mantiene nelle relazioni strutturali che regolano i rapporti tra i generi e risulta così radicato nella nostra società, da essere pressoché invisibile. (Volpato, 2013). In passato, il sessismo veniva manifestato apertamente, anche e soprattutto nelle sue forme più ostili: tutti gli atteggiamenti atti a mantenere un disequilibrio di potere tra i generi erano considerati la norma, e questa “normalità” veniva socialmente accettata. Dopo gli anni Sessanta, con la rivoluzione femminista, invece, il sessismo è stato riconosciuto come un problema sociale ed è diventato oggetto di studi e ricerche: questo ha comportato la necessità di occultare il sessismo, quantomeno nelle sue espressioni più dure e ostili, al fine di mantenere viva la possibilità di interazione tra i due sessi.

Lungi dall’essersi “estinto”, il sessismo si è solamente evoluto, trovando nuove forme di espressione sempre più sofisticate, sottili e soprattutto ambivalenti, difficili perciò da riconoscere. L’invisibilità sociale del sessismo spiega in parte perché, se intervistate, molte ragazze ritengano che il femminismo sia un movimento che ormai ha perso la sua utilità (Bastiani, 2014).

Data quindi l’ attrazione esistente, almeno per la maggior parte delle persone, tra il sesso maschile e quello femminile e la necessità biologica e sociale di instaurare un rapporto soddisfacente, i rapporti di dominanza che intercorrono tra i due generi risultano essere diversi, apparentemente più sfumati, da quanto può accadere tra altri gruppi sociali: ciò significa, in breve, che è necessario trovare una sorta di compromesso tra necessità contrastanti, ossia la giustificazione della superiorità maschile e l’instaurarsi di una relazione sufficientemente serena da permettere il funzionamento dell’intimità eterosessuale e lo sviluppo dei sentimenti romantici e delle relazioni familiari.

La ricerca (Glick &Fiske, 1996; Manganelli, Volpato & Canova, 2008) ha evidenziato questa “mutazione” del sessismo, rilevando due componenti distinte ma complementari: la componente ostile e la componente benevola, a loro volta suddivise in ulteriori sub- componenti, che sono rispettivamente: per il sessismo ostile, il paternalismo dominante, la differenziazione di genere competitiva e l’ ostilità eterosessuale, mentre per la componente benevola, il paternalismo protettivo, la differenziazione complementare di genere e l’ intimità eterosessuale.

La dimensione ostile del sessismo è destinata al “gruppo subordinato”, nel nostro caso le donne, che non si adegua allo status quo: essa comprende tutta una serie di affermazioni atte a:

  • Sostenere la superiorità maschile, ritenendo plausibile che le donne che non restano fedeli al ruolo assegnato loro (pensiamo ad esempio alle donne dichiaratamente femministe oppure alle madri in carriera), possano usurpare il potere del gruppo dominante;
  • Giustificare la propria superiorità come gruppo sociale, basandosi su dimensioni quali potere, competenze ed abilità;
  • Giudicare la sessualità femminile (intesa come libera espressione di sé stessi e del proprio corpo) come un qualcosa di pericoloso per l’uomo. (Manganelli, Volpato & Canova, 2008).

Nei questionari utilizzati (Scala ASI, Glick e Fiske, 1996), tra le frasi che rilevano la dimensione del sessismo ostile, troviamo ad esempio: “Quello che le femministe vogliono realmente è che le donne abbiano più potere degli uomini”; “È tipico delle donne lamentarsi di essere state discriminate quando perdono in una competizione corretta con gli uomini”, oppure ancora “Ci sono molte donne che provano piacere a provocare gli uomini, mostrandosi sessualmente disponibili e rifiutando poi i loro approcci”.

La dimensione benevola del sessismo, come anticipato, ha il duplice scopo di sopire le resistenze e le ostilità femminili, mantenendo al tempo stesso inalterata la struttura patriarcale che garantisce agli uomini uno status privilegiato. Essa comprende tutte le affermazioni volte a:

  • Promuovere la credenza che le donne debbano essere protette dai “loro” uomini e che questi ultimi siano responsabili del benessere delle “loro” compagne;
  • Sostenere il luogo comune secondo cui le donne posseggono innumerevoli qualità positive che determinano la loro superiorità esclusivamente in relazione alle dimensioni affettive e alla capacità di costruire relazione interpersonali soddisfacenti;
  • Sottolineare che le relazioni sentimentali tra i due sessi siano fondamentali per il benessere di donne e uomini. (Manganelli, Volpato & Canova, 2008)

Tra le affermazioni che rilevano del sessismo benevolo, troveremo ad esempio: “Le donne dovrebbero essere coccolate e protette dagli uomini”, “Molte donne hanno una purezza che pochi uomini posseggono” e infine “Ogni uomo dovrebbe avere una donna da adorare”. (Scala ASI, Glick e Fiske, 1996).

I dati raccolti da Glick e Fiske nelle ricerche cross- culturali del 2000 e del 2004, hanno rilevato la presenza delle due componenti del sessismo in ben 19 Paesi: dall’America Latina (Cile, Colombia, Cuba, Argentina), all’Europa (Belgio, Germania, Olanda, Inghilterra, Italia, Spagna), dall’Asia (Corea del Sud, Giappone, Taiwan, Siria), all’Africa (Botswana, Nigeria, Sud Africa), dimostrando la validità del costrutto, nonostante le differenti strutture socio- culturali ed economiche dei Paesi coinvolti nella ricerca. Oltre alle similarità culturali, gli autori hanno evidenziato anche una sostanziale differenza di genere: gli uomini infatti hanno espresso in media livelli più alti di sessismo di tipo ostile, mentre le donne hanno raggiunto “il primato” per la componente benevola, soprattutto nei Paesi in cui vigeva maggiore disparità (Manganelli, Volpato & Canova, 2008).

Questo pattern si riconferma anche nella popolazione più giovane (Bastiani, 2014). Secondo il modello teorico dello sviluppo del sessismo, l’adolescenza è il momento in cui, nei ragazzi, l’interdipendenza tra i sessi e l’attrazione sessuale conducono ad un aumento dei livelli di sessismo benevolo, in compresenza con il sessismo ostile (Glick e Hilt, 2000). Le ragazze, nel contempo, vengono educate sin dall’infanzia a desiderare gli ideali romantici tradizionali, coerenti con il costrutto del sessismo benevolo, attraverso giochi e favole, che promuovono l’ideale della principessa alla ricerca del “principe azzurro” che si prenda cura di lei e la protegga. (Rudman e Glick, 2008).
Partendo da queste considerazioni, Montañés e collaboratori (Montañés ,Lemus, Moya, Bohner e Megìas, 2013), hanno voluto valutare le relazioni intercorrenti tra l’attrazione dei partecipanti nei confronti di potenziali partner, il loro livello di sessismo e il sessismo del probabile partner. Dai risultati è emerso che le ragazze trovavano maggiormente attraenti i profili di ragazzi che mostravano alti livello di sessismo benevolo rispetto a profili non sessisti, inoltre preferivano a questi ultimi i ragazzi che mostravano sia sessismo benevolo sia ostile. L’accettazione del sessismo ostile da parte dei loro potenziali partner veniva quindi subordinata alla presenza di sentimenti e atteggiamenti benevoli. Per quanto riguarda i ragazzi, essi prediligevano i profili delle ragazze che mostravano atteggiamenti ambivalenti e valutavano come meno attraenti i profili delle ragazze non sessiste (Montañés e coll., 2013).

Sarebbe perciò interessante verificare se il proprio livello di sessismo sia una determinante dell’attrazione nei confronti dell’altro, e quanto entri in relazione con il sessismo espresso dall’altro. Se ciò fosse vero, gli atteggiamenti sessisti, soprattutto quelli benevoli ma anche quelli ostili, verrebbero rinforzati nella relazione con l’altro sesso, in un circolo vizioso. Questo ci riporterebbe all’importanza della prevenzione e della sensibilizzazione di bambini e adolescenti sulle tematiche relative agli stereotipi e ai ruoli di genere, al fine di prevenire l’instaurarsi di questi meccanismi, che premiano il sessismo del partner.

Articolo di Ilaria Fabris

 

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