Come capire se un bambino è vittima di abusi sessuali

Articolo di Alessia Chirico

Il riconoscimento della veridicità delle accuse risulta essere fondamentale per salvaguardare il benessere del bambino, poiché in casi di reale abuso sessuale l’acting-out del minore sarebbe totalmente giustificato e la diagnosi di PAS non sarebbe applicabile. Per di più, l’iter giudiziario spesso dura anni anche in casi in cui la denuncia non viene confermata, e gli effetti sul rapporto genitori-figlio sono profondi e quasi irrimediabilmente nocivi. Partendo dall’idea che anche la PAS rappresenta, di per sé, una forma di violenza sul minore, una prima discriminazione può avvenire all’origine della denuncia, e cioè differenziare quelle bona fide da quelle che avvengono nei contesti di separazione e lotta per la custodia del figlio, ipoteticamente false, mosse dal genitore alienante in caso in cui la programmazione della campagna denigratoria fallisca.

 

Gardner afferma che gli otto criteri primari usati per descrivere i sintomi della PAS non sono presenti nei sintomi di abuso sessuale manifestati dal bambino nella relazione con il genitore, e risulta utile confrontare gli effetti a breve e lungo termine della PAS sui minori con quelli conseguenti ad un abuso sessuale realmente subito. Essi possono dipendere non solo da variabili quali le tecniche di programming utilizzate, la loro intensità e durata, l’età del figlio, la possibilità di intrattenere sane relazioni extrafamiliari non allineate né invischiate, ma, soprattutto, dalla valenza, dal livello di significatività e dalla considerazione della situazione da parte dello stesso minore. In generale, tra gli effetti osservati e riportati si evidenziano:

  • aggressività;
  • scarso controllo e tendenza all’acting-out ;
  • comportamento ostile generalizzato verso amici, parenti e colleghi del genitore bersaglio;
  • disorientamento, confusione emotiva e intellettiva;
  • disordini alimentari, del sonno, dell’attenzione e psicosomatici in generale;
  • alto livello di dipendenza emotiva, passività e bassa autonomia;
  • bassa autostima, tendenza alla depressione e alla regressione;
  • disturbi psicosomatici;
  • disturbi dell’identità, tendenza a sviluppare problemi sessuali, di identità di genere, relazionali, emotivi;
  • difficoltà di decentramento cognitivo, eccesso di razionalizzazione;
  • futuro carattere manipolatorio o materialistico;
  • comportamenti autodistruttivi o ossessivo-compulsivi;
  • tossicodipendenza e alcoldipendenza;
  • egocentrismo, narcisismo e Falso Sé;
  • problemi scolastici;
  • presenza di sindromi di tipo psichiatrico nei casi di severe PAS.

Gardner elenca anche una gamma di alterazioni psicopatologiche che possono colpire i figli e che vanno dalla mancanza di rispetto per le autorità, al narcisismo, all’indebolimento delle capacità empatiche, fino a giungere alla compromissione dell’esame di realtà e alla paranoia. Sia per i genitori alienanti che per i figli possono diagnosticarsi il Disturbo Psicotico Condiviso o il Problema Relazionale Genitore-Bambino, mentre per i minori, sono riscontrabili il Disturbo della Condotta o d’Ansia di Separazione o Dissociativo NAS o, ancora, tutti i tipi di Disturbi dell’Adattamento.

Per quanto riguarda, invece, le conseguenze dell’abuso sessuale, Burgess e Holmstrom (1974) hanno introdotto la sindrome del Trauma da stupro (RST): essa si caratterizzata per un processo di riorganizzazione successivo all’abuso subito, diviso in due fasi: nella prima ( detta di disorganizzazione), la vittima manifesta sintomi di paura, ansia generalizzata, sentimenti di inferiorità; la seconda fase, invece, si verifica quando l’abuso non è reso noto o non viene effettuato alcun tipo di trattamento: ciò comporta lo sviluppo di disturbi più strutturati di tipo depressivo, psicosomatico, psicotico o può condurre ad acting out associati ad abusi di sostanze, alcolismo o suicidio. Finkelhor (1984) ha stabilito le tipologie di processi adattivi che può mettere in atto un minore vittima di abuso sessuale:

  • Sviluppo di una sessualità traumatica: alterazione del normale sviluppo sessuale del bambino determinato da un precoce e inappropriato apprendimento sessuale;
  • Vissuto di tradimento quando, all’interno di una relazione di fiducia, il bambino percepisce di essere stato manipolato; ciò può comportare l’insorgere di stati depressivi, di difficoltà relazionali, di sentimenti di rabbia e ostilità;
  • Senso di impotenza: riguarda l’incapacità della vittima a reagire all’aggressione, in conseguenza della quale possono manifestarsi ansia e fobie;
  • Stigmatizzazione: al minore si comunicano significati negativi sui suoi comportamenti sessuali, favorendo lo sviluppo di un’immagine negativa di sé. La stigmatizzazione può manifestarsi attraverso bassa autostima, ritiro sociale, appartenenza a gruppi emarginati (tossicodipendenza o prostituzione).

 

Nelle fasi immediatamente successive all’abuso sessuale si riscontrano, a livello fisico, disturbi del sonno e della condotta alimentare, incubi, enuresi, cefalee; sul piano emotivo si rilevano ansia, bassa autostima, rabbia intensa, fobia, umore depresso; la sintomatologia comportamentale si manifesta attraverso un atteggiamento ritirato, ostilità ed aggressività, difficoltà di apprendimento, fughe da casa, comportamenti regressivi, problemi relazionali, abuso di sostanze, tentativi di suicidio. Un’altra conseguenza a breve termine riguarda il Disturbo Post-Traumatico da Stress, che tende a svilupparsi prevalentemente nei casi di abuso sessuale perpetrato con violenza; i sintomi si manifestano attraverso paura, ansia, ridotta socialità con tendenza all’isolamento, comportamenti instabili, mancanza di fiducia negli adulti e percezione di sé come “diversi”.

Per quanto concerne le conseguenze a lungo termine, la sintomatologia rilevata fa riferimento a disturbi del sonno, della condotta alimentare, rabbia cronica, agorafobia, attacchi di panico, depressione, autodistruttività, tentativi di suicidio, problemi interpersonali. Altri esiti a lungo termine riguardano un comportamento sessuale inadeguato che può essere letto come un tentativo di compensazione e di adattamento alla distorsione creata dalla trascuratezza emotiva o dallo sfruttamento sessuale. È riscontrabile, inoltre, abuso di sostanze (alcol e stupefacenti), interpretabile come modalità per far fronte all’incapacità dell’individuo di gestire adeguatamente le proprie funzioni sociali. Molti dei bambini sessualmente abusati mostreranno il complesso dei sintomi sopra descritti, in particolare nei casi di abuso cronico; i bambini con PAS raramente presentano questo tipo di sintomi. Di conseguenza, il riferimento a questi ultimi, in chiave comparativa rispetto alle manifestazioni primarie e agli effetti a breve e a lungo termine della PAS, può fornire utili criteri per differenziare tra casi di autentico abuso e casi di Sindrome di Alienazione Genitoriale.

Un’analisi scrupolosa rivolta verso i genitori dei bambini che denunciano un abuso sessuale risulta essere fondamentale per costruire un quadro di riferimento. Infatti, vi sono ben cinque criteri di differenziazione anche per i genitori[1].

Il primo criterio è rappresentato dalla rispettiva collaborazione dei due genitori con l’esaminatore. Per quanto riguarda la PAS, i genitori alienanti non sono cooperativi con gli esaminatori e cercano un professionista della salute mentale che possa essere manovrato. Oppure, scelgono un esaminatore poco accorto che valuti soltanto loro e i bambini, senza preoccuparsi di ascoltare anche il genitore alienato. Quest’ultimo, invece, è interessato a ricercare un professionista imparziale e competente, capace di valutare la situazione in modo neutrale. Nei casi di reale abuso, i genitori abusanti sono generalmente riluttanti a ricercare i servizi di un professionista imparziale e si oppongono alla somministrazione dell’esame di un esperto, poiché potenzialmente controproducente. Al contrario, il genitore accusante tende a cercare un esaminatore imparziale.

Il secondo criterio è quello della credibilità relativa dei due genitori: in molti casi di PAS, i genitori alienanti inventano coscientemente delle accuse, seppur irrazionali. Di contro, il genitore alienato è piuttosto credibile e tende a non mentire nel corso della valutazione, al contrario dei reali genitori abusanti, in particolare per i dettagli riguardanti il loro abuso, che tendono a negare agli altri e persino a se stessi: la negazione, infatti, è uno dei loro meccanismi di difesa centrali e ne compromette la credibilità. Invece, le dichiarazioni del genitore che cerca di proteggere il bambino dall’abuso sono solitamente credibili.

Il terzo criterio riguarda la programmazione della campagna di denigrazione del bambino. Nella PAS, il processo di programmazione può essere attivo e intenzionale o passivo e sottile. Quando è attivo, il bambino è intenzionalmente manipolato affinchè denigri il genitore alienato oppure, più sottilmente, si può incoraggiare il bambino a criticare il genitore alienato e ad accettare come valida ogni critica immotivata che il figlio muove nei suoi confronti. I genitori di minori realmente abusati non sono ossessionati dal cogliere ogni occasione per parlare degli abusi con i bambini. Nel corso dei colloqui congiunti, inoltre, i figli non lanciano occhiate al genitore non abusante per ricordare cosa è accaduto: i bambini sanno bene cosa è successo, ricordano facilmente l’evento e non manifestano lo stesso grado di dipendenza dalle “iniezioni di richiamo” mostrato dai bambini con PAS, che hanno bisogno di molti input da parte del genitore alienante.

Iperprotettività e manovre di esclusione costituiscono il quarto criterio su cui basarsi per differenziare un caso di PAS da un caso di vero abuso sessuale. I genitori che programmano la PAS sono spesso iperprotettivi; le manovre di esclusione in molti casi precedono la separazione e possono risalire anche ai primi giorni di vita del bambino. I genitori che accusano il proprio partner di abuso, invece, possono giustamente essere iperprotettivi nei confronti dei figli per quanto riguarda l’esposizione all’abusante, ma non sono in genere protettivi o esclusivisti in altri ambiti o contesti. La loro protettività è, quindi, focalizzata sul rapporto del bambino con il genitore abusante; possono, infatti, persino incoraggiare il coinvolgimento del figlio con quest’ultimo in situazioni in cui è improbabile che l’abuso si verifichi.

Il quinto criterio si riferisce al riconoscimento dell’importanza del ruolo dell’altro genitore nell’educazione del figlio. I genitori che inducono la PAS nei loro bambini sono, spesso, inconsapevoli degli effetti psicologicamente nocivi prodotti dalla progressiva distruzione del legame del bambino con il genitore alienato. Nelle situazioni di autentico abuso, invece, i genitori accusanti riconoscono ancora l’importanza del coinvolgimento del bambino con il genitore abusante; molto spesso fanno quanto è in loro potere per sanare la situazione, in modo che i bambini possano godere di una più benevola relazione con il genitore abusante. I genitori alienanti, dunque, in genere non comprendono l’importanza del legame del bambino con l’altro genitore, mentre i genitori e i bambini che sono stati realmente abusati sperano ancora che il rapporto possa essere recuperato, riconoscendo l’importanza di un legame psicologico sano tra un genitore e un figlio.

[1] Ritucci, A.; Orsi, V.; Grattagliano, I., Sindrome di alienazione genitoriale (PAS) e abuso sessuale intrafamiliare: criteri di differenziazioni e matrici comuni, 2009, pp. 341-343

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