Analisi Scientifica delle Espressioni Facciali secondo Ekman

Articolo di Cecilia Marchese

Venire accusati di un crimine può suscitare diversi tipi di reazioni emotive: senso di colpa, paura delle conseguenze, vergogna, imbarazzo, incredulità o rabbia.

L’osservazione dei cambiamenti dell’espressione del volto in relazione agli stimoli può fornire quindi informazioni sul tipo di emozioni provate dall’accusato e sulla loro intensità. Alcuni autori hanno sottolineato come il significato e la funzione comunicativa delle componenti mimiche non siano ovvie nel momento in cui essa sia posta al di fuori di uno specifico contesto.

Per comprendere il modo in cui la mimica contribuisca allo scambio conversazionale ed all’interazione sociale, occorre tenere in considerazione il contesto che consente di attribuire senso a quel pattern mimico (Balconi, 2006). L’espressione si può mostrare in
modo completo per alcuni secondi, come microespressione per pochissimi istanti, in modo soffocato (ovvero in modo parziale) o in modo asimmetrico sulle due metà del viso ma con diversa intensità (in questo caso ci troviamo di fronte ad espressione simulata).

Gli aspetti preminenti di queste microespressioni sono la brevità (compaiono solo per qualche frazione di secondo) e l’involontarietà (sono provocate da movimenti involontari della muscolatura del volto). Sebbene queste non vengano sempre coscientemente colte, sembra che suscitino una reazione istintiva che ci porta a modificare la nostra percezione dell’interlocutore.

Le neuroscienze hanno quindi dimostrato come le espressioni facciali, anche quando vengono presentate per un tempo troppo breve per essere rilevate coscientemente, possono essere colte dall’amigdala, la struttura primitiva che ha funzioni di tutelare la sopravvivenza (Pacori, 2012).

Dopo numerosi studi sulle emozioni e sulle espressioni ad esse associate, Paul Ekman ipotizzò e sostenne l’ipotesi dell’esistenza di famiglie di emozioni (tristezza e felicità, sorpresa, rabbia, paura e disgusto) intorno alle quali, secondo il ricercatore, esistono delle sfumature della stessa emozione; osservò che all’interno della stessa famiglia ci sono emozioni accomunate dalle stesse espressioni e da stesse caratteristiche fisiologiche (Rogai, 2014).

I sistemi di codifica “oggettivi” del comportamento non verbale fino ad oggi si sono basati sull’identificazione e la misurazione di unità di comportamento facciale visibili. Alcuni metodi di analisi del comportamento non verbale del volto mirano all’identificazione dei pattern di movimento facciale presumibilmente associati a particolari emozioni, quelle appunto universali. La prima trattazione
sistematica delle azioni specifiche di tutti i muscoli facciali per lo studio delle espressioni emozionale è quella di Carl Herman Hjortsjo; egli partì da spiegazioni di carattere anatomico per sostenere che le variazioni di aspetto del volto umano fossero dovute all’attività muscolare e che la classificazione delle espressioni doveva avvenire sulla base delle emozioni corrispondenti.

Con il suo studio Hjortsjo, imparando ad attivare volontariamente i suoi stessi muscoli facciali, portò alla numerazione e alla descrizione dei cambiamenti d’aspetto per ogni movimento o azione facciale compiuta dal soggetto analizzato. Seguendo il metodo di codifica del comportamento non verbale del volto di Hjortsjo e utilizzando i risultati del suo studio, Ekman e Friesen (1980), con l’intento di fornire un sistema completo per descrivere tutti i possibili movimenti facciali distinguibili visivamente, codificarono il Facial Action Coding System (FACS) un sistema che, a partire da un’analisi anatomica, stabilisce come la contrazione di ogni muscolo facciale (da solo o in combinazione con altri) determina dei cambiamenti nella configurazione del volto; dopo aver esaminato quasi cinquemila videoregistrazioni di diverse espressioni facciali, costruirono un archivio che contemplava ogni movimento muscolare, la sua durata e la sua intensità.

Essi associarono le variazioni nell’aspetto osservabile del volto all’azione dei muscoli corrispondenti e crearono uno strumento affidabile per una razionale e scientifica decodificazione dei comportamenti facciali (Vascotto, 2013) . Ma il FACS non è l’unico sistema elaborato 12 per la codificazione delle espressioni facciali: il Maximally Descriptive Facial Movement Coding System (MAX) Elaborato da Izard e Dougherty e il System for Identification of Affect Expression by Holistic Judgment (AFFEX) descrivono i movimenti del volto relativi alle diverse emozioni.

Questo sistema della misurazione del comportamento non verbale è utilizzato soprattutto per analisi delle espressioni dei bambini. Infine il Baby F.A.C.S. elaborato da Oster come adattamento per i neonati e bambini piccoli prende in considerazione le particolarità della
muscolatura facciale dei bambini, diversa per struttura, in funzione della suzione, fin da prima della nascita (citato in Vascotto, 2013).

Apprendere il funzionamento di simili metodi vuol dire, per esempio, padroneggiare e gestire al meglio un’interrogatorio, riconoscere e discriminare una testimonianza falsa da una vera, gestire una conversazione a proprio favore nell’intento di ricavare informazioni utili, essere in grado di analizzare una videoregistrazione cogliendo indicatori emozionali e verbali contraddittori, rintracciare elementi fondamentali ai fini della ricerca della verità.

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