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7 Tecniche di Ipnosi contro l’ansia spiegate in dettaglio

Ipnoterapia e trattamento dell’ansia generalizzata

L’ansia è lo stato di attivazione psicofisiologica dell’organismo che un individuo sviluppa per proteggersi dai pericoli, attraverso l’attivazione de Sistema Nervoso Simpatico (arousal). Essa coincide con una forte apprensione, abnorme per frequenza e intensità rispetto al problema che si deve affrontare (Kring, Davison, Neale, & Johnson, 2007), e può essere considerata come una paura che si è sviluppata in passato in seguito ad esperienze percepite come minacciose, o attraverso l’osservazione di risposte di paura da parte di persone significative e dipende da fattori biologici, psicologici e sociali (Williamson, 2012a).

 

 

Sia l’ansia che la paura sono legati, a livello cerebrale, al così detto circuito della paura (Malizia, 2003). In esso, un ruolo chiave è rivestito dall’attivazione dell’amigdala. Secondo Ledoux (1996), oltre ad una strada “alta” corticale che va dal talamo alla corteccia sensoriale (deputata all’elaborazione consapevole dello stimolo minaccioso) e poi all’amigdala, esisterebbe una strada “bassa” subcorticale.

Quando un individuo si trova esposto ad un pericolo, molte volte, la cosa più importante non è che lo riconosca consciamente, ma che vi risponda il più velocemente possibile. Così quando un soggetto si sente minacciato, si può avere una “disattivazione” della parte razionale, ossia una risposta inconscia dovuta all’attivazione dell’amigdala con conseguente generazione d’ansia (Ledoux, 1996).

In situazioni di pericolo reale questo processo costituisce una grande risorsa per l’individuo, ma diventa patologica quando è sproporzionata e ingiustificata rispetto ai rischi concreti che l’individuo si trova ad affrontare.

L’ipnosi può consentire l’accesso a memorie nascoste e traumi passati ed aiutare a superarli. Esistono, inoltre, altri modi per affrontare le difficoltà senza per forza dover risalire all’origine del disturbo (Williamson, 2012a).

I ricordi emozionali dell’amigdala sono scritti indelebilmente nei suoi circuiti, afferma Ledoux (1996), ed è necessario regolarne l’espressione.

Sia l’ansia che la depressione sono caratterizzate da iperattività dell’amigdala (Dannlowski, Ohrmann, Bauer, Kugel, Arolt, Heindel, Kersting, Baune, & Suslow, 2007; Whalen, Rauch, Etcoff, Mcinerney, Lee, & Jenike, 1998); la visualizzazione e l’utilizzo del luogo sicuro sia durante l’ipnosi che l’autoipnosi, attivano la corteccia prefrontale che inibisce l’amigdala.

Tra le funzioni della corteccia prefrontale, che riceve afferenze dal cervello limbico, troviamo la rivalutazione, che può essere considerata come un metodo per cambiare l’impatto emotivo di una situazione riformulando il suo significato (Goldin, McRae, Ramel, & Gross, 2008).

Durante l’ipnosi il paziente viene suggestionato a rivalutare una situazione e ad affrontarla in un modo più appropriato.

La rivalutazione può essere associata a suggestioni rivolte al rafforzamento dell’Ego, che portano il paziente a vedere le cose in modo diverso, a considerare l’errore e il fallimento come un momento di apprendimento e crescita personale, a vedere i problemi e gli ostacoli come sfide e opportunità (Williamson, 2012a).

L’ipnosi permette infine la dissociazione tra l’emozione e la cognizione legate ad un evento, (Gruzelier, 1998), così che il paziente possa riesaminare con calma e riprendere in considerazione eventi che la sua mente cosciente rifiuta. Il processo di rivalutazione è determinato a livello neurologico dall’inibizione dell’amigdala da parte della corteccia prefrontale, è interessante notare come avvenga lo stesso quando, nel condizionamento classico, una risposta condizionata di paura si estingue (Delgado, Nearing, Ledoux, & Phelps, 2008). Inoltre la corteccia prefrontale è più spessa e più attiva in chi medita regolarmente (Lazar, Kerr, Wasserman, Gray, Greve, Treadway, McGarvey, Quinn, Dusek, Benson, Rauch, Moore, & Fisch, 2005). Questo spessore maggiore è anche responsabile della riduzione della sensibilità al dolore (Grant, Courtemanche, Duerden, Duncan, & Rainville, 2010), ed è stato dimostrato che il dolore fisico ed emotivo utilizzano le stesse vie, nel sistema nervoso centrale (Eisenberger & Liebermann, 2004). Quindi è molto probabile che l’auto-ipnosi esercitata regolarmente possa avere gli stessi benefici della meditazione, cioè che renda più resiliente l’essere umano.

L’ipnosi è stata applicata efficacemente al trattamento dell’ansia generalizzata perché le tecniche d’induzione generano uno stato di tranquillità e rilassamento che, già di per sé, antagonizzano lo stato d’iperattivazione tipico dell’ansia, sia negli adulti (Smaga, Cheseaux, Forster, Colombo, Rentsch, & de Tonnac, 2010; Spiegel, 2013); che nei bambini (Kaiser, 2011; 2014).

Il beach imagery script è una delle tecniche oggi maggiormente utilizzate per rilassare il paziente che, guidato dal terapeuta, immagina una spiaggia e percepisce benessere attraverso tutti i suoi sensi, suggestionato a sentire l’odore del mare, il rumore delle onde che s’infrangono sulla spiaggia, il calore del sole sulla sua pelle. Purtroppo, però, non tutti i pazienti ansiosi riescono a rilassarsi facilmente, abituati come sono alla tensione. Spingere un individuo a rilassarsi può a volte fargli provare addirittura sentimenti di paura legati al timore di perdere il controllo della situazione (Brann, Owens, & Williamson, 2012).

Nel caso in cui il paziente non riesca a tranquillizzarsi e a lasciarsi andare, si possono utilizzare delle tecniche di ri-vivificazione di un’attività fisica che egli conosce, coinvolgendo tutti i suoi cinque sensi (Williamson, 2012a). Il primo passo che farà il terapeuta sarà quello di decidere assieme al paziente che esperienza fisica piacevole fargli rivivere per poi procedere con la suggestione e l’immaginazione guidata. Quest’approccio è molto utile nei pazienti ansiosi perché corrisponde al loro stato fisiologico che è di per sé adrenalinico. Se l’attività fisica scelta dal paziente è il nuoto, il terapeuta suggerirà inizialmente che il paziente immagini se stesso mentre nuota a velocità elevata, per poi rallentare gradualmente. Il terapeuta deciderà che ritmo mantenere riguardo alle suggestioni basandosi sui feedback del paziente. Lo scopo finale è quello di fermare il paziente in modo che veda se stesso galleggiare a pelo d’acqua (Brann, Owens, & Williamson, 2012).

A questa suggestione ne seguirà poi un’altra in cui il paziente sospeso sull’acqua si concentrerà sul ritmo del suo respiro e sui movimenti del suo diaframma, breathing focus exercise, o su un’esperienza di rilassamento muscolare progressivo (Williamson, 2012a).

L’ancoraggio, descritto nel capitolo precedente, risulta particolarmente utile con il paziente ansioso che può ricondurre facilmente se stesso, grazie ad esso, nel suo special place anche in assenza del suo terapeuta (Williamson, 2012a).

L’ansia, inoltre, spesso si associa a mancanza di resilienza ed autostima.

Un soggetto ha imparato a rispondere con ansia agli avvenimenti della vita di solito durante l’infanzia, ciò che il terapeuta deve fare è cambiare l’immagine che il paziente ha di se stesso. Spesso la paura di affrontare il mondo è legata ad una bassa considerazione del proprio essere.

Una delle tecniche utilizzate per far fronte a questo problema è quella del compassionate friend, la tecnica dell’amico compassionevole. La bassa autostima legata all’ansia è spesso accompagnata da un dialogo interno critico rivolto a se stessi. Al paziente vengono fatti chiudere gli occhi e pensare ad un particolare momento in cui si sia sentito inadeguato e non all’altezza della situazione. Ad occhi chiusi dovrà immaginare qualcosa o qualcuno (per esempio un volto arrabbiato) che rappresenti il dialogo critico che egli ha rivolto in quell’occasione verso se stesso. Successivamente il paziente viene invitato a riaprire gli occhi e gli si sottolinea la differenza esistente tra quel dialogo critico e il dialogo compassionevole che egli rivolgerebbe ad un amico se questi si trovasse in difficoltà. La seconda parte dell’esercizio consiste nel far richiudere gli occhi al paziente, fargli materializzare in un’immagine la sua parte compassionevole (per esempio un amico reale o immaginario) e far sì che quest’ultima gli si rivolga in modo totalmente opposto rispetto al suo sé critico. Il paziente viene spinto a fare questo esercizio per conto proprio nella sua quotidianità per un certo numero di volte, così che, questo modo di rivolgersi a se stesso diventi automatico, ossia un’abitudine adattiva (Williamson, 2012c).

Anche tutte le tecniche di rafforzamento dell’Io, descritte nel capitolo precedente, sono utili nella cura dell’ansia. Esse sono in grado di cambiare i pensieri e le emozioni di un soggetto, di allentarne l’ansia, aumentarne la fiducia e l’ottimismo nei confronti della vita (Weilbacher & Cagiada, 2015).

Una persona ansiosa focalizza la sua attenzione sul futuro ed è particolarmente apprensiva riguardo ad esso. Un utile esercizio per gli ansiosi è la focalizzazione nel presente tramite la Mindfulness (Williamson, 2012a).

La Mindfulness è tra le pratiche di rilassamento e concentrazione più recenti, che consiste in un allenamento ad acquisire la capacità di focalizzare l’attenzione sul momento presente, sulle percezioni dei propri cinque sensi, senza giudicare nulla. Essa è utile per affrontare o prevenire un disagio, aumentare la consapevolezza di sé, della propria esperienza, delle proprie azioni, sensazioni, percezioni, emozioni, pensieri, nel momento in cui si provano (Crane, 2009).

Il terapeuta suggestiona il paziente sotto ipnosi a concentrarsi su ciò che percepiscono i suoi cinque sensi, a sentirsi un tutt’uno con il suo respiro senza tentare di modificarlo in alcun modo, di focalizzarsi su altre sensazioni relative al suo corpo, come per esempio la pressione dei suoi piedi sul pavimento. Il soggetto inoltre potrà essere istruito ad usare la stessa procedura nella propria abitazione, sotto forma di auto-ipnosi (Brann, Owens, & Williamson, 2012).

Le tecniche di rilassamento e Mindfulness posso essere utilizzate sia sotto ipnosi, quindi in uno stato di coscienza alterato, sia in assenza di ipnosi. Se applicate quando il paziente è in trance, consentono di velocizzare i tempi di ottenimento dei risultati e di potenziare gli effetti terapeutici, soprattutto se il professionista che le attua riesce ad adattarle al paziente, utilizzando le specifiche risorse di quest’ultimo e selezionando, ad esempio, lo scenario da visualizzare, tra quelli che il paziente ha precedentemente recuperato dalla sua memoria e dalle sue esperienze (Aquilar & Del Castello, 2014).

Una meta-analisi condotta su 39 studi, per un totale di 1.140 pazienti, in cui gli effetti dell’ipnosi sull’ansia sono stati valutati misurando le differenze prima e dopo il trattamento con la Mindfulness, ha dimostrato come le terapie basate sulla Mindfulness siano efficaci nella cura del disturbo d’ansia generelazzita. Quest’intervento è stato infatti associato ad un consistente effect size, Hedges ‘g = 0,97. (Hofmann, Sawyer, Witt, & Oh, 2010). Chiedere se così va bene.

Alcuni trial clinici confermano come l’ipnosi, in ambito clinico, si riveli efficace nel trattamento dell’ansia generalizzata (Brann, Mackrodt, & Joslin, 2010; Gould, & Krynicki, 1989; Houghton, 1996; O’Neill, Barnier, & McConkey, 1999).

Case report di pazienti trattati solo con l’ipnosi (Baker, 2001; Ellsmore, 2001) o con l’ipnosi in abbinamento alla terapia cognitivo-comportamentale (Brown, 1998; Nolan, 2008) confermano i risultati degli studi randomizzati.

Hammond (2010) fornisce inoltre una revisione critica della letteratura sperimentale sull’utilizzo dell’auto-ipnosi nel trattamento dell’ansia di stato legata al cancro, alle operazioni chirurgiche, alle ustioni, alle cure dentistiche. L’enorme volume di ricerca fornisce prove a favore dell’efficacia dell’ipnosi per il trattamento dell’ansia di stato, e anche per disturbi legati all’ansia come l’emicrania o la sindrome del colon irritabile.

Nonostante queste evidenze positive, una recente meta-analisi (Kekecs, Nagy, & Varga, 2014) di studi randomizzati controllati ha messo in luce che le prove a favore di una riduzione dell’ansia e del dolore post-operatori dovute alla suggestione sono ancora deboli. Ulteriori studi sono necessari per appurare se la suggestione possa realmente ridurre l’ansia post-operatoria.

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