Criminologia e Devianza: un Riassunto

Articolo di Erika Bruno

La criminologia si occupa di approfondire il fatto reato, con particolare attenzione alle caratteristiche individuali dell’autore e della vittima. Studia anche la reazione sociale, insieme alle forme di controllo e prevenzione.
In epoche passate sono state formulate varie teorie sul tema della giusta proporzione nella sanzione penale, ognuna di esse basata su orientamenti diversi.
Le varie prospettive teoriche sono rappresentative dell’evoluzione del pensiero scientifico nel campo delle scienze sociali e della criminologia, già dal XVIII sec.


Con l’Illuminismo, dove non erano più tollerate le tecniche arbitrarie di giudizio dei rei, o presunti tali, esercitate senza possibilità di appello, lo sviluppo della conoscenza scientifica condusse ad una maggiore attenzione anche verso la questione del principio di giustizia ed uguaglianza fra cittadini, nello stabilire la responsabilità penale. L’ideologia liberale fu promossa dall’opera di Cesare Beccaria, il quale nel suo elaborato “Dei delitti e delle pene”, riscrisse le modalità di attuazione della pena, ponendo le basi per le teorie criminologiche più attuali.
La funzione della pena iniziò a rispondere alle esigenze di sicurezza sociale, e non più a principi etici soggettivi, al fine di favorire la dovuta separazione tra morale condivisa ed etica pubblica. La questione di diritto doveva valere anche per il presunto reo, in base al principio della presunzione di innocenza. La pena doveva essere proporzionata, considerata nella sua valenza rieducativa e riabilitativa, oltre che espiativa.
Il reo era considerato come consapevole della sua condotta non conforme alle regole e, per questo doveva essere sottoposto a giudizio.
I criteri di libero arbitrio e imputabilità permearono, l’orientamento della Scuola classica del diritto penale, per cui il crimine si doveva considerare, non come reazione a fattori o influenze esterne, ma come risultato di una decisione razionale dell’individuo sulla base di una valutazione consapevole delle norme e delle sanzioni previste.
Tuttavia, i primi studi scientifici di statistica, circa l’influenza dei fattori sociologici rispetto al reato, sconfessarono la convinzione precedente della sola responsabilità del soggetto nel crimine, dato che altre componenti, come l’età, il genere sessuale, il grado di istruzione e il contesto di crescita, influenzerebbero la condotta individuale. Si diffuse, così, il Determinismo sociale che vedeva il reato come fatto sociale e metteva in discussione il famoso concetto di “libero arbitrio”.

L’approccio deterministico si radicalizzò con l’orientamento positivista (che guidava il pensiero scientifico dell’epoca), fondamentalmente basato sulle idee di Lombroso (determinismo biologico). Per quest’ultimo, la questione penale era da interpretare come centrata sulla figura dell’uomo delinquente, e non più sul reato. Il delitto sarebbe il risultato inevitabile di caratteristiche innate (antropologiche, psichiche e sociali), mentre era da escludere il fattore della scelta individuale. Ciò influenzò anche la questione del trattamento del reo il quale veniva emarginato in considerazione della sua pericolosità sociale.
Il superamento dei determinismi, dopo il secondo conflitto mondiale, ristabilì il “principio della responsabilità”, in vista di un nuovo concetto di “difesa sociale”, basato sull’opposizione alle condotte abnormi e sulla risocializzazione del reo.
Furono avviati gli studi sulle “bande giovanili”, soprattutto negli USA, considerando l’appartenenza ad ambienti permeati da condotte delinquenziali un fattore predittivo di condotta antisociale.
Merton teorizzò, nel 1957, la concezione di “devianza” quale forma di “adattamento” alle pressioni anomiche della società.
Mentre a Cohen va attribuita la teoria della delinquenza subculturale giovanile, risalente al 1955, relata alla questione dell’anomia.
Le teorie multifattoriali integrano fattori individuali di vulnerabilità (disturbi o conflitti interiori), e ambientali (instabilità sociale, anomia valoriale e normativa), nel calcolare la giusta pena per il reo, il quale deve riappropriarsi di un senso morale, che guidi la sua condotta futura, per raggiungere l’espiazione sperata.

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