Ipnosi: una terapia efficace contro gli attacchi di panico

Gli stessi interventi descritti per curare il disturbo d’ansia generalizzato, come un generale rafforzamento dell’Ego, il rilassamento e l’autoipnosi possono essere strumenti non specifici che aiutano chi soffre di attacco di panico (Iglesias & Iglesias, 2005a), sebbene quest’ultimo sia un problema diagnosticabile separatamente dall’ansia e possa accompagnare anche altri disturbi mentali (APA, 2013).

Ogni intervento terapeutico necessita però di essere studiato sul singolo paziente, visto che ci si trova spesso di fronte a casi unici e complessi e ad interventi da costruire su misura e nel dettaglio (Iglesias & Iglesias, 2005a).

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Previo rilassamento e induzione della trance, il terapeuta procede nel far visualizzare al paziente la situazione correlata all’attacco di panico. Per gestire l’ansia, che ne potrebbe immediatamente scaturire, l’ipnoterapeuta suggerisce inizialmente la respirazione diaframmatica. In seguito potrà suggestionare il paziente ad immaginare di sedersi e a spostare la sua attenzione dall’interno verso il mondo esterno, su persone o oggetti immaginari da osservare nel dettaglio.  Questo tipo di suggestioni daranno sollievo al paziente e diverranno degli apprendimenti utilizzabili nel momento del bisogno. Saranno utili, inoltre, delle suggestioni post-ipnotiche che portino il paziente, nel momento in cui si trovasse di fronte, in futuro, a situazioni destabilizzanti, a riprovare il rilassamento e la serenità trovate in trance (Weilbacher & Cagiada, 2015).

Williamson (2012a), riporta il caso clinico di una paziente che aveva avuto il suo primo attacco di panico in un supermercato. Il supermercato, associato con quella prima esperienza negativa, era diventato inaffrontabile per la donna. Successivamente, per associazione, era divenuto impossibile, per lei, entrare in un qualsiasi altro supermercato, e poi era diventato impensabile il mettersi in coda da qualsiasi parte e così via, in una spirale senza fine.

Per interrompere questa catena fu necessario ritornare al primo attacco di panico attraverso la tecnica della time road imagery (immagine della strada nel tempo), in cui al soggetto ipnotizzato viene chiesto di  immaginare la sua strada nel tempo, con il passato in una direzione e il futuro nell’altra. Grazie a questa tecnica fu possibile attuare una dissociazione tra pensiero ed emotività, chiedendo alla paziente di galleggiare sopra la sua strada nel tempo e guardare dall’alto in basso, ossia da lontano, l’avvenimento che scatenò per la prima volta l’attacco di panico. Alla paziente fu inoltre suggerito di essere compassionevole con la sua parte più vulnerabile tramite la tecnica dell’older wiser self. Ogni individuo che soffre di disturbo di panico ha bisogno di comprendere sia da un punto di vista emotivo che cognitivo che, per quanto spiacevole sia stato il primo evento legato all’attacco, egli è sopravvissuto, e che dispone delle risorse necessarie per aiutare se stesso.

A questo proposito la prima cosa che fa il terapeuta consiste nel mettere in contatto il paziente con il panico relativo all’evento scatenante il disturbo. Nell’esempio di Williamson (2012a), la riduzione dell’ansia richiedeva che la paziente riscoprisse che i supermercati non sono pericolosi e, un modo per far sì che ciò accada, consiste nel riesporla mentalmente alla situazione disturbante per tutto il tempo necessario a farle ritrovare la calma. Successivamente la paziente sarà esposta in vivo alla situazione che ha provocato l’attacco di panico utilizzando lo stesso procedimento usato per la cura delle fobie, dovrà cioè realizzare nella realtà ciò che ha vissuto grazie all’immaginazione guidata.

I soggetti che soffrono di attacco di panico possono temere che il loro cuore si fermi improvvisamente o di non riuscire più a respirare. E’ per questo che un’altra tecnica usata dal terapeuta in ambiente controllato è quella che prevede che il paziente impari a iperventilare e a sviluppare volontariamente la tachicardia, in modo da capire che egli è in grado di controllare entrambe queste condizioni. Il terapeuta inoltre insegnerà al paziente ad ancorarsi a situazioni di benessere. Una delle strategie utilizzate perché ciò accada consiste nel far recitare mentalmente al soggetto una filastrocca infantile, ciò potrà servire, oltre che da ancora, da elemento di distrazione (Williamson, 2012a).

Anche se sono ancora scarsi, i trial clinici randomizzati (Kawashima, Ichiki, Ono, Katayama, Matsuki, & Iimori, 2012; Stetter, Walter, Zimmermann, Zähres, & Straube, 1994) e i case report di singoli pazienti (Brann, Owens, & Williamson, 2012; German, 2004; Giannantonio, 2009; Iglesias & Iglesias, 2005a; Williamson, 2012a) sembrano provare l’utilità dell’ipnoterapia nel trattamento degli attacchi di panico, bloccando l’iperattivazione del locus coeruleus che si riscontra in questo disturbo (Weilbacher & Cagiada, 2015) e che fa parte del circuito della paura (Kring, Davison, Neal, & Johnson, 2007).

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