ipnosi terapia tecniche

15 Tecniche di Ipnosi spiegate in dettaglio

Per indurre la trance si possono utilizzare varie tecniche, ognuna delle quali determinerà reazioni molto diverse nei differenti pazienti. Ciò che il terapeuta dovrà fare all’inizio dell’induzione sarà suggerire al paziente di assumere una posizione comoda e possibilmente di chiudere gli occhi, questo può essere fatto tramite suggestione diretta – “chiudi gli occhi” (Yapko, 2011, p.94) – o indiretta – “a molti pazienti piace sedere lì ad occhi chiusi” (Yapko, 2011, p.97).

Il paziente, grazie all’assunzione di una posizione rilassata e alla chiusura degli occhi, sarà facilitato nel focalizzare l’attenzione verso la sua interiorità e nel facilitare il così detto processo d’assorbimento nella sua realtà interna.

ipnosi terapia tecniche

Esistono varie tecniche di focalizzazione dell’attenzione, dalle più classiche basate sulla fissazione di un qualsiasi oggetto accompagnate da suggestioni che spingono il paziente a sentire gli occhi stanchi e le palpebre pesanti, alle più odierne basate sul rilassamento muscolare e sull’immaginazione. Per rendere efficaci le suggestioni il terapeuta userà sempre la propria postura e la propria voce quali strumenti comunicativi. Il suo tono di voce dovrà essere calmo e la sua postura rilassata, affinché questi elementi rispecchino l’esperienza di rilassamento che egli va suggerendo al paziente (Yapko, 2003).

Il rilassamento che inizia già prima dell’ipnosi vera e propria, con il soggetto accomodato su una poltrona ad occhi chiusi, potrà così proseguire con le suggestioni del terapeuta. Una delle tecniche più utilizzate è quella in cui si suggerisce al paziente il rilassamento progressivo dei muscoli, iniziando dalla testa per arrivare fino ai piedi o viceversa. Il processo può essere facilitato dal conteggio alla rovescia partendo da 10 per arrivare fino ad 1. Il terapeuta dovrà rispettare i tempi del paziente, facendo riferimento alle sue risposte, alle suggestioni e riferendosi ai minimal cues; alcuni pazienti infatti, potranno richiedere un ritmo più ripetitivo e lento di altri. Questa procedura viene utilizzata soprattutto per persone molto concrete che necessitano di un’esperienza diretta che metta chiaramente in luce la differenza esistente tra tensione e relax, e che presentano delle difficoltà a rilassarsi.

Persone dotate di un più alto grado di creatività potranno beneficiare, invece, del trasporto tramite l’immaginazione in un posto speciale dove ci si sentano in pace con se stesse, completamente rilassate e a proprio agio (Yapko, 2003).

Einstein sosteneva che l’immaginazione è più importante della conoscenza, lo stesso credono gli ipnoterapisti (Owens, 2012).

Usare il potere della fantasia di un essere umano per creare immagini mentali, può portare a profondi cambiamenti positivi.

Esistono dei momenti in cui ogni persona è in grado di lasciarsi andare senza timore e abbandonare lo stato di realtà, esempi ne sono le immagini che compaiono nello stato ipnagogico e lo stato ipnopompico (Martin, 1994). Tali immagini che si presentano tra il sonno e la veglia e tra la veglia e il sonno, possono essere molto vivide. Esse costituiscono due stati di trance ordinari. Il terapeuta grazie alle sue suggestioni, porta il paziente verso uno stato ipnotico del tutto simile a questi due stati naturali, aggiungendovi però qualcosa di nuovo. Il paziente sotto ipnosi, infatti, viene guidato verso la creazione di immagini mentali nuove o verso la modificazione di quelle già esistenti (Owens, 2012). Le tecniche di visualizzazione vengono utilizzate inizialmente per raggiungere un profondo rilassamento, e le suggestioni del terapeuta devono fin da subito adattarsi al modo di immaginare del paziente, le cui immagini mentali potrebbero non essere guidate dal senso della vista ma da quello dell’udito, del gusto, del tatto o da una modalità percettiva cinestetica (Perussia, 2013).

Il terapeuta, una volta individuato il modo d’immaginare del soggetto, lo utilizza per creare suggestioni, blocca le distrazioni provenienti dal mondo esterno e bypassa la logica della mente cosciente e le sue facoltà critiche, così da superare ogni inibizione alla capacità immaginativa del paziente. E’ proprio l’aumento del potere immaginativo della mente, dovuto all’ipnosi, a renderla un efficace strumento terapeutico. Tuttavia può succedere che le immagini introdotte dal terapeuta creino involontariamente ansia, perché possono ricordare al paziente momenti passati legati ad esperienze spiacevoli. A questo proposito, è sempre preferibile che il terapeuta lasci il soggetto il più libero possibile di creare immagini mentali proprie e che poi lavori con esse (Owens, 2012).

A volte però il terapeuta, intenzionalmente, pone il paziente di fronte a traumi passati per poter risolvere i suoi disagi. In questi frangenti risulta utile che il soggetto immagini se stesso come osservatore dell’evento traumatico, invece che come protagonista dello stesso, come avviene quando si utilizza, ad esempio, la tecnica della proiezione cinematografica, descritta più avanti in questo paragrafo e più dettagliatamente nel prossimo capitolo di questa tesi, in relazione al DSPT (Ibbotson, 2012).

In conclusione, il terapeuta esperto schiverà abilmente il rischio di suggerire immagini ansiogene, a meno che non ritenga opportuno affrontarle a scopi terapeutici. Molto spesso la sua prima meta sarà la creazione di un luogo immaginario sicuro per il soggetto, the safe place o special place, a cui il paziente può essere ancorato per potervi ritornare ogni qualvolta si senta in ansia, in pericolo o lo ritenga opportuno.

Questo luogo sicuro, detto anche the safe haven, può esistere nella realtà o essere un posto puramente immaginario. Il terapeuta per esempio, potrà suggerire in termini generali, che il suo paziente immagini una spiaggia o un giardino o, ancor meglio, introdurre solamente il concetto di special place, sapendo che la mente subconscia del paziente sarà in grado di trovare autonomamente il posto più adatto dove trovare serenità e pace (Brann, Owens & Williamson, 2012), come nell’esempio che segue:

Mentre continui a rimanere lì seduto comodamente con gli occhi chiusi, puoi lasciare che la tua mente trovi un ricordo piacevole, di qualche posto speciale, forse un posto particolare in cui sei stato e dove ti sentivi proprio bene… così tranquillo, al sicuro e felice… o forse un luogo che ti piacerebbe creare, e dove vorresti andare… dove sai che puoi sentirti completamente in pace… e puoi permetterti di andare in quel luogo, proprio adesso, con la tua mente… puoi sentirti lì (Yapko, 2011, p.125). Dopo essere rientrata per la citazione devo rientrare anche nel paragrafo seguente se la citazione bibliografica cambia oppure devo iniziare sempre non rientrando?

Una volta indotta la trance il terapeuta proseguirà con il suo approfondimento. Si passerà, cioè, ad un’ipnosi più profonda in cui il soggetto risponderà, sempre più intensamente, ad una realtà che non è quella esterna (Loriedo, 2006b).

L’ipnosi profonda permette un maggior grado di dissociazione, per ottenerla si può utilizzare, per esempio, la così detta tecnica della scala che scende o, in alternativa, dell’ascensore che scende.

La voce del terapeuta suggestiona il paziente a scendere sempre più profondamente nel suo inconscio a mano mano che scende le scale lentamente, un gradino alla volta (Watkins, 1987).

L’ipnosi profonda non è sempre necessaria da un punto di vista clinico, alcuni pazienti applicano ciò che viene loro suggerito anche in ipnosi leggera (Mosconi, 1998). Ciò che interessa al terapeuta è, quindi, essenzialmente il raggiungimento della profondità necessaria e sufficiente, perché avvenga il cambiamento, cioè la ristrutturazione del pensiero, dell’emotività e del comportamento della persona.

Attraverso l’utilizzazione terapeutica delle risorse personali del paziente si procede verso quella che Perussia (2003) chiama ri-educazione.  Partendo dal presupposto che tutti i comportamenti disfunzionali siano il prodotto di un’educazione, si può pensare di mutare tutto ciò che poteva essere vantaggioso un tempo ma che oggi genera dei problemi. Sotto ipnosi il paziente è maggiormente suggestionabile e ciò permette che il processo di ri-educazione abbia luogo (Perussia, 2013).

E’ per questo che spesso si spinge il soggetto a rivisitare il proprio passato. Sotto ipnosi si può attivare la rappresentazione mentale di qualcosa apparentemente molto lontano nel tempo ma che esiste, di fatto, solo in una memoria legata a delle emozioni che soggiornano nel presente del paziente e che quindi, nel qui ed ora, vanno modificate.

Reazioni ad un problema che in passato potevano essere adattive, oggi non lo sono più, e vanno modificate.

Questo avviene tramite la regressione d’età in cui vi è assorbimento in un ricordo. I ricordi non sono da confondere con la realtà delle cose, come già si è sottolineato in precedenza, essendo la memoria vulnerabile e soggetta a distorsioni. Anche se ciò che torna alla mente non corrisponde a ciò che si è vissuto realmente, la regressione d’età rimane una delle tecniche maggiormente usate dagli ipnoterapeuti. Non è infatti importante, ai fini della cura, che i ricordi che emergono durante la trance siano veritieri, ma è invece fondamentale che il terapeuta riesca a sciogliere nodi emotivi e cognitivi legati a reminiscenze disturbanti, vere o false che siano.

A tal propostito si parla di reviviscenza o revivificazione di un’emozione fortemente radicata nella memoria del paziente (Perussia, 2013).

Il paziente rivive un evento come se stesse accadendo nell’hic et nunc. Questa tecnica è utile per dare un nuovo significato e rielaborare ricordi di episodi trascorsi, aiutando così il soggetto a percepirsi in un modo diverso e più positivo.

La regressione d’età può essere utilizzata per far rivivere un evento traumatico al paziente. Egli potrà in questo modo esprimere i propri sentimenti in una catarsi e ridefinire l’evento con l’aiuto del terapeuta, che gli offrirà un cambiamento di prospettiva rispetto a ciò che gli è accaduto (Yapko, 2003).

E’ molto probabile che le immagini che si presentano alla mente del paziente relative ad un trauma siano per lui troppo ansiogene, in questo caso, come accennato in precedenza può essere consigliabile che il soggetto prenda le distanze dagli episodi che immagina, per esempio proiettando mentalmente su uno schermo cinematografico il momento del trauma, o guardando l’accaduto dall’alto come se fosse su un pallone areostatico o, ancora, osservando l’evento dall’interno di una bolla (in the bubble), che faccia vedere l’episodio ma non faccia sentire le emozioni negative ad esso associate (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Quando si fa rivivere un trauma al paziente, si può inoltre usare la tecnica detta del the older wiser self, del vecchio e saggio sé.

Essa sottolinea che in ogni essere umano esiste un adulto che può capire l’origine del problema, ed è in grado di rassicurare il bambino rinchiuso in una parte della sua mente aiutandolo a superare i suoi traumi passati. Il paziente, così, è spinto a tornare indietro nel tempo per confortare il suo sé bambino (Brann, Owens & Williamson, 2012).

La tecnica della regressione d’età non viene però utilizzata solamente per far rivivere al paziente traumi passati, ma anche perché il paziente possa attingere a risorse sopite nel suo inconscio, ovvero a capacità di problem solving utilizzate in passato e che ora gli possono tornare utili nel  presente.

Per far tornare il paziente nel passato, il terapeuta gli suggerirà di salire su un mezzo di trasporto immaginario che viaggia a ritroso nel tempo. Arrivati all’evento specifico il terapeuta chiederà al paziente di descrivergli dettagliatamente cosa sta accadendo, chi sia vicino a lui, e che cosa stia provando (Yapko, 2003).

Successivamente aiuterà il soggetto a considerare il suo ricordo da un altro punto di vista perché, modificando la sua memoria, il paziente possa modificare anche l’immagine di sé.

“La memoria è basata sulla percezione e di conseguenza malleabile e dinamica” (Yapko, 2011, p.144).

Questa vulnerabilità implica che essa possa essere modificata a vantaggio del paziente sotto ipnosi.

La tecnica di progressione nel tempo assomiglia a quella regressiva, e serve a fortificare l’Io del soggetto e a renderlo più resiliente rispetto a problematiche future. Anche in questo caso, come nel precedente, viene fatto immaginare al paziente un mezzo di trasporto speciale, come per esempio un’astronave, che lo possa far avanzare nel tempo (Weilbacher, 2015b).

Il soggetto proiettato nel futuro, come se fosse il suo attuale presente, è trasportato in un posto piacevole dove si sente rilassato e a suo agio. Qui viene suggestionato ad accrescere la sua forza nel risolvere problematiche e nel combattere disagi. Lo scopo è quello di fargli introiettare immagini di successo, di autocontrollo e gratificazione. L’inconscio si adeguerà all’aspettativa del paziente, che aumenterà la sua resilienza in base al ben noto principio della profezia che si autodetermina. (Yapko, 2003).

In ogni intervento ipnotico vengono utilizzate una o più suggestioni positive di carattere generale: esse servono a rinforzare l’Io. Il rinforzo dell’Io fa parte integrante dell’intervento ipnoterapeutico, anche quando questo non venga esplicitamente richiesto. Il terapeuta è ottimista e spinge il paziente ad essere fiducioso nel futuro e ad aumentarne la resilienza introducendo nelle sue suggestioni delle metafore che suggeriscano un miglioramento e spingano a sperare in un domani migliore (Perussia, 2013).

Le suggestioni che il terapeuta utilizzerà potranno ricordare quelle ideate negli anni ’20 da Emile Couè (Perussia, 2013). Si suggestionerà il paziente ad essere di giorno in giorno, più calmo, più felice, più equilibrato, più fiducioso nelle sue capacità e così via. In alternativa l’Io può essere rinforzato attraverso l’utilizzo dell’immaginazione. Brann, Owens & Williamson (2012) descrivono la tecnica della pool, in cui il paziente è spinto ad immaginare uno specchio d’acqua calma e pulita. Il terapeuta gli suggerisce che l’acqua rappresenta la sua parte inconscia e l’aria circostante la sua mente cosciente. Sul fondo dello specchio d’acqua sono descritti dei cristalli colorati che rappresentano le risorse del soggetto; attorno ad esso vengono invece presentate le qualità che il paziente desidererebbe avere, simbolizzate da altri cristalli colorati. Il soggetto è spinto a prendere dal bordo dello specchio d’acqua il cristallo che rappresenta la risorsa che desidera e ad immergersi nell’acqua insieme ad esso in modo che la luce del sole, attraversandolo, colori tutta l’acqua e che la mente inconscia del paziente si impregni simbolicamente della qualità che il cristallo rappresenta (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Ciò che riveste un ruolo fondamentale nel creare le immagini mentali e i pensieri del paziente, è il suo linguaggio interiore. Esso riflette il suo mondo interno e il suo sistema di credenze. Il terapeuta può aiutare l’individuo a modificare la sua realtà interiore attraverso l’uso di storie e metafore, come già faceva Milton Erickson, muterà così, la cornice di riferimento del soggetto (reframing). Questa cornice dipende dalla cultura di provenienza e dalle credenze di ogni essere umano, e può essere fortemente disadattiva. Le metafore contengono immagini simboliche le quali determinano un’attivazione dell’emisfero destro, inoltre non si riferiscono direttamente al paziente; per questi due motivi esse superano ogni resistenza cosciente, e permettono alle suggestioni di essere accettate e di modificare la realtà interiore dell’individuo. Cambiare la cornice di riferimento consiste nel riformulare significati, modificando i termini che usa il paziente. Ciò comporta un cambiamento nei sentimenti, nei pensieri e nei comportamenti ad essi associati.

Il paziente, impossessatosi di un nuovo sistema di credenze, vedrà i suoi problemi da un altro punto di vista, in questo senso ogni terapia può essere vista come un reframing.

Per esempio una cornice di riferimento disadattiva legata all’alcolismo, così come al vizio del fumo o alla depressione, sta nella considerazione che il paziente ha di questi ultimi. Egli, infatti, può essere convinto di non aver nessun potere nei riguardi di vizi e disturbi, perché la sua cornice di riferimento lo porta a considerarli una questione genetica, ereditaria, su cui non si può aver nessun controllo, oppure può credere che solo dei farmaci o il medico lo possano guarire.

Con il reframing muterà il dialogo interno che il paziente ha con se stesso. Esso non sarà più limitante, ma diverrà invece orientato alle sue risorse e alla risoluzione dei suoi problemi (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Tra le varie tecniche che possono essere utilizzate ce n’è una in particolare che viene proposta più volte da Brann, Owens & Williamson (2012), la così detta computer tecnique (tecnica del computer) che usa il computer come metafora della mente umana. Il terapeuta guida attraverso le suggestioni, il paziente ad entrare dentro la sua mente che, alla stregua di un computer, tiene immagazzinati tutti i suoi ricordi e le emozioni legate ad essi.

Nel personal museum (museo personale), il paziente può stipare ricordi che non desidera siano più attivi. Inoltre egli è spinto a fare l’update (aggiornamento) dei programmi del suo computer/mente, in modo che i vecchi programmi vengono sostituiti da programmi nuovi. Il paziente viene invitato attraverso le suggestioni del terapeuta ad immaginare se stesso mentre, con un click, aggiorna i software del suo pc. Una volta archiviato un problema e aggiornato un programma, può rimanere dello spazio vuoto all’interno del computer/mente del paziente che è sempre necessario riempire con sensazioni di benessere (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Un’ulteriore tecnica riportata da Brann, Owens e Williamson (2012), è quella che prevede la visualizzazione del problema come un oggetto scomodo all’interno del proprio luogo/mente, quest’ultimo rappresentato come una casa con più stanze e corridoi.

Il paziente viene invitato a percorrere metaforicamente i corridoi della sua mente e a scendere sempre più in profondità, qui sarà suggestionato a trovare delle pietre ognuna delle quali simboleggia uno dei suoi problemi. Egli sarà libero di immaginare queste pietre in qualsiasi forma e dimensione la sua mente inconscia ritenga opportuno. Una volta estromesse le pietre da una stanza speciale, detta special place of bliss (luogo speciale di beatitudine), il soggetto potrà entrarvi e soggiornare nel benessere (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Tecniche alternative a questa prevedono di fare a pezzi, per esempio, dei blocchi di roccia. In questo caso il paziente dopo aver sfogato la sua rabbia sarà invitato a cercare un posto nella sua mente dove sentirsi nuovamente rilassato e in pace con se stesso (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Molte volte i pazienti associano un sintomo, o una sensazione, ad un’immagine. Cambiando l’immagine il terapeuta può cambiare la percezione della sensazione o del sintomo. Se il paziente immagina, per esempio, che il suo dolore sia colorato di un rosso intenso, il terapeuta farà in modo, con le sue suggestioni, che il colore si attenui o venga totalmente modificato.

L’immaginazione indotta in ipnosi, quindi, può essere utilizzata per molteplici scopi, per creare un luogo all’interno della mente del paziente dove egli si senta al sicuro, per mitigare un sintomo ma, anche, per ancorare il paziente ad un sentimento.

Odori, suoni o immagini, infatti, possono innescare ricordi ed emozioni buone o cattive ad essi connessi (ancoraggio). E’ possibile, sotto ipnosi, associare deliberatamente uno stimolo alla memoria di un’esperienza passata. L’esempio più noto di ancoraggio e quello in cui il terapeuta fa stringere molto forte al paziente in trance, pollice ed indice assieme mentre questi pensa ad una esperienza passata piacevole. Ogni volta che egli stringerà nuovamente assieme le dita con forza, sarà pervaso dalla sensazione benefica legata a quello specifico ricordo. Questa tecnica può essere utilizzata per ritornare nel proprio special place, per esempio durante la rivivificazione di un’esperienza traumatica o, nel quotidiano, quando il paziente che soffre di attacchi di panico si dovesse trovare in difficoltà (Brann, Owens & Williamson, 2012).

Il riorientamento è l’ultima fase dell’ipnosi, il terapeuta richiama il paziente, lo può fare per esempio, nel modo seguente:

Può uscire dall’ipnosi nel modo più confortevole per lei… Prendendosi il tempo di cui ha bisogno per completare piacevolmente questa esperienza… Quando è pronto può aprire gli occhi e riorientarsi, qui e ora, sentendosi rilassato e ristorato… (Yapko, 2011, p.172).

Il terapeuta al termine della seduta potrà anche somministrare delle suggestioni post-ipnotiche con o senza amnesia, per rafforzare i fenomeni avvenuti in ipnosi e renderli definitivi (Yapko, 2003).

Il paziente dovrà essere libero di riorientarsi prendendosi il tempo a lui necessario per elaborare ciò che è avvenuto durante l’ipnosi, anche se il conteggio lento, fino a cinque o a dieci, può essergli d’aiuto per uscire dall’ipnosi (Zacchetti, 2015a).

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